È possibile che anche uno degli intellettuali più importanti e influenti degli ultimi sessant’anni prenda una decisione affrettata e discutibile, di cui pentirsi e da correggere in tutta fretta?
La domanda è forse meno banale di quanto possa sembrare, e l’occasione per rifletterci su è data da una vicenda che in questi giorni ha coinvolto Jürgen Habermas, uno dei più noti e celebrati filosofi tedeschi la cui opera ha segnato in maniera fortissima il dibattito pubblico europeo e mondiale degli ultimi decenni.

Allievo di Theodor Adorno e figura di punta della cosiddetta “Scuola di Francoforte”, autore di un’opera fondamentale come la Teoria dell’Agire Comunicativo, il vecchio filosofo – oggi novantunenne – è stato insignito di un premio letterario, lo Sheikh Zayed Book Award. Premio forse non conosciutissimo, ma decisamente ricco: oltre al riconoscimento, al vincitore viene consegnata anche la cifra di 225.000 euro.
A conferire il premio è Mohammed bin Zayed al Nahyan, Principe ereditario di Abu Dhabi e sovrano di fatto degli Emirati Arabi Uniti. ll premio, intitolato al padre di bin Zayed, è stato conferito a Habermas in quanto “Personalità culturale dell’anno”.
Una volta diffusa la notizia si è sollevata però qualche perplessità. Ma come, uno dei teorici più importanti della democrazia deliberativa, un intellettuale che ha offerto un contributo impareggiabile al pensiero critico ed emancipatorio si fa premiare da un regime assolutista e dittatoriale, che calpesta i diritti umani e che nella classifica di Freedom House si posiziona appena sopra l’Iran degli Ayatollah ma dietro la Russia di Putin, ed è chiaramente indicato come “non libero”? Come ha scritto lo Spiegel in apertura di un editoriale molto duro: bastano 225.000 euro per comprarsi un noto intellettuale e sfoggiarne il nome come trofeo?
Naturalmente Habermas stesso, un minimo sospettoso, ha fatto qualche ricerca prima di accettare il premio: e a quanto pare si è affidato in particolar modo a Jürgen Boos, direttore della Fiera del Libro di Francoforte, una delle più grandi e importanti del mondo. Boos ha dissipato le ultime riserve del filosofo, che ha poi dichiarato di avere buoni rapporti con “gli ultimi quattro vincitori del premio” e di sentirsi dunque in buona compagnia – come scrive in una mail indirizzata proprio al settimanale tedesco, kein Haar in der Suppe, non ha trovato alcun capello nella zuppa.
Ci sono però due problemi, come nota l’editoriale dello Spiegel.
Il primo: Jürgen Boos, oltre a essere il direttore della Fiera del Libro di Francoforte, è anche membro del comitato scientifico dello Sheikh Zayed Book Award. Che obiettività può avere la sua “consulenza” in questa circostanza?
E poi: Habermas cita gli ultimi quattro vincitori, ma tace a proposito del quintultimo. Nel 2015 il premio è andato allo sceicco Mohammed bin Rashid al Maktum, emiro di Dubai e membro del Consiglio Supremo degli Emirati Arabi Uniti. Lo sceicco scrive poesie, una raccolta delle quali è stata pubblicata anche in Germania, ma negli ultimi tempi si è fatto conoscere per altre ragioni meno apprezzabili. È infatti il padre della principessa Latifa, tenuta in ostaggio in una villa da cui non può scappare, ed è stato riconosciuto colpevole dall’Alta Corte di Giustizia del Regno Unito non solo di aver rapito le sue due figlie – una delle quali è appunto Latifa – ma anche di aver tenuto comportamenti violenti e intimidatori contro la sua ex-moglie. Si chiede lo Spiegel: davvero Habermas vuole essere incluso in una lista che comprende anche un uomo simile?
Evidentemente Habermas ci ha riflettuto su, e ha deciso di rifiutare il premio. In un comunicato diffuso domenica pomeriggio il filosofo ha annunciato di essere tornato sui suoi passi: accettare lo Sheikh Zayed Book Award era stata “una decisione sbagliata”, dovuta alla sua insufficiente conoscenza degli “strettissimi legami dell’istituzione che elargisce il premio con l’attuale sistema politico locale”. Il comitato dovrà cercare un altro destinatario. L’immagine del filosofo dell’opinione pubblica è salva.
E ironicamente l’esito della vicenda è squisitamente habermasiano. Uno dei principali teorizzatori della sfera pubblica, e del modo in cui l’opinione pubblica esercita il proprio potere critico, ha dovuto riconoscerne le ragioni, e inchinarsi alla sua forza.