Verso il 23 febbraio – AfD

AfD si prepara a un risultato trionfale. Che difficilmente la porterà al governo, ma tanto governare non le serve.

Dire che AfD arriva alle elezioni del 23 febbraio veleggiando sulle ali dell’entusiasmo è eufemistico.

Gli alternativi vengono da mesi e mesi di sondaggi che li vedono stabilmente al 20%, e stabilmente seconda forza del panorama partitico tedesco; da una trionfale tornata elettorale nell’est del Paese, dove sono arrivati primi in Turingia e secondi di un niente in Sassonia e in Brandeburgo; e da una settimana, quella finale di gennaio, in cui sono riusciti a scatenare un putiferio e a far cadere Friedrich Merz in un trappolone, ben congegnato ma neanche troppo visto che era piuttosto evidente per tutti tranne che per il capo della CDU. Soprattutto, sono riusciti a diventare il perno centrale di tutta la campagna elettorale. Che si tratti del sostegno esplicito di Elon Musk, il quale non perde occasione per ripetere che loro sono l’ultima speranza di salvare la Germania, o delle traballanti dichiarazioni di Merz, che un giorno dice di non volerci avere mai e poi mai nulla a che fare ma poi relativizza – insieme a un discreto numero di gente sua – il fatto di votarci insieme, l’ombra minacciosa di AfD pervade tutto lo spazio del dibattito pubblico e politico tedesco. Non c’è trasmissione televisiva o sondaggio in cui non compaia una domanda su possibili scenari di collaborazione con gli alternativi, incubo per moltissimi ma forse sogno per alcuni.

Alice Weidel, candidata alla Cancelleria (Foto: picture alliance / Flashpic / Jens Krick)

Ancora più significativo: sono riusciti a trasformare il loro core business, il loro tema centrale, nella questione fondamentale ed esclusiva di questa campagna elettorale, dove non si parla d’altro che di immigrazione. Un successo che viene da lontano: già da almeno un anno e mezzo AfD ha saputo rendere la questione migratoria assolutamente dominante nel dibattito pubblico, in questo decisamente aiutata anche dagli altri partiti che – per paura o miopia – le sono andati dietro senza rendersi conto di fare in realtà il suo gioco. Come altro classificare, ad esempio, la dichiarazione di Scholz dell’ottobre 2023 secondo cui “bisogna finalmente iniziare a rimpatriare in grande stile”? Con acume strategico, spregiudicatezza e il favore di alcune circostanze esterne – come certi fatti di cronaca – AfD ha trasformato in emergenza una questione che, secondo numerosi indicatori, un’emergenza non è. Il numero di delitti commessi da migranti o rifugiati è esponenzialmente inferiore rispetto a quello delle vittime di incidenti stradali o di violenza domestica, però è “l’immigrazione fuori controllo” a rappresentare un’emergenza che mette severamente a rischio la sicurezza dei tedeschi – come ripetono fino alla nausea non solo gli alternativi, ma anche gente come Friedrich Merz, Markus Söder o Christian Lindner, particolarmente inclini a farsi grancassa di quella che viene definita AfD-Rhetorik.

Tutto questo però non sembra scalfire in alcun modo la presa che il partito ha ormai saldamente acquisito sull’opinione pubblica tedesca, e che viene costantemente alimentata con iniziative pensate apposta per accentuare la polarizzazione e di conseguenza la copertura mediatica. Come il discorso incendiario con cui Alice Weidel ha accettato la candidatura alla Cancelleria durante il Parteitag a Riesa, un mese fa: alzare i confini, uscire dal sistema europeo di asilo, cacciare i professori che insegnano il gender – e realizzare finalmente quella Remigration che ormai non è più una parola tabù. O la famigerata distribuzione di “biglietti di rimpatrio” a Karlsruhe, volantini che invitavano gli immigrati irregolari a lasciare il Paese, infilati nelle cassette della posta su cui comparivano cognomi giudicati non autoctoni. Iniziative che scatenano sgomento e indignazione, e che proprio per quel motivo costringono tutti a parlarne, per condannarle come incitazioni all’odio o relativizzarle come provocazioni e nulla più. E il ciclo continua.

