BSW – Il partito di Sahra

In una affollata conferenza stampa a Berlino, Sahra Wagenknecht ha presentato ufficialmente il suo nuovo partito – che porta il suo stesso nome.

Alle 13 di lunedì 8 gennaio è ufficialmente iniziata l’avventura del Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit (BSW), il nuovo partito fondato dall’ex leader della Linke Sahra Wagenknecht. Di fronte alla stampa tedesca die rote Sahra ha presentato ufficialmente la sua nuova creatura, insieme ad alcune di quelle che nei piani dovrebbero essere le altre figure di primo piano.

Sahra Wagenknecht. Di fianco a lei, un po’ sfocata, Amira Mohamed Ali. Sullo sfondo, ancora più sfocato, Christian Leye. [Foto: madeinbocholt.de]

Dopo l’uscita dal partito di sinistra e la conferenza stampa in cui aveva presentato il suo movimento, a fine ottobre, Wagenknecht ha così compiuto l’ultimo passo necessario per la fondazione ufficiale del nuovo partito. Soprattutto, è un po’ più chiaro che aspetto avrà questo nuovo partito.

Il volto, ma lo sapevamo già, è sempre quello di Wagenknecht. L’ex campionessa della Linke, dopo qualche reticenza iniziale, ha accettato di guidare il partito. E ovviamente non dimentichiamo la cosa più ovvia: questo nuovo Bündnis porta perfino il suo nome, alla faccia della personalizzazione della politica. Ora abbiamo però anche qualche informazione in più sugli altri volti che faranno parte dell’operazione. 

Alcuni erano già noti, come ad esempio quelli degli altri 9 deputati al Bundestag che hanno lasciato la Linke per seguire Wagenknecht – fra cui spicca il nome di Amira Mohamed Ali, che aveva guidato il drappello parlamentare del partito di sinistra dal 2019 al 2023 insieme a Dietmar Bartsch. I giornali tedeschi in questi giorni stanno però tenendo d’occhio soprattutto due altri nomi.

Il primo è quello di Fabio de Masi, ex deputato della Linke uscito dal partito nel 2022 in polemica con la direzione che, a suo dire, la direzione stava prendendo, e con i “clamorosi fallimenti” di cui si stava rendendo responsabile. Esperto di economia e di finanza, parlamentare europeo dal 2014 al 2017 molto attivo soprattutto nelle commissioni dedicate allo scandalo dei Panama Papers, de Masi ha una discreta presenza social e partecipa attivamente al dibattito pubblico tedesco. La sua vicinanza a Wagenknecht era nota, ma il suo ingresso nel Bündnis ha colto molti di sorpresa: quando lasciò la Linke dichiarò che non sarebbe entrato in nessun altro partito “nel prossimo futuro”. Oggi invece non solo era davanti ai microfoni durante la conferenza stampa di fondazione ufficiale del Bündnis, ma sarà lui a guidare il nuovo partito alle elezioni europee di giugno, insieme all’ex sindaco di Düsseldorf ed ex membro della SPD Thomas Geisel.

Fabio de Masi [Foto: Imago/Panama Pictures]

L’altro nome è quello di Ralph Suikat, imprenditore di Karlsruhe e fondatore negli anni Novanta dell’azienda informatica STP Unternehmensgruppe, produttrice di un fortunatissimo software per i curatori fallimentari. Nel 2016 Suikat ha venduto la sua quota, per parecchi milioni di euro, e da allora cerca cause in cui impegnarsi, possibilmente legate al tema della giustizia sociale, di cui è particolamente appassionato.

L’incontro con Wagenknecht è piuttosto recente, ma – come racconta questo bel profilo dello Spiegel – per la leader del Bündnis Suikat è esattamente il pezzo che mancava per completare il puzzle: un finanziatore che crede nel progetto, un organizzatore che ha esperienza nel gestire organismi complessi, un tesoriere che controlla i flussi delle donazioni mantenendo una visione d’insieme dettagliata e complessiva. 

Sono bastati una manciata di incontri per rendere i due quasi inseparabili. Suikat era al fianco di Wagenknecht durante la conferenza stampa di fine ottobre, quando fu lanciato il progetto, e lei non si stanca mai di ripetere quanto incalcolabile sia l’aiuto che l’ex imprenditore offre con la sua competenza e le sue capacità gestionali. L’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto.

Ralph Suikat [Foto: imago/Bernd Elmenthaler]

Con l’incontro di oggi sappiamo qualcosa di più del Bündnis.

Il vertice sarà composto da un Doppelspitze, un duo di co-leader: a fianco di Wagenknecht ci sarà, come previsto, Amira Mohamed Ali. Il vice è Shervin Haghsheno, docente del Karlsruhe Institute of Technology, mentre il ruolo di Segretario Generale – Generalsekretär, figura centrale e ricca di responsabilità nell’organigramma dei partiti tedeschi – spetta al parlamentare Christian Leye. Per il resto, anche dal punto di vista programmatico, toccherà aspettare fine mese: il primo Parteitag è previsto per il 27 gennaio, e si terrà a Berlino, al Kosmos – un famosissimo cinema all’epoca della DDR. Si attendono almeno 400 persone.

