Seguire la campagna elettorale di Christian Lindner, capo dei liberali della FDP e candidato Cancelliere, è un po’ come osservare da vicino la discesa di un uomo verso gli abissi della follia.
È difficile infatti trovare altre spiegazioni alle dichiarazioni dell’ex Ministro delle Finanze. I sondaggi condannano il suo partito a un miserevole 3-4%, ma lui non si scompone, si mostra fiduciosissimo e dice a destra e a manca che vorrebbe continuare il lavoro iniziato in questi anni, e che in un prossimo governo chiederebbe per sé e i suoi almeno quattro ministeri. Affermazioni al limite della psichiatria, e che naturalmente stanno dando la stura a innumerevoli gustosissimi meme – come questo, in cui si chiede “chi ha portato la FDP sotto il 5%?” – Das war ich!, o questo rilanciato dalla trasmissione satirica heute show:
Dichiarazioni di questo tipo sono comprensibili se consideriamo un importante aspetto di comunicazione: la situazione è talmente tragica che se Lindner mostra anche solo per un istante di non crederci più neanche lui, davvero viene giù tutto.
Che Lindner continui a crederci, però, è quantomeno dubbio. Una semplice ricognizione dei fatti principali non lascia alcuno spazio non dico per l’ottimismo, ma nemmeno per la speranza di sopravvivere.

La stragrande maggioranza dei sondaggi vede i liberali sotto la soglia del 5%, Lindner è ormai una figura universalmente odiata e ridicolizzata, e il partito appare ormai irreparabilmente spaccato. Da quando l’ex Ministro delle Finanze ha deciso di fare il matto e far cadere il governo, la FDP ha iniziato a perdere progressivamente pezzi, compromettendo quell’impressione di compattezza e unità che i tedeschi sembravano in passato aver molto apprezzato. Prima il Ministro dei Trasporti Volker Wissing ha lasciato il partito, in polemica con la scelta di spegnere il semaforo; poi si è dimesso il Generalsekretär Bijan Djir-Sarai, rimpiazzato dall’ex Ministro della Giustizia Marco Buschmann, fidatissimo del leader; infine il caos dell’ultima settimana di gennaio ha certificato che Lindner il partito in mano non ce l’ha più. Mercoledì 29, infatti, la FDP aveva votato compatta a favore della mozione non vincolante sull’immigrazione di Friedrich Merz; ma dopo l’ondata di indignazione e rabbia scatenata dal voto congiunto con AfD, quando si è trattato di fare sul serio, con la proposta di legge sottoposta all’approvazione del Bundestag due giorni dopo, 21 parlamentari (su un drappello totale di 92) si sono astenuti o non hanno votato, e due hanno addirittura votato contro.
È probabilmente per tutte queste ragioni che Christian Lindner sta sparando altissimo. Perché è consapevole che la sua parabola è ormai giunta al capolinea, tanto vale sparare le ultime cartucce.
Programma
Rispetto a quelli degli altri partiti, il programma della FDP è un volumetto agile e dinamico di sole 52 pagine – tradotto in versione ridotta in numerose lingue, tra cui anche l’italiano. I liberali vogliono aprire tutto: il mercato, le opportunità imprenditoriali, lo sviluppo tecnologico. Lo Stato deve ritirarsi il più possibile dall’economia, dunque meno burocrazia, meno tasse ( l’imposta per le aziende dovrebbe essere al massimo del 25%), semplificazione della dichiarazione dei redditi, basta sovvenzioni – anche a settori strategici come quelli legati all’energia rinnovabile. Il diritto del lavoro deve essere modernizzato, responsabilizzando l’individuo il più possibile e riducendo le limitazioni e le ingerenze esterne, ad esempio flessibilizzando l’orario di lavoro e lasciando libertà di contrattazione, il che significa anche stralciare il salario minimo. Anche l’età pensionabile deve essere resa flessibile, lasciando al singolo la possibilità di scegliere quando smettere di lavorare. Le possibilità offerte dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie devono poi essere sfruttate pienamente, che si tratti di burocrazia, sanità, strutture e infrastrutture, protezione dell’ambiente – per la quale secondo i liberali serve più innovazione, non più divieti.
In realtà non è che i liberali vogliano aprire proprio su tutto tutto. Ad esempio lo Schuldenbremse, il “freno al debito”, non va toccato, visto che è l’unica vera garanzia per avere i conti in ordine – e da certi punti di vista Lindner per questa cosa ci ha fatto cadere un governo.
Ma anche su un altro tema la FDP non sembra intenzionata ad aprire tutto, e cioè l’immigrazione. Ovviamente non siamo ai livelli di AfD (o dell’Union), ma i liberali intendono regolamentare in maniera piuttosto rigida un flusso percepito ormai come ingestibile, soprattutto per quanto riguarda le richieste di asilo – che a loro parere vanno analizzate e processata in maniera molto più rapida e chiara. L’intenzione è quella di sfruttare molto di più la transizione verso il mondo del lavoro come veicolo per l’integrazione – e per tagliare i sussidi a rifugiati e migranti; ma chi non ha diritto a stare in Germania e non può badare al proprio sostentamento deve essere immediatamente rimpatriato. E alle persone che non soddisfano “i requisiti per la residenza in Germania” – Iddìo sa quali sono – non dovrebbe essere concesso il diritto di ingresso permanente. Per limitare il flusso in entrata, poi, i liberali intendono aumentare il numero di Paesi di provenienza definiti sicuri, il che consente di rigettare un bel blocco di richieste di asilo, e, così come i conservatori dell’Union, sospendere i ricongiungimenti familiari per chi necessità della cosiddetta protezione sussidiaria.
Sulla questione ucraina, infine, la FDP è chiara: “la difesa dell’Ucraina non può fallire per mancanza di soldi o di forniture di armi, perché una vittoria della Russia sarebbe molto più costosa e in Ucraina viene difesa anche la nostra libertà”. Putin non può e non deve vincere, e per scongiurare questa ipotesi Berlino deve inviare a Kyiv anche i missili Taurus.
Prospettive
C’è poco da fare, per la FDP le prospettive sono nerissime. Restare fuori dal Bundestag è più di un rischio concreto, sembra essere il destino più probabile, anche perché chi teoricamente dal di fuori potrebbe dare una mano non sembra intenzionato a farlo. Giusto qualche giorno fa il candidato dell’Union Friedrich Merz, che sulla carta potrebbe essere interessato ad avere in Parlamento un potenziale alleato particolarmente affine, ha scelto invece di puntare sul più inesorabile realismo: date le percentuali nei sondaggi, ogni voto dato ai liberali è un voto in perdita – “quattro punti percentuali per la FDP sono quattro punti di troppo”.
Ci troviamo quindi di fronte a un nuovo ciclo di peregrinazione nel deserto per il partito, che con ogni probabilità dovrà un’altra volta ricostruire sopra le ceneri lasciate dall’esperienza di governo, esattamente come successe nel 2013. All’epoca emerse un giovane leader carismatico, comunicativamente efficace e narcisista ai limiti del patologico, Christian Lindner; ora invece riesce difficile immaginare chi potrà assumersi il compito, visto che il Narciso liberale è sempre stato molto bravo, e sufficientemente spietato, nello stroncare sul nascere ogni possibile competitor interno.
Curiosità e cose buffe
Con la sua scelta di puntare pervicacemente verso l’abisso, Lindner è diventato uno dei politici più odiati del Paese – non che prima fosse amatissimo, ma dalla fine del governo semaforo sta giocando davvero in un altro campionato. Specularmente, un altro liberale ha fatto il percorso inverso: da figura discutibile a eroe popolare, da servo delle lobby dell’auto a fortissimo punto di riferimento (semicit.) del mondo progressista. Stiamo parlando ovviamente di Volker Wissing.
Ai comizi di Lindner in giro per il Paese spuntano ormai come funghi i cartelli di protesta “Team Volker Wissing”, ancora di più dopo il famigerato voto del 29 gennaio sulla mozione di Friedrich Merz. In quell’occasione Wissing aveva votato contro, a differenza del suo ex partito: una circostanza che non è passata inosservata. Tanto che a celebrare l’eroe inatteso è arrivata anche Luisa Neubarer, leader tedesca del movimento Fridays for Future, che sul suo profilo Twitter gli ha dedicato un breve haiku:

Ma a proposito di eroi, in questi giorni ha ripreso a circolare un breve estratto di una trasmissione televisiva del 2019, il talk show politico Markus Lanz (dal nome del suo conduttore). Durante il dibattito, dedicato alle proteste degli studenti per la lotta al cambiamento climatico, Christian Lindner sostiene che sì, va bene la protesta, ma si tratta di ragazzini che non hanno idea della complessità del tema, e dovrebbero lasciar fare ai professionisti, che invece sono in grado di vedere tutti i lati della questione. A quel punto però uno degli ospiti non ci vede più e lo interrompe – solo che non si tratta di un ospite qualunque, ma dell’unico e solo Vero Eroe Tedesco, l’uomo che da solo ha tirato giù il Muro di Berlino: lui, The Hoff, David Hasselhoff.
Ti stai contraddicendo, dice The Hoff a Lindner, perché dici che bisogna lasciar fare ai professionisti ma la politica quando si parla di cambiamento climatico si mette sempre di traverso, senza dare realmente retta agli scienziati e senza fare davvero nulla di concreto. Gli studenti cercano di far sentire la propria voce e di richiamare l’attenzione su un problema che la politica non fa altro che ignorare, tuona Hasselhoff fra gli applausi (e le risate divertite) del pubblico e l’espressione imbarazzata di Lindner.
Un gran momento di televisione, che ci ricorda l’unica vera massima che dovrebbe sempre governare le nostre vite: Don’t Hassel the Hoff.
Qui di seguito le schede uscite finora:

2 pensieri riguardo “Verso il 23 febbraio – La FDP”