Ha fatto bene Boris Pistorius a rinunciare alla candidatura?

Forse sì

Dopo mesi di ipotesi, parallelismi con la staffetta Biden-Harris, voci di corridoio sempre più insistenti e sondaggi fra l’incoraggiante e il trionfale alla fine Boris Pistorius, il popolarissimo Ministro della Difesa socialdemocratico, ha rinunciato: non sarà lui il candidato Cancelliere della SPD. A correre sarà l’incumbent, il Cancelliere uscente Olaf Scholz.

Olaf Scholz e Boris Pistorius di fronte alla statua di Willy Brandt nella Willy-Brandt-Haus, quartier generale berlinese della SPD. (Foto: Michael Kappeler/dpa)

Alla notizia della rinuncia di Pistorius l’internet si è scatenato, dando il meglio di sé quanto a battute e meme. Di particolare pregio questo contributo del Postillon, magazine satirico tedesco, che rivela di avere in esclusiva la versione non rielaborata del video con cui il Ministro della Difesa ha annunciato la sua decisione.

 Dover fare un passo indietro e rinunciare a candidarsi non è mai una scelta piacevole, ma siamo sicuri che per Pistorius sia stata la scelta sbagliata? In altre parole: non è che, a farsi da parte, Pistorius in realtà ha fatto bene? Non tanto per il partito, l’interesse comune e l’unità della sinistra e tutte quelle robe lì, ma per sé stesso e le sue prospettive future?

La risposta, secondo me, è sì. Ma per capire perché bisogna tenere a mente un paio di considerazioni generali.

Partiamo dai sondaggi. Il Ministro della Difesa è apprezzatissimo dai tedeschi, il che è non solo una eccezione rispetto agli altri esponenti del governo in carica ma lo è ancora di più visto il dicastero che occupa. La Difesa è da sempre una specie di buco nero a cui di solito viene destinato chi gli altri vogliono fare fuori – tanto che i tedeschi definiscono ironicamente quella poltrona uno Schleudersitz, un “seggiolino eiettabile”. Fra finanziamenti ridottissimi, equipaggiamento scadente e spesso inservibile e infiltrazioni di estrema destra, il Ministero è una specie di sfida impossibile destinata al fallimento. I predecessori più recenti di Pistorius non fanno eccezione: a parte il caso di Ursula von der Leyen, salvata da un colpo di genio di Merkel, chiunque sia passato di là è poi sparito, più o meno ricoperto di ignominia.

Per questa ragione la popolarità di Pistorius è ancora più una sorpresa, non semplice da spiegare. Probabilmente molto ha a che fare con il piglio con cui si è messo subito al lavoro dopo la nomina: chiamato a sostituire una fallimentare Christine Lambrecht, protagonista di figuracce, dichiarazioni discutibili ed evidenti manifestazioni di incompetenza, Pistorius si è mostrato da subito molto deciso e risoluto, ad esempio riuscendo già nei primissimi giorni a sbrogliare l’intricata matassa dell’invio dei carri armati Leopard in Ucraina. E proprio la sua posizione verso Kyiv può essere uno dei motivi per cui piace così tanto ai tedeschi, che in grandissima parte la condividono e che in questi anni hanno visto nel loro Ministro della Difesa un contraltare al Cancelliere, percepito invece spesso troppo attendista e titubante.

C’è poi da considerare la tempistica della crisi, e come è cambiata nel corso dei giorni. Come ricorderete la data inziale indicata da Scholz per chiedere la fiducia nel Bundestag era il 15 gennaio: troppo tardi, secondo le opposizioni (e la FDP), ma come spiegato bene qui è il Cancelliere ad avere la prerogativa esclusiva di questa scelta. È però ragionevole ipotizzare che si sia arrivati alla fