A una settimana dall’inizio dei Giochi, il medagliere delle Olimpiadi di Tokyo 2020 vede la Germania al decimo posto, con 3 ori, 4 argenti e 7 bronzi.
A farla da padrone fra le specialità innanzitutto il dressage, a cui si devono 2 ori e un argento e che prosegue una lunghissima tradizione vincente, e la canoa: nel kayak femminile ha trionfato Ricarda Funk, primo alloro tedesco di questa edizione, mentre nella canoa hanno conquistato il bronzo Andrea Herzog e Sideris Tasiadis, tedesco di Augsberg di origini greche.

È però sul terreno dell’aneddotica che i tedeschi stanno davvero facendo faville. A pochi giorni dalla cerimonia di apertura si sono già susseguiti numerosi episodi degni di nota, alcuni piuttosto divertenti e altri invece poco felici, che stanno facendo divertire e discutere il pubblico e la stampa. Abbiamo provato a raccogliere qui i più notevoli, certi che se si va avanti così per la fine delle competizioni ci toccherà includere un aggiornamento, se non addirittura scrivere un secondo articolo.
Portabandiera e parità
A partire da questa edizione il Comitato Olimpico Internazionale ha introdotto una modifica nel protocollo della cerimonia di apertura: a portare la bandiera del proprio Paese potranno essere due atleti, un uomo e una donna. Non si tratta di un obbligo, chi vuole può continuare la tradizione del portabandiera singolo: il CIO però incoraggia l’iniziativa, per rendere lo sport olimpico ancora più inclusivo anche in una prospettiva di genere. La Germania figura fra i Paesi che hanno scelto la strada del doppio portabandiera: a far sventolare la bandiera schwarz-rot-gold sono stati Laura Ludwig, campionessa olimpica di beach volley a Rio 2016, e Patrick Hausding, membro della squadra tedesca di tuffi. Entrambi alla quarta partecipazione, sono stati scelti con un sondaggio online, in cui sono stati espressi più di 180.000 voti.

Pünktlich wie… la squadra di hockey
Per indicare qualcosa sempre perfettamente in orario, in tedesco si usava dire pünktlich wie die Bahn, puntuale come le ferrovie: si usava, però, visto che ormai da molti anni il mito della puntualità dei treni tedeschi si è rivelato per quello che è – un mito appunto – e la frase viene perlopiù usata con intenti sarcastici.
Il mito della Pünktlichkeit ha subito un altro duro colpo lunedì 19 luglio, qualche giorno prima dell’inizio ufficiale dei Giochi, quando a Tokyo era in programma un’amichevole di allenamento fra la nazionale tedesca maschile di hockey su prato e quella australiana. I tedeschi, però sono arrivati al palazzetto con ben due ore di ritardo.
Va detto però che in questo caso non è stata colpa loro: come ha confermato l’allenatore della squadra, Kais aal Saadi, il pullman che era stato prenotato per il trasporto non si è presentato. Giocatori e staff tecnico si sono dovuti organizzare autonomamente, e non è stato per niente facile. A quanto pare, la compagnia responsabile degli spostamenti degli atleti aveva mandato una mail di conferma alla squadra, ma non agli autisti.
Ah, per la cronaca: l’amichevole poi si è giocata comunque, e ha vinto l’Australia per 2 a 1.
Un gesto nobile…
Un altro episodio avvenuto prima della cerimonia di apertura ha coinvolto la nazionale maschile di calcio, impegnata sabato 17 in un’amichevole a porte chiuse contro l’Honduras.
A cinque minuti dalla fine dell’incontro, sul punteggio di 1 a 1, la squadra tedesca è tornata negli spogliatoi: i giocatori hanno deciso di lasciare il campo in segno di protesta contro gli abusi razzisti subiti da Jordan Torunarigha, difensore della Mannschaft, insultato più volte da un avversario. Una decisione pienamente supportata dall’allenatore, Stefan Kuntz.
Non è la prima volta che Torunarigha, in forza all’Hertha Berlino, è vittima di abusi razzisti. La sua esperienza, insieme a quella di numerosi altri calciatori tedeschi di colore, è raccontata in Schwarze Adler (“Aquile nere”), un documentario sul razzismo nel calcio disponibile anche su Prime Video in Germania.
… e parole ignobili
È finito al centro di feroci critiche Patrick Moster, direttore sportivo della Federazione Ciclistica Tedesca (Bundes Deutscher Radfahrer, BDR). Durante la cronometro ha cercato di spronare uno dei suoi corridori, Nikias Arndt, incoraggiandolo a recuperare su due ciclisti che in quel momento avevano tempi migliori del suo, l’eritreo Amanuel Ghebreigzabhier e l’algerino Azzedine Lagab. Il problema però è che ha scelto parole – per usare un eufemismo – davvero infelici: Hol die Kameltreiber, hol die Kameltreiber, komm! “Prendi i cammellieri, prendi i cammellieri, dai!”.
Parole che sono state trasmesse in diretta su ARD, al rete televisiva che seguiva l’evento, e che hanno innescato la reazione immediata del commentatore Florian Naß: “se ho capito bene cosa ha urlato, era totalmente inappropriato. Non ho parole. Questo genere di cose non ha alcuno spazio nello sport”. Lo stesso Arndt ha definito le parole “inaccettabili”, e una dura condanna è giunta dalla federazione olimpica tedesca, che ha rimandato Moster a casa; nel frattempo lui si è scusato, ammettendo di essersi fatto prendere “dalla foga del momento” e di aver fatto un grave errore nella scelta delle parole.
Dispiaciutissimo da quanto accaduto, ci ha però tenuto a ribadire quanto lui non sia assolutamente razzista, ricordando i suoi “tanti conoscenti con radici nordafricane” – in una pregevole variazione sul tema “ho tanti amici gay”. Bene ma non benissimo, Patrick.
A corpo libero, ma davvero
“Volevamo mostrare che ogni donna, ognuno, dovrebbe poter decidere cosa indossare”: con queste parole Elisabeth Seitz, atleta della squadra tedesca di ginnastica artistica, ha spiegato la scelta sua e delle sue compagne di gareggiare indossando una calzamaglia lunga fino alle caviglie invece del tradizionale body. Una scelta che in realtà non nasce a Tokyo. Già in aprile, ai Campionati Europei di Basilea, le atlete tedesche erano scese in pedana indossando un unitard, per protestare contro la sessualizzazione del corpo delle ginnaste – tra l’altro molto spesso ragazze di meno di diciotto anni.
Rituali violenti
Ha innescato reazioni inaspettate e inizialmente divertite lo strano rituale pre-gara della judoka tedesca Martyna Trajdos: poco prima di salire in pedana, il suo allenatore Claudiu Pusa l’ha strattonata violentemente, e le ha tirato due schiaffi. La scena ha suscitato una certa ilarità, come si vede ad esempio da questo tweet di Andrew Gourdie, cronista sportivo neozelandese.
All’ilarità è seguito però un comprensibile disagio. In molti hanno visto nel gesto di Pusa un abuso e una violenza, e anche la federazione internazionale di judo ha preso provvedimenti: è stato emesso un avvertimento nei confronti di un allenatore tedesco – non è stato specificato chi, ma non è difficile fare due più due – per il suo “cattivo comportamento durante la competizione”, che “viola il codice morale del judo”. Trajdos è corsa in difesa del suo allenatore: anche su Instagram ha ripetuto che è il suo modo di prepararsi prima di un incontro, “il mio coach fa solo quello che io voglio che lui faccia per darmi la carica”, ma naturalmente rimangono molte domande. Lo strattone e gli schiaffi di Pusa sono evidentemente un gesto violento, ma il fatto che siano “richiesti” da Trajdos li rendono giustificabili? Visto che la presunta vittima è non solo consenziente, ma anzi in qualche modo “mandante” dell’atto, quegli schiaffi vanno visti come un semplice accordo fra due adulti, liberi di scegliere che tipo di rapporto intrattenere? Trajdos è una donna di 32 anni, potrà ben scegliere come farsi trattare? Oppure ci troviamo di fronte a un caso di interiorizzazione di cultura dell’abuso, un fenomeno diffuso in contesti in cui si instaurano relazioni di potere inevitabilmente sbilanciate come quella fra allenatore e atleta? Che immagine offre – del, judo, dello sport e non solo – un episodio simile, trasmesso in televisione e rilanciato innumerevoli volte sui social media?
