Christian Lindner inizia a fare il matto

Il Ministro delle Finanze e capo dei liberali sembra avere intenzioni bellicose

Venerdì scorso Christian Lindner, Ministro delle Finanze nel governo semaforo guidato da Olaf Scholz e capo dei liberali della FDP, ha iniziato a fare il matto.

Segnali ce n’erano già da tempo, ma venerdì Lindner si è davvero messo il cappello di stagnola in testa e ha schiacciato il pulsantone rosso che ha dato il via a una nuova, ennesima fase di crisi nella travagliatissima vita della maggioranza. E l’ha fatto, fuor di metafora, con la pubblicazione di un paper, diffuso per l’appunto venerdì pomeriggio (inizialmente in circoli molto ristretti) e intitolato Wirtschaftswende Deutschland – Konzept für Wachstum und Generationengerechtigkeit (“Svolta economica per la Germania – Un concetto per la crescita e l’equità fra le generazioni”). Un contributo di 18 pagine con cui il Ministro delle Finanze intende invertire la spirale discendente in cui è entrata l’economia tedesca, identificando i problemi strutturali del Paese – come la ridotta crescita in termini di produttività, o la scarsa capacità di attrarre investimenti – e proponendo una via d’uscita nel solco dell’economia sociale di mercato, trademark dell’economia tedesca, e della tradizionale sobrietà fiscale teutonica. I soldi però da qualche parte bisogna trovarli, e Lindner nel suo paper li trova pescando da considerevoli tagli nelle politiche sociali e da una decisa inversione di rotta nella gestione della lotta al cambiamento climatico. Tradotto: una serie di proposte fatte apposta per far infuriare i suoi due partner di coalizione, SPD e Grünen.

Christian Lindner (Foto: IMAGO/PanamaPictures/IMAGO/Christoph Hardt)

Al netto dell’efficacia o meno delle soluzioni proposte, è probabilmente su questo punto che si concentrano le vere intenzioni del paper: creare un’ulteriore linea di frattura con socialdemocratici e verdi. Il ragionamento dietro l’iniziativa sembra essere di pura sopravvivenza politica. Al momento non si trova un sondaggio che dia la FDP sopra la soglia del 5%: si va dal 3% al 4,5%, niente di più – un dato oggettivamente allarmante che condannerebbe i liberali a un altro giro fuori dal Bundestag, come nel 2013.

Due sondaggi del 5 novembre: uno di Forsa…
… e uno di INSA.

Certo la crisi di popolarità coinvolge anche SPD e Grünen, ma per loro si parla comunque di rilevazioni in doppia cifra. Le attuali leadership di socialdemocratici e verdi dovranno prevedibilmente affrontare un risultato elettorale semicatastrofico, ma nulla in confronto a ciò che attende Lindner se i sondaggi verranno confermati. Lui che 11 anni fa aveva conquistato il partito con la promessa di riportarlo nel Parlamento Federale – e al governo della Germania – e nel frattempo l’ha dominato da signore incontrastato, praticamente senza competizione interna, si trova adesso a lottare disperatamente per non finire spazzato via, come successo alla leadership che ha rimpiazzato. È vero che nelle due tornate elettorali in cui ha guidato la FDP i risultati sono stati eccezionali, i migliori nella storia del partito, ma la politica ha la memoria corta, e dopo un tracollo del genere non può esserci redenzione.

L’unica speranza, per lui, è cercare di recuperare quegli elettori liberali hardcore delusi dall’esperienza del semaforo, e che anzi già agli inizi quando se ne ventilava la possibilità storcevano il naso. Tornare a una radicalità che certo non ti permette di puntare al 10%, ma almeno ti riporta indietro, o almeno dovrebbe, quel pugno fedele di elettori con cui mettere in cassaforte il superamento della soglia del 5%. Per farlo, però, è necessario mettere a repentaglio l’esistenza del governo, un governo a cui molti liberali sono ormai sempre più insofferenti: già dopo il voto a Est numerosi esponenti di primo piano suggerivano fosse tempo di staccare la spina, ed è molto probabile che d’ora in poi nel partito si inizi a ragionare più in termini di opposizione che di maggioranza.

L’effetto ottenuto, quantomeno all’interno del governo, sembra quello voluto.  Saskia Esken, co-leader della SPD, parla apertamente di una “coalizione in fiamme”, e anche dalle parti dei Verdi l’irritazione è fortissima. Decisivo sarà un incontro fra i vertici dei tre partiti previsto per oggi, ma davvero nessuno sa come andrà a finire. Secondo  Markus Söder, capo dei bavaresi della CSU, ormai per il semaforo suonano le campane a morto.

Teoricamente le elezioni saranno fra un anno, a fine settembre 2025. Ma siamo sicuri che la baracca reggerà così a lungo?

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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