Cosa ci dicono le minielezioni di Berlino

Le “elezioni riparatrici” di Berlino ci danno qualche indicazione utile per capire dove andrà la politica tedesca, soprattutto in vista delle Europee di giugno.

Domenica 11 febbraio a Berlino si sono tenute a Berlino le elezioni riparatrici, quelle imposte dalla Corte Costituzionale di Karlsruhe per rimediare al caos del voto del settembre 2021.

Come noto, in quella domenica di quasi tre anni fa fra votazioni multiple, strade bloccate per la maratona, schede mancanti nei seggi e conteggi sballati, la capitale tedesca si trasformò in un incubo elettorale, il cui esito ultimo è stata la ripetizione delle elezioni locali a febbraio dell’anno scorso e delle politiche l’altro giorno. Si è votato in 455 seggi, su 2256 totali della città, e alla fine si sono effettivamente recate alle urne circa 250.000 persone, più o meno la metà degli aventi diritto. In termini numerici le conseguenze per il Bundestag sono assolutamente trascurabili: quella più rilevante è che in totale il Parlamento Federale si è ristretto di un seggio, da 736 si è passati a 735. A perdere il seggio sono stati i liberali della FDP, il cui drappello è ora di 91 deputati. Anche a livello di personale cambia pochissimo: a causa della bassissima partecipazione alcuni degli eletti berlinesi hanno dovuto rimettere il mandato, sostituiti da altri colleghi di partito provenienti da altre zone del Paese.

Foto: © IMAGO/Emanuele Contini

Niente di che, a prima vista. Eppure anche queste minielezioni ci dicono qualcosa dello stato attuale della politica tedesca, e delle tendenze che si muovono a un anno e mezzo dalle prossime politiche. Certo, Berlino non è tutta la Germania, così come non lo era Saale-Orla in Turingia due settimane fa, tuttavia qualche dato interessante si può tirare fuori.

Innanzitutto partiamo dai risultati: questi.

I risultati nei 455 seggi coinvolti, e il confronto con i numeri del 2021

Il primo dato è anche il più scontato: ai tedeschi, in questo periodo, il Cancelliere Olaf Scholz e il governo non stanno troppo simpatici. Perde la SPD, perde la FDP, l’unico partito dei tre a restare stabile – anzi a guadagnare qualcosina – sono i Grünen. Anche queste minielezioni confermano il trend al ribasso della coalizione semaforo, e sicuramente contribuiranno ad alimentare le tensioni fra i tre contraenti, nonostante il limitatissimo campione elettorale e l’impatto marginale. Già da mesi l’atmosfera durante le riunioni di governo non deve essere piacevole, con questi numeri di certo non cambierà. In crescita la CDU, in linea con i sondaggi a livello nazionale.

Secondo l’editoriale dello Spiegel il calo della SPD si spiega probabilmente con la crescente sfiducia che i tedeschi hanno verso Scholz, Cancelliere la cui impopolarità sta diventando leggendaria. A danneggiare la FDP invece, secondo il settimanale, è il tentativo di tenere il piede in due scarpe, di fare contemporaneamente i liberali di lotta e di governo. Disperatamente alla ricerca di un posizionamento che possa farli risalire nei sondaggi (e nelle urne) e gli conferisca un’identità riconoscibile e attraente, i Freie Demokraten stanno ormai da mesi facendo da contrappunto agli altri due partiti della coalizione, dando in realtà l’impressione di sabotare dall’interno lo stesso governo di cui fanno parte.

Il dato più significativo è però quello che riguarda due altri partiti, i Grünen da una parte e AfD dall’altra. I Verdi resistono, secondo lo Spiegel proprio perché sono gli “anti-AfD” più credibili. La loro vocazione europeista e internazionale, il posizionamento sull’Ucraina, l’attenzione alla questione climatica li rendono probabilmente gli interpreti più credibili dei valori di difesa della democrazia invocati a gran voce dai manifestanti scesi in piazza in tutto il Paese nelle scorse settimane, contro l’estremismo di destra.

E tuttavia AfD cresce, di quasi sei punti. Certo, in una minielezione numericamente e politicamente limitatissima, eppure cresce, nonostante le manifestazioni, le petizioni per metterla fuori legge, le accuse  di estremismo che piovono da ogni parte.

Questo non vuol dire che AfD che le proteste siano inutili o che AfD abbia già vinto, come la sconfitta in Turingia di due settimane fa non significava che AfD avesse già perso. Ma significa che i problemi e le questioni che l’esistenza stessa degli alternativi solleva, nello scenario politico tedesco, sono certamente molto più complessi e di difficile soluzione rispetto allo sbrigativo “son tutti nazisti”  con cui spesso vengono liquidati.

Soprattutto, significa che probabilmente è qui che bisognerà guardare nei prossimi mesi, ai Verdi e ad AfD. Saranno loro i veri protagonisti della campagna elettorale per le elezioni europee di giugno, interpreti principali dei due schieramenti che si giocheranno quella partita – il fronte europeista, di cui i Grünen sono ormai una colonna portante, e il composito fronte euroscettico. E sì, “euroscettico” è un eufemismo.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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