Il piano segreto

A fine novembre in un incontro fra politici di AfD (e non solo) ed attivisti di estrema destra è stato discusso un “piano segreto” per la deportazione di milioni di persone.

Fra le proteste dei contadini e la morte di Franz Beckenbauer, un’altra notizia ha trovato spazio nei giorni scorsi sulle prime pagine dei giornali tedeschi.

Il sito Correctiv.org ha pubblicato un reportage esclusivo, in cui si racconta di un incontro clandestino a fine novembre fra esponenti di AfD, finanziatori che orbitano da quelle parti e attivisti di estrema destra, in cui si è discusso di un Geheimplan, un “piano segreto” su come prendere il potere in Germania e poi cosa farci. L’incontro ha avuto luogo in un hotel nei pressi di Potsdam, tra l’altro a meno di una decina di chilometri dalla villa che nel gennaio 1942 ospitò la celebre Conferenza di Wannsee, in cui furono definiti i dettagli per la “soluzione finale della questione ebraica”. Dettaglio di una certa rilevanza, quantomeno simbolica.

La lettura del reportage è molto interessante, anche se altrettanto agghiacciante. Innanzitutto per l’elenco dei partecipanti e degli organizzatori. Fra questi ultimi vanno inclusi Gernot Mörig, dentista di Düsseldorf in pensione e da sempre attivo nei circoli di estrema destra, e Hans Christian Limmer, imprenditore del settore alimentare dietro al successo della catena di panetterie BackWerk e delle hamburgerie Hans im Glück. Limmer non è presente all’incontro, ma ha giocato un ruolo chiave nella preparazione della riunione. Mörig invece c’è e si è portato dietro anche moglie e figlio. Fra gli ospiti figurano anche esponenti di alcune associazioni politiche e culturali: ad esempio Silke Schröder, del direttivo del Verein Deutsche Sprache, un’organizzazione che si occupa della promozione della lingua tedesca. 

La faccenda inizia a diventare succosa quando si passa alla lista dei politici presenti. Naturalmente in prima linea c’è AfD. Sono quattro i membri del partito: Ulrich Siegmund e Tim Krause, dirigenti locali rispettivamente in Sassonia-Anhalt e in Brandeburgo, la parlamentare Gerrit Huy e soprattutto Roland Hartwig, assistente personale di Alice Weidel, fra i leader più importanti degli alternativi. Ma c’è anche gente vicina alla CDU, in particolare Simone Baum e Michaela Schneider, della cosiddetta Werteunion (“Unione dei valori”), corrente molto di destra della CDU – che però ufficialmente non la riconosce come sua componente.
La vera guest star dell’incontro però è uno degli attivisti di estrema destra più noti a livello internazionale: l’austriaco Martin Sellner, capo dell’Identitäre Bewegung Österreich (“Movimento Identitario dell’Austria”) e figura di riferimento per tutta la galassia neonazista europea.

Martin Sellner (Foto: APA / Sujet)

È proprio Sellner a esporre i punti fondamentali del “piano”, che ruota intorno a un’idea di base: quella di Remigration, “re-migrazione”. Il termine indica il respingimento e il rimpatrio massiccio di immigrati, rifugiati, richiedenti asilo. La cittadinanza tedesca non è rilevante: anche chi ha ottenuto il passaporto ma non si è “assimilato” dovrebbe poter essere accompagnato alla porta. Magari in uno stato-cuscinetto da creare allo scopo, in Africa del Nord, dove ci sarebbe spazio per almeno due milioni di persone, secondo le stime. Anche chi simpatizza con i migranti o lavora per loro potrebbe trasferirsi lì. State pensando al piano con cui i nazisti inizialmente ipotizzavano di spostare gli ebrei in Madagascar? Beh, non siete i soli. E neanche se vi viene in mente con insistenza la parola “deportazione”.

Un progetto di questa portata richiede decenni di lavoro, propaganda e pressione sull’opinione pubblica, oltre che l’aggiramento di alcuni articoli della Costituzione. Si tratta di darsi da fare sul piano “metapolitico e pre-politico”, dice Sellner. Le proposte e gli spunti per iniziare non mancano. Ad esempio si può cambiare idea sulla doppia cittadinanza: AfD ha smesso di essere contraria, ricorda la deputata Gerrit Huy, perché così si può revocare la cittadinanza tedesca agli “indesiderabili” senza renderli per questo apolidi, il che in Germania non è consentito. Oppure mettere insieme un comitato di esperti (magari guidato Hans-Georg Maaßen, ex capo dei servizi segreti interni che se leggete Kater probabilmente ricordate bene) che esplori vie percorribili per superare i possibili ostacoli giuridici. Ma anche iniziative meno sofisticate come rendere la vita difficile ai ristoranti stranieri vanno benissimo.

Il concetto di Remigration è centrale, è quello che unisce tutte le diverse anime del neonazismo continentale e su cui bisogna concentrarsi, perché è l’unico strumento politico e propagandistico che può davvero garantire il raggiungimento dell’obiettivo finale. Un’Europa “etnicamente omogenea”.