Sono mesi e mesi che da tutte le parti ci si chiede che cosa possa ottenere un partito guidato da Wagenknecht, a livello elettorale. Già dai tempi delle tensioni interne alla Linke, quindi in realtà da parecchi anni, le ipotesi di una scissione e i calcoli sulle eventuali probabilità di successo sono fra gli esercizi teorici preferiti degli analisti politici – e il tentativo poi naufragato di Aufstehen aveva fatto intuire che comunque delle potenzialità interessanti c’erano.

Al momento dell’annuncio, pochi mesi fa, erano circolati sondaggi che davano il Bündnis addirittura al 14%, un risultato pazzesco. Per capirci, è quanto oggi nelle rilevazioni prende la SPD. Naturalmente nelle urne le cose saranno diverse, e l’anno appena iniziato offrirà molte opportunità per testare l’effettivo peso del nuovo partito: è certa la partecipazione alle elezioni europee di giugno, e l’intenzione è di scendere in campo anche nelle regionali a Est, in Turingia, Sassonia e Brandeburgo.

Un punto su cui molti osservatori sono concordi è nel sostenere che almeno un effetto benefico ci sarà: con questa mossa, Wagenknecht riuscirà sicuramente a sottrarre parecchi voti ad AfD. Il suo partito risulterebbe così, nello scacchiere politico tedesco, lo strumento piú efficace per realizzare davvero quel dimezzamento elettorale degli alternativi che altri leader, Friedrich Merz su tutti, avevano promesso innumerevoli volte raggiungendo però il risultato diametralmente opposto. 

Ora, chi sono io per mettere in discussione queste previsioni. Tuttavia devo confessare che a me questa ipotesi non convince granché. Penso anzi che il Bündnis sottrarrà voti, sì, ma agli altri partiti, non ad AfD.

Ragionamoci su un momento. Il fatto che le posizioni di Wagenknecht e di AfD siano sovrapponibili su alcuni temi, temi tra l’altro piuttosto delicati e parecchio sentiti nell’opinione pubblica come quelli dell’immigrazione, della guerra in Ucraina o delle sanzioni alla Russia, non è certo una novità: è un fatto conclamato, tanto che in rete potete trovarci anche gustosi meme. Perché chi già vota AfD dovrebbe spostarsi su un altro partito, molto vicino su certe cose ma distante su altre? Chiaro, qualcuno ci sarà, ma sinceramente non riesco a trovare motivazioni realistiche per gli esodi elettorali di cui molti parlano.

Invece, se c’è una cosa che questi ultimi mesi ci hanno mostrato è che in qualche modo è in atto, in Germania, uno slittamento del discorso pubblico verso destra, soprattutto sul tema dell’immigrazione e dei rifugiati. È anche così che si spiega il mutamento di tono di Olaf Scholz, la sua promessa di rimpatri veloci e su larga scala: secondo numerosi sondaggi la stragrande maggioranza dei tedeschi è con lui, terrorizzata da una “emergenza” che in realtà è solo in parte dovuta al numero degli arrivi, ancora tendenzialmente in linea con gli anni scorsi. Nei fatti questa emergenza non sembra esserci. Cosa c’è, però? Una AfD fortissima, che sfrutta in maniera sapiente e spietata le difficoltà del governo, e ha saputo inserirsi nel mainstream del dibattito pubblico e politico. 

Sappiamo dunque che c’è un sacco di gente, in Germania, che non vota AfD, ma in fondo pensa quelle cose lì, e non gli dispiacerebbe che anche il proprio partito di riferimento sostenesse le stesse posizioni, almeno su quei temi. Cosa li ha bloccati, in passato, dal votare per gli alternativi? Probabilmente ciò che, almeno finora, ha operato come il più efficace tabù della politica tedesca: e cioè il fatto che quelli lì sono praticamente dei nazisti – neo, semi o cripto, come volete chiamarli, ma nazisti. Quindi per definizione invotabili, nonostante l’appeal che possono esercitare.

La discesa in campo di Wagenknecht toglie questa gente dall’imbarazzo. “Non devo più nascondermi: guarda che quello che penso io non lo dicono i nazisti, lo dice lei, che è una paladina della sinistra, anzi della sinistra estrema! Più antinazista di così!”

È questo il motivo per cui sospetto che il Bündnis toglierà più voti agli altri partiti che ad AfD. Perché offre a chi sotto sotto avrebbe voluto poter votare per AfD, ne ha subito e ne subisce il fascino antisistema e ne apprezza alcune posizioni, la possibilità di non doversene più vergognare, di trovare una valvola di sfogo elettorale che non sia macchiata dal lerciume più contaminante della storia tedesca, e di poterla quindi votare senza sentirsi sporchi. Chi vota AfD questo passaggio l’ha già compiuto. Molti che nel frattempo hanno continuato a votare CDU, FDP ma anche SPD e Grünen invece no. 

Ed è soprattutto a loro, temo, che servirà il Bündnis Sahra Wagenknecht.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti