L’intervista di Maximilian Krah

Maximilian Krah, candidato capolista di AfD alle elezioni europee, è finito al centro dell’ennesima polemica dopo alcune dichiarazioni rilasciate in un’intervista a Repubblica.

Sulla testa di Maximilian Krah, Spitzenkandidat (candidato capolista) di AfD per le elezioni europee del 9 giugno, si stanno addensando nuvoloni sempre più numerosi e sempre più minacciosi. 

Già la sua scelta per un ruolo così prestigioso, l’estate scorsa, era stata accolta da parecchie alzate di sopracciglia, arcuatesi ulteriormente dopo alcune uscite piuttosto imbarazzanti, come l’ormai celebre video pubblicato sul suo profilo TikTok in cui dispensava consigli e suggerimenti per i giovani tedeschi ancora senza fidanzata – con toni non troppo dissimili da quelli che si trovano nelle comunità incel online. 

Negli ultimi mesi però la situazione si è decisamente aggravata, e le polemiche che hanno coinvolto lo Spitzenkandidat sono salite di livello. Sono venuti alla luce degli strani giri di denaro provenienti dalle casse del Cremlino e finiti, pare, nelle tasche di Krah, e soprattutto uno dei suoi più stretti collaboratori è stato arrestato con l’accusa di essere una spia al servizio del governo cinese. Legami di questo tipo con Mosca e Pechino, secondo le autorità, possono rappresentare un reale pericolo per l’ordine democratico tedesco ed europeo.

Maximilian Krah (Foto: IMAGO/Sven Simon)

In questi giorni si parla di nuovo di Krah per delle dichiarazioni le cui ripercussioni sembrano destinate ad essere molto pesanti. In due interviste, concesse a Repubblica e al Financial Times, il candidato AfD ha negato di essere stipendiato da Mosca e ha accusato l’Occidente di essere “paranoico” nei confronti della Cina. È però un altro punto ad aver sollevato il vespaio. Riprendendo una sua recente uscita, in cui lo Spitzenkandidat sosteneva che i tedeschi devono essere fieri dei loro antenati, la giornalista di Repubblica Tonia Mastrobuoni gli ha chiesto: anche se erano ufficiali delle SS? “Dipende da cosa hanno fatto”, ha risposto Krah. “Bisogna valutare individualmente le colpe. Alla fine della guerra c’erano quasi un milione di SS. Anche Günther Grass era nelle Waffen-SS […] Tra le 900mila SS c’erano anche tanti contadini: c’era sicuramente una percentuale alta di criminali, ma non tutti lo erano. Non dirò mai che chi aveva una uniforme delle SS era automaticamente un criminale.”

Lo sdegno suscitato da queste parole è stato grande e diffuso, e ha reso Krah ancora meno difendibile di quanto già non fosse. E le reazioni non si sono fatte attendere: Marine Le Pen, i cui rapporti con AfD erano già piuttosto tesi, ha detto di non volerci avere più nulla a che fare, e di escludere ogni collaborazione futura – seguita a stretto giro da Matteo Salvini. Anche all’interno di AfD la questione si è fatta spinosa, tanto che Krah ha dovuto dimettersi dalla direzione del partito, e addirittura la sua candidatura pare essere a rischio. Conseguenze prevedibili quando in Germania si tocca in maniera tanto disinvolta un tema delicatissimo come quello del passato nazista. 

A me però è venuta in mente un’altra cosa. A me è venuta in mente Francesca Melandri.

Vivendo a Francoforte, ho avuto la fortuna di assistere a due incontri con la scrittrice romana, entrambi estremamente interessanti e ricchi di spunti. Il secondo, a novembre scorso, è stato in occasione della Frankfurter Ginzburg Lecture, tenuta da Melandri sul tema “La pelle viva della storia”. 

Nella sua lezione, la scrittrice raccontava del primo incontro con il padre del suo compagno, anziano contadino altoatesino di lingua tedesca. Un uomo affettuoso che fa il possibile per farla sentire ben accolta, dagli occhi gentili color malva. Un uomo che, scopre lei in quel momento, era stato a Roma solo una volta, nei primi mesi del 1944, nel battaglione in cui era stato arruolato. Si trattava di un battaglione composto perlopiù da militari altoatesini, tanto da essere denominato Bozen, dal nome tedesco della città di Bolzano: il battaglione obiettivo dell’attentato di via Rasella. E se avete anche solo un’infarinatura di storia della Seconda Guerra Mondiale sapete che parlare di via Rasella significa anche parlare del massacro delle Fosse Ardeatine.

Nell’incontro a Francoforte Melandri raccontava questa storia per spiegare la complessità che circonda e avviluppa ogni evento storico, che in ultima analisi è fatto di persone e storie nei confronti delle quali possiamo solo porci nella prospettiva degli spettatori/ascoltatori. Il che non significa affatto non poter esprimere giudizi (o condanne): le SS a Roma erano una brutale forza di invasione, erano la parte sbagliata della storia, erano criminali. Ma significa invece esercitare quella “empatia radicale” che Melandri individua come il punto centrale del suo metodo di lavoro. Vedere le storie individuali nei gangli della storia e riconoscerne la complessità, senza rinunciare a dire chiaramente chi era dalla parte sbagliata e chi no, chi era al servizio di un’ideologia criminale e chi no.

Le parole di Krah mi hanno fatto venire in mente questa storia perché, da certi punti di vista, l’anziano altoatesino di cui parlava Melandri è esattamente uno dei “tanti contadini” citati dal candidato di AfD. Voglio con questo equiparare le due vicende, il racconto di Melandri e l’intervista di Krah? In realtà voglio fare un’altra cosa, perché questa strana vicinanza ci aiuta a capire l’importanza del contesto quando abbiamo a che fare con temi così delicati.

In superficie Melandri e Krah dicono la stessa cosa, ma solo in superficie: perché sappiamo che il luogo da cui provengono le loro parole è profondamente diverso. Krah ha un’agenda politica ben precisa, in cui dichiarazioni di questo tipo rivestono un ruolo strategico particolare; Melandri no. Non c’è bisogno di un grande balzo con la fantasia per immaginare che Krah nutra addirittura una certa simpatia, diciamo così, per alcuni aspetti di quella fase della storia tedesca; Melandri no. È questa differenza in chi parla che conferisce un peso e un significato diverso alle parole dette. Riconoscere questa differenza, tenerla bene a mente, è ciò che ci consente di mantenere contemporaneamente la verità di entrambe le affermazioni. Quanto dice Krah è certamente vero, fra tutte le novecentomila SS non tutti saranno stati criminali; e però, al tempo stesso, le SS erano parte essenziale di una forza criminale, di un esercito di occupazione disumano che si è macchiato, in quanto tale, di indicibili atrocità. La tensione fra queste due affermazioni, entrambe vere, rappresenta la complessità della storia, e soprattutto di una certa storia; racchiude lo spazio in cui esercitare quella “empatia radicale” di cui parlava Melandri a Francoforte a novembre scorso. E ci fa capire che le parole di Krah, pur vere, hanno un peso e una gravità legata al suo contesto, a chi è la persona che le pronuncia. 

Ci fa capire che, nell’intervista di Krah, il problema non sono le parole. È chi le pronuncia.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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