Come prevedibile la reazione in Germania è stata fulminea ed enorme. Il Cancelliere Olaf Scholz ha avuto parole durissime contro i “fanatici dell’assimilazione”, e non si contano le petizioni, le raccolte di firme e le iniziative politiche contro AfD e magari per metterla fuori legge. Persino la catena di ristoranti Hans im Glück ha cessato ogni rapporto con Hans Christian Limmer, presente all’incontro, con effetto immediato. Un filino meno immediata la reazione della CDU, che solo dopo alcuni giorni e molte polemiche si è fatta sentire sulla vicenda. Il Generalsekretär Carsten Linnemann se l’è presa soprattutto con la Werteunion: “stiamo verificando se fossero presenti membri della Werteunion. Se così fosse – e sembra molto probabile – prenderemo provvedimenti molto severi. I servizi di sicurezza devono attivarsi e noi li sosterremo.” La Werteunion nel frattempo ha confermato che sì, c’erano due dei suoi, ma erano lì solo come “private cittadine”, non in qualità di rappresentanti dell’organizzazione. Per Linnemann però non importa: “chi partecipa a incontri di questo tipo viola i principi fondamentali della CDU”.

Anche la società civile ha preso posizione. Remigration è stata votata Unwort des Jahres, “non-parola dell’anno”. E in numerose città tedesche ci sono state e ci saranno in questi giorni grandi manifestazioni contro l’estremismo di destra e AfD: a Berlino, a Friburgo, ad Amburgo, ad Hannover, a Colonia.

E poi c’è stata la reazione di AfD. O meglio, le reazioni.

La prima è stata abbastanza prevedibile. Esponenti del partito si sono affrettati a sostenere che per loro “non esistono tedeschi di serie A e di serie B”, e addirittura Alice Weidel ha interrotto la collaborazione con il suo assistente Roland Hartwig, presente all’incontro.

Purtroppo però anche la seconda reazione è stata prevedibile. Ed è esemplificata in maniera piuttosto efficace dal tweet di René Springer, deputato del partito al Bundestag proveniente dal Brandeburgo.

“Rispediremo gli stranieri a casa loro. A milioni.
Non è un piano segreto. È una promessa.
Per maggiore sicurezza. Per maggiore giustizia. Per mantenere la nostra identità. Per la Germania.”
(Sempre su Twitter – o X – la risposta migliore: “Quell’accento sulla -é suona sospettosamente straniero.”)

E al contrattacco è passata anche la Junge Alternative (JU), l’organizzazione giovanile di AfD, sotto osservazione delle autorità in numerosi Länder. Sulla pagina Twitter (o X) della JU campeggia questa immagine:

Questa invece è la loro nuova foto profilo:

E chi vuole può scaricarsi la cornicetta “Team Remigration”, con tanto di evocativa silhouette di un aereo, da mettere sul proprio profilo, come ha fatto ad esempio il deputato Matthias Helferich.

L’impressione è che si stia cercando di portare avanti una doppia strategia. Da una parte ci si attiene alla storiella delle “mele marce”, prendendo le distanze almeno ufficialmente da chi più è stato esposto – e probabilmente va letto in questo senso l’allontanamento di Hartwig.

Dall’altra però è evidente il tentativo di replicare una strategia classica dell’estremismo di destra: suscitare sconcerto e indignazione dicendo qualcosa di smisuratamente radicale, di sovversivo, di estremo appunto, qualcosa che però intanto entra nel dibattito e fa il giro dell’opinione pubblica, e da inaudito che era diventa conosciuto, familiare. E così facendo sposta un po’ più in là il confine di ciò che è dicibile e socialmente accettabile.

Foto: IMAGO / Hanno Bode

Che funzioni lo sappiamo. Su Kater abbiamo provato a descrivere il modo in cui AfD è riuscita a influenzare il discorso pubblico sul tema dell’immigrazione, provocando un significativo slittamento verso destra della posizione maggioritaria sulla faccenda – certificato ad esempio dalla celebre dichiarazione di Scholz sui rimpatri “rapidi e su larga scala”.

Io vivo in questo Paese da quasi vent’anni, e se mi conoscete sapete che davvero non sono proprio il tipo di persona che idealizza la Germania, anzi. Mi sono ben chiari tutti i suoi problemi e i suoi limiti, e l’estrema difficoltà che si vive nel voler anche solo provare a “sentirsi a casa”. Però la settimana scorsa, quando ho letto il reportage di Correctiv, per la prima volta ho pensato seriamente, coscientemente, “forse sarà necessario andare via”.

Io lo so, come mi ripetono i miei colleghi tedeschi, che pensare una cosa simile è esattamente ciò che vuole questa gente qui. E so benissimo che è impossibile che questo “piano segreto” diventi realtà: ci sono troppi strumenti di protezione e di garanzia che ne impedirebbero la realizzazione, dal Grundgesetz, la “carta fondamentale” tedesca, all’Unione Europea.

Ma non posso farci nulla.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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