Canottaggio in alto mare
Una disciplina su cui i tedeschi puntano molto per questa Olimpiade è il canottaggio. Sia nelle competizioni individuali che in quelle a squadre la Germania ha portato a Tokyo degli atleti molto forti, e la fame di medaglie – possibilmente del metallo più pregiato – è tanta. Ma per vincere il talento, l’allenamento e la preparazione spesso non bastano: ci vuole anche un po’ di fortuna. E per il canottaggio tedesco la dea bendata stavolta si è coperta gli occhi con una benda particolarmente spessa.
La sfortuna è iniziata ancora prima della cerimonia di apertura. L’equipaggio del 4 senza è favorito per l’oro sulla distanza dei 500 metri, ma a Tokyo ha ricevuto una bruttissima sorpresa: il kayak di gara è stato infatti gravemente danneggiato durante le operazioni di trasporto, ed è inutilizzabile – come si può vedere in questa foto condivisa su Instagram da Tom Liebscher, uno degli atleti della squadra.
Come nota Liebscher, di queste canoe ce ne sono solo due al mondo. La speranza è che l’altra arrivi a destinazione senza imprevisti. C’è comunque ancora tempo: le gare di questa specialità inizieranno ai primi di agosto, quindi le speranze di medaglie non sono del tutto compromesse. Certo però che gli auspici non sono proprio favorevoli.
Chi invece ha dovuto rinunciare a una medaglia che sembrava già cosa fatta è l’equipaggio del quattro di coppia femminile. La squadra tedesca stava andando a prendersi un meritato argento, quando a pochi metri dall’arrivo un remo è rimasto per errore in acqua troppo a lungo, spezzando completamente il ritmo delle vogatrici. L’imbarcazione si è fermata di colpo, restando quasi immobile, e quando le quattro hanno ripreso a vogare erano ormai state superate da altri tre equipaggi. Alla fine, si sono dovute accontentare di un amarissimo quinto posto.
Ma la vera sorpresa è venuta dalla gara individuale maschile. Qui le speranze di vittoria erano concretissime, e riposavano sulle larghe spalle di Oliver Zeidler, venticinquenne di Dachau con un passato nel nuoto che cinque anni fa ha deciso di concentrarsi sul canottaggio, e da allora ha vinto due titoli europei e un Mondiale.
Durante la semifinale, che dovrebbe essere una formalità, Zeidler parte bene, rimanendo a poca distanza dal leader, il greco Stefanos Ntouskos. A 500 metri dall’arrivo, però, qualcosa si interrompe: Zeidler fa una fatica tremenda, e viene superato da due altri vogatori. Alla fine Zeidler è quarto, a 6 decimi di ritardo dal terzo: per la finale non basta. La delusione e la frustrazione sono enormi. Per diversi minuti Zeidler, completamente esausto, rimane immobile nella sua canoa, uscendone a fatica e aiutato da due assistenti.
Secondo il suo allenatore, suo padre Heino, il problema è legato alle condizioni della gara. La giornata estremamente ventosa ha reso le acque molto mosse, difficili da affrontare senza un surplus di sforzo. Esattamente il contrario dello scenario ideale di Zeidler: acque calme, tranquille, senza onde. Per sfilare al canottaggio tedesco la sua medaglia d’oro più probabile, la sfortuna stavolta si è alleata con il meteo.