La Germania è quel Paese in cui la rielezione di Donald Trump occupa le prime pagine dei giornali solo al mattino, perché la sera cade il governo e bisogna rifare i titoli.
Solo ieri scrivevamo di Christian Lindner che aveva iniziato a fare il matto, e dell’incontro decisivo fra le leadership dei tre partiti della maggioranza previsto per la serata. Incontro che è stato decisivo, ma nel senso che è saltato tutto per aria. Niente accordo dell’ultimo minuto, niente compromesso. E alla proposta di Lindner di andare a elezioni anticipate Scholz non ci ha visto più e gli ha dato il benservito.
Nella conferenza stampa, alle nove e un quarto, Scholz ci è andato giù pesantissimo, accusando Lindner di non pensare all’interesse generale dei tedeschi per egoismo e partigianeria: “non c’è una base di fiducia per proseguire la collaborazione”, ha detto ai giornalisti. Come se non ci avesse governato insieme fino a cinque minuti prima. Lindner, poco dopo, ha risposto per le rime. Il discorso di Scholz sembrava così ben preparato, ha detto, che evidentemente il Cancelliere pianificava già di far cadere il governo, con una “rottura calcolata”.

E così i tedeschi stamattina si sono svegliati in piena crisi di governo, con una maggioranza che ha perso un pezzo e tre ministri della FDP che ministri non lo sono più. Oltre a Lindner, infatti, si sono fatti da parte anche Marco Buschmann, responsabile della Giustizia, e Bettina Stark-Watzinger, Ministra dell’Istruzione e della Ricerca. I più attenti di voi avranno però notato che manca un nome all’appello: quello di Volker Wissing, titolare di un dicastero pesantissimo come quello dei Trasporti. Wissing infatti ha deciso di non seguire la linea di Lindner: è uscito dalla FDP e resta in carica, al momento parteilos, senza partito. Anzi, viene addirittura premiato: a quanto pare, dei dicasteri rimasti senza guida, a lui verrà affidato anche quello della Giustizia (mentre Cem Özdemir, Ministro verde dell’Agricoltura, avrà in carico anche l’Istruzione). A Jörg Kukies, consigliere fidatissimo di Scholz, ex sottosegretario alle Finanze e attualmente sottosegretario nella Cancelleria per le politiche economiche e le politiche europee, andranno invece le Finanze lasciate vacanti da Lindner.
Certo non si tratta di una crisi inattesa. Da mesi se ne parla, fra la spirale di impopolarità in cui è precipitato il governo – e i partiti che lo compongono – e le continue tensioni interne alla maggioranza, collassate su un tema cruciale come quello dell’Haushalt, il budget federale per il 2025. Tema la cui rilevanza era scoppiata già un anno fa, quando la Corte di Karlsruhe aveva decretato l’incostituzionalità dello spostamento di quei 60 miliardi di euro extra, stanziati per l’emergenza Covid, che il governo pianificava di usare per la lotta al cambiamento climatico. Per il budget 2025 il solco fra i tre partiti del semaforo continuava a farsi sempre più profondo, con da una parte SPD e Grünen favorevoli all’allentamento del freno al debito, lo Schuldenbremse già messo fra parentesi durante la pandemia, e dall’altra Lindner e la FDP assolutamente contrari, con una rigidità che molti commentatori descrivevano come ideologica nella migliore delle ipotesi, o semplicemente capricciosa nella peggiore. Durante il vertice di mercoledì sera è venuto giù tutto, e al semaforo è stata definitivamente staccata la corrente. D’ora in avanti, e bisognerà vedere per quanto, in Germania governerà un’alleanza rosso-verde.
La strada però è parecchio accidentata. Attualmente il governo di SPD e Grünen è minoranza nel Bundestag; e per quanto molte figure di primo piano si affannino a sostenere che, negoziando in parlamento e trovando accordi di volta in volta, si possano ancora approvare leggi e proposte, sembra quasi impossibile farlo davvero, con una FDP che ormai non ha alcun interesse a dare una mano e una Union che non vede l’ora di prendersi la Cancelleria.
Durante la conferenza stampa Scholz ha indicato una data precisa per la questione della fiducia in Parlamento, il 15 gennaio. Prima di allora sarà necessario approvare alcune misure di fondamentale importanza, come le regole per il nuovo sistema di asilo dell’UE, il pacchetto pensioni, il sostegno all’industria. Solo che, come detto, con che maggioranza verranno approvate queste proposte? Il Cancelliere intende parlarne con Friedrich Merz, il capo dell’Union, per trovare la quadra su una “collaborazione costruttiva” minimale: ma è un’ipotesi realmente credibile, nel momento in cui invece dalla parte dei conservatori, Merz in testa, si chiede a gran voce di porre la fiducia subito?
Lo scenario più realistico è che si vada a elezioni anticipate, ma la domanda è quando. Se Scholz riuscirà a tenere duro fino al 15 gennaio – e non si sa in che modo – e come prevedibile non otterrà la fiducia, la crisi sarà ufficialmente aperta, e si tornerà alle urne dopo 60 giorni, quindi a fine marzo. Certo, posto che nel Bundestag non si trovi una maggioranza alternativa con un altro candidato Cancelliere, il che però suona davvero come un’ipotesi remotissima. Ma non è affatto detto che Scholz riesca a resistere fino a gennaio. In quel caso, la fiducia potrebbe essere posta ben prima – il Presidente della Repubblica Federale Frank Walter Steinmeier ha fatto sapere di essere pronto a sciogliere il Parlamento – e di conseguenza si andrebbe a votare prima di marzo.
Insomma, restate sintonizzati su queste pagine. Ci sarà da divertirsi.

2 pensieri riguardo “Il semaforo si è spento”