Il “biglietto di rimpatrio” infilato dai militanti di AfD nelle cassette della posta dei non-tedeschi a Karlsruhe (Foto: Timm Reichert/TEUTERS)

Programma

Il programma di AfD (un mastodonte di 177 pagine) è probabilmente il più divertente da leggere, posto che con “divertente” intendiamo quel tipo di particolare appagamento che provano gli appassionati di cinema horror quando vedono un film ben riuscito.

Dentro c’è più o meno tutto quello che ci aspetteremmo. Rimpatri in massa e respingimenti alle frontiere, che dovranno essere minuziosamente controllate, e cancellazione dei sussidi ai rifugiati ucraini, con simultaneo riavvicinamento alla Russia, eliminazione delle sanzioni e riallacciamento dei rapporti commerciali. L’Ucraina dovrebbe nelle intenzioni degli alternativi diventare uno Stato “neutrale”, fuori dalla NATO e dall’Unione Europea. E a proposito di Unione Europea: si propone la “Dexit”, cioè la “Deutschland-Exit”, l’uscita della Germania dall’Unione – da sottoporre alla popolazione tramite referendum – e il ritorno al marco tedesco, altro che questa aberrazione dell’euro.

Oltre ai migranti e alla UE, un altro acerrimo nemico da combattere senza tregua è la Klima-Hysterie, l’isteria della lotta al cambiamento climatico: dunque via libera alle auto, ma quelle a benzina e a diesel (con buona pace delle Tesla di Musk), ritorno al nucleare e ai combustibili fossili, e all’importazione massiccia di gas russo.

Una cosa che bisogna sostenere, invece, è l’aumento delle nascite, che gli alternativi vogliono ottenere restringendo la legalità dell’aborto – già regolato in maniera strettissima in Germania – ai soli casi di violenza sessuale ed emergenza medica. E per quanto riguarda l’economia, AfD intende smantellare la burocrazia e liberare lo spirito imprenditoriale del Paese, abbassando radicalmente le tasse e liberandosi dei “lacci e lacciuoli” (cit.) rappresentati ad esempio dalle norme ambientali e dalla legge sulle catene di fornitura, il cui scopo è di garantire il rispetto di dignitose condizioni di lavoro nei siti produttivi delle aziende tedesche sparsi nel mondo.

Un programma che, nel complesso, dovrebbe costare circa 149 miliardi di euro, più di quelli di tutti gli altri partiti, e che – secondo una stima del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea rilanciata da Deutschlandfunk – favorirebbe soprattutto i redditi elevati, superiori ai 180.000 euro all’anno.

Prospettive

A meno di cataclismi, gli alternativi sanno che gli toccherà il ruolo di principale partito di opposizione – un ruolo che conoscono bene, avendolo ricoperto durante l’ultimo governo di Angela Merkel, e in cui si trovano piuttosto bene. Da un lato gli permette di mettere le mani su alcune delle commissioni più rilevanti del Bundestag, come quella al bilancio; dall’altro gli consente di continuare con la litania degli altri partiti che “sono tutti uguali” e fanno accordi innaturali pur di tenerli fuori dal governo, nonostante le loro percentuali e precedenti come il voto congiunto del 29 gennaio.

Certo, c’è sempre la possibilità, in realtà remotissima, di un’Union che, disperata, accetti di sedersi al tavolo delle trattative con AfD pur di formare un governo purchessia – opzione che, in maniera forse sorprendente, alcuni tedeschi stanno iniziando a trovare accettabile, come testimonia un recente sondaggio condotto in Baden-Württemberg.

Ma come dicevamo un paio di settimane fa, uno scenario del genere in realtà non converrebbe ad AfD, nonostante le numerose dichiarazioni di apertura e le mani tese ai conservatori. L’Union non accetterebbe mai punti centrali del programma degli alternativi, come il riavvicinamento alla Russia o l’uscita dall’euro, rinunciare ai quali però rappresenterebbe un suicidio per il partito di estrema destra, che probabilmente perderebbe buona parte dei suoi sostenitori più radicali senza al contempo rinsaldare in maniera compatta il supporto degli elettori più moderati. Chi glielo fa fare? Molto meglio continuare a giocare agli incendiari, avanzando proposte assurde sapendo già che non si sarà mai chiamati a doverle realizzare.

Curiosità e cose buffe

Sapete a chi sembra che piaccia un sacco AfD? Agli omosessuali maschi. Un sondaggio realizzato dal sito di incontri gay Romeo ha visto infatti gli alternativi trionfare nelle intenzioni di voto, con il 27,9% – quasi dieci punti in più rispetto ai Grünen, secondi classificati con il 19,9%.

Fonte: Romeo.com

Il sondaggio sta facendo parecchio discutere in Germania. Sembra infatti che ci siano alcuni dubbi sull’effettiva rappresentatività della rilevazione: la partecipazione era volontaria, e non si può escludere che i link per prendere parte al sondaggio siano stati condivisi anche fuori dall’app, aprendo dunque a possibili manipolazioni e falsificazioni.

Anche in passato gli alternativi avevano ottenuto punteggi estremamente lusinghieri in altre rilevazioni simili fatte sempre da Romeo, il che può significare due cose: o gli utenti della app sono tendenzialmente di destra (e molto), oppure gli attivisti di AfD hanno capito bene come usare tutto il variegato universo dei social network, di qualunque natura, per diffondere propaganda e alterare così la percezione della realtà nel dibattito pubblico. AfD primeggia su numerose piattaforme social, TikTok e Facebook su tutte, e si è dimostrata efficacissima nello sfruttarle per raggiungere soprattutto gli elettori più giovani e creare bolle compatte e sigillate. Ed evidentemente ha anche capito che “social media” vuol dire ben più delle tre-quattro iconcine che ci vengono in mente per prime, ma include anche un ampio spettro di portali, siti e app che singolarmente potrebbero essere considerate di nicchia, ma che nel complesso rappresentano in realtà decine di migliaia di persone.

Potenza dei social, e di chi sa utilizzarli con astuzia e spregiudicatezza per creare effetti ben precisi nel dibattito pubblico. Tanto è vero che tutti parlano di questo sondaggio, e non di quello, ben più rigoroso ed affidabile, realizzato dall’Università di Gießen, secondo cui il partito preferito dalla comunità LGBTQI+ sarebbero i Grünen, con ben il 43,5% delle preferenze, seguiti dalla Linke con un dignitosissimo 25%. E AfD? Secondo questa rilevazione si fermerebbe al 2,8%. Volesse il cielo.

Sappiamo però che c’è almeno un’altra persona a cui AfD piace moltissimo: Helga Elisabeth Schwab, berlinese nata nel 1942, che però non potrà votare per gli alternativi questa volta, dal momento che purtroppo è morta il 27 marzo del 2023.

Il padre di Helga Schwab, commerciante, era riuscito ad avere un certo successo negli affari, e aveva investito nel mattone, comprando alcune case nel prestigioso quartiere di Schöneberg, nella capitale tedesca. Helga ha sempre condotto una vita molto tranquilla e riservata: impiegata al Finanzamt, non si è sposata, non ha avuto figli. La politica non aveva mai fatto parte del suo orizzonte.

Poi però con il COVID le cose sono cambiate, e – come ha spiegato un vicino – ha iniziato a “raccontare cose strane”, finché nel 2021 ha deciso di cambiare il suo testamento, e lasciare tutto ad AfD. Che alla sua morte si è ritrovata per le mani, fra denaro, beni mobili e immobili, una discreta sommetta.

Per la precisione, cinque milioni novecentocinquantasettemila novecentosessantanove euro. E sessantasei centesimi.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

Qui di seguito le schede uscite finora:

L’Union

La SPD

3 pensieri riguardo “Verso il 23 febbraio – AfD”

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