Disclaimer: chi vi scrive è portata a ricordare i fatti più insignificanti per ripescarli dalla memoria nel momento meno opportuno. In omaggio a questo spirito, ho preso l’abitudine di ricondividere questo post ogni 8 maggio, come rilevatore del momento in cui in Germania i bunker saranno più ambiti dei diritti estesi alle donne. Non mi sarei certo aspettata che il tema dei bunker risorgesse all’improvviso nell’interesse collettivo, ma tant’è.

In questi giorni si è parlato molto di come la Germania intende aggiornare le misure di difesa per la popolazione, inclusi i rifugi come appunto i bunker, in vista di potenziali conflitti. Qui di seguito si cerca di dare un contesto a questa notizia, offrendo qualche confronto immediato con altri paesi europei (e non).

Contesto internazionale
Le tensioni tra la NATO e la Russia, in seguito alla guerra in Ucraina, hanno spinto la Germania, in linea con l’adattamento alla strategia NATO, a sviluppare piani di preparazione per eventuali scenari di guerra, inclusi possibili conflitti diretti o meno con la Russia. Ultimamente, infatti, l’ampliamento del conflitto verso i Paesi NATO è considerato uno scenario improbabile ma anche un’occasione di rinnovo della preparazione dei paesi potenzialmente coinvolti.
Contesto interno
Notoriamente tra le meno avanzate in Europa, la preparazione militare tedesca è carente anche a causa di importanti ragioni storiche. La Germania infatti tradizionalmente ha mantenuto una posizione pacifista dopo la Seconda guerra mondiale, inizialmente come accordo post bellico con i paesi vincitori del conflitto e successivamente per sensibilità culturale della popolazione e politica. Oggi possiamo dire che questa posizione ha finito per avere conseguenze estreme e indesiderate, tanto che le capacità difensive del paese sono inadeguate.
Per quantificare: il ministro della Difesa Boris Pistorius ha riportato un deficit di bilancio della Bundeswehr per il 2025 di 6 miliardi di euro, tra la richiesta di 58 miliardi di euro e lo stanziamento previsto di soli 52 miliardi. Questo divario potrebbe causare il rinvio di circa 100 progetti chiave, come l’acquisto di munizioni e veicoli blindati Puma, e il rallentamento dello sviluppo di tecnologie essenziali come armi di precisione a lungo raggio. Inoltre, restano scoperti punti chiave come la grave carenza di munizioni: la Bundeswehr dispone di scorte per pochi giorni di combattimento, mentre la NATO raccomanda scorte per almeno 30 giorni. Inoltre la disponibilità di personale è problematica, anche per difficoltà di reclutamento: il 26% delle reclute non completa l’addestramento e mancano circa 20.000 soldati a completare l’organico.
In questa nuova fase storica, la Germania sta adottando un approccio proattivo, che rappresenta una svolta non solo sul piano militare, ma anche amministrativo e culturale.

L’”Operationsplan Deutschland“
Per prepararsi, il governo ha elaborato un documento strategico, chiamato “Operationsplan Deutschland“, con lo scopo di garantire che le infrastrutture critiche, le aziende private, e le risorse del Paese siano in condizioni di fronteggiare scenari di emergenza. A livello di collaborazione in ambito NATO, il piano ambisce a creare le condizioni perché la Germania diventi un hub logistico centrale per il trasporto di truppe, equipaggiamenti, viveri e medicinali verso un ipotetico fronte orientale.
In termini pratici, è prevista la mappatura di infrastrutture e risorse strategiche perché possano essere protette con priorità in caso di emergenza, soprattutto l’energia e l’acqua. In più punti è sottolineata l’importanza di un approccio congiunto tra governi regionali, organizzazioni civili e popolazione in generale. Il coinvolgimento delle imprese private è soprattutto mirato all’autonomia energetica e a preparare il personale al supporto logistico straordinario, che prevede strategie per il trasporto di truppe, materiale bellico e beni essenziali. C’è molta attenzione anche a misure per affrontare attacchi cibernetici, campagne di disinformazione e spionaggio, che riflette la crescente complessità delle minacce possibili. Anche in questo ambito il piano considera essenziale preparare risposte coordinate e integrate, sfruttando competenze sia militari sia civili.
Il governo tedesco ha sottolineato in più occasioni che queste misure sono parte della routine di pianificazione militare e di emergenza, anche per scenari estremamente improbabili, come appunto un allargamento del conflitto in Ucraina ai paesi NATO.
Confronto con altri paesi europei
In Europa il livello di aggiornamento e di coordinazione varia da paese a paese, ma i piani di emergenza per la difesa civile e la gestione di crisi sono comuni.
Per esempio, Svezia e Finlandia sono tradizionalmente preparate e hanno aggiornato i loro piani già nel 2018 in risposta alle crescenti tensioni con la Russia. La Francia è molto attiva nel supportare le missioni NATO e nella difesa convenzionale. In Italia c’è il Piano Nazionale di Difesa Civile, aggiornato per l’ultima volta nel 2021, con un focus su attacchi nucleari, chimici o batteriologici. Include misure per proteggere infrastrutture critiche e assicurare la continuità del governo e dei servizi essenziali. Il sistema include 60 stazioni di monitoraggio continuo che trasmettono dati in tempo reale a una rete europea per rilevare eventuali anomalie.
Alcuni approcci fondamentali alla preparazione per le emergenze sono comuni in Europa, ma ci sono anche delle differenze. In comune c’è l’attenzione alla protezione delle infrastrutture e al coordinamento tra governo e autorità locali. Le differenze invece si possono trovare, ad esempio, nel coinvolgimento della popolazione civile, che è maggiore nei paesi nordici e tende a diminuire nei paesi del centro e sud d’Europa. I Paesi nordici, inoltre, sono noti per la maggiore autosufficienza energetica e civile, a cui la Germania cerca di allinearsi con il nuovo piano. A livello comunitario, i piani di risposta alle crisi non sono centralizzati in modo efficace: un report ha evidenziato l’urgenza di migliorare il coordinamento e di sviluppare strategie più rapide ed efficienti per affrontare crisi future. Il contesto geopolitico recente ha accelerato l’aggiornamento di molti piani nazionali, sebbene ci siano ancora lacune significative nel coordinamento europeo.

E quindi, i bunker?
Il piano tedesco è, come al solito, ambizioso.
Dagli attuali 579 bunker pubblici in Germania, con una capacità complessiva di circa 478.000 posti che rappresentano appena lo 0,56% della popolazione tedesca, si passerebbe a oltre 210.000 nuovi bunker per proteggere tutta la popolazione, un’impresa che richiederebbe almeno 25 anni e un costo di oltre 140 miliardi di euro.
L’investimento iniziale stimato dal Ministero dell’Interno è di 10 miliardi di euro nei prossimi 10 anni per riattivare le prime 2.000 strutture, risalenti alla Guerra Fredda. Si tratta di un intervento che richiede aggiornamenti tecnici, ma anche la reintroduzione di risorse come acqua potabile, cibo e mobilio. La proposta del governo prevede anche la creazione di spazi protettivi decentralizzati, come rifugi nei quartieri, che possano essere costruiti rapidamente e a costi contenuti.
Altri Paesi, come l’Italia e la Francia, non dispongono di rifugi pubblici diffusi e puntano su strategie come evacuazioni e protezione al chiuso. I Paesi nordici hanno bunker più accessibili e modernizzati per uso civile, grazie a decenni di investimenti continuativi.
Come spoilerato in apertura, la Svizzera svetta irraggiungibile nella classifica dei paesi dotati di bunker: attualmente ci sono circa 360.000 rifugi privati e 5.100 rifugi pubblici in tutto il paese, che permettono di ospitare oltre il 100% dei residenti. Svezia (65.000 per il 70% della popolazione) e Finlandia (54.000 per l’80% della popolazione) la seguono ma con una copertura molto inferiore. I bunker sono così tanti in Svizzera grazie a una legge del 1963 che li ha resi obbligatori per i proprietari e per le nuove costruzioni. La legge impone che siano dotati di sistemi di filtraggio dell’aria, ma sono comunque progettati per una protezione temporanea, non per soggiorni prolungati. La loro manutenzione è anche strettamente regolamentata e devono essere facilmente resi operativi. In comune con la Germania, la Svizzera ha anche un sistema di allarmi e sirene per allertare la popolazione. Per approfondire, ne avevamo parlato qui e qui.
E i tedeschi che cosa ne pensano?
Al momento le reazioni della popolazione tedesca oscillano tra il pragmatismo, la preoccupazione per i costi, lo scetticismo per l’efficacia e l’urgenza di maggiore chiarezza sul tema della sicurezza.
Un rapporto recente evidenzia che l’interesse verso i rifugi per la protezione della popolazione è aumentato significativamente dopo la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina. Molti cittadini considerano i bunker come parte integrante della protezione civile. Ma ci sono anche critiche sui costi in rapporto all’efficacia, soprattutto considerando l’obiettivo di proteggere la popolazione da attacchi con armi che lasciano tempi di reazione limitati, e per questo alcuni preferirebbero investimenti in altre strategie di protezione.
—
“I will hide and you will hide
And we shall hide together here
Underneath the bunkers in the row
I have water, I have rum
Wait for dawn and dawn shall come
Underneath the bunkers in the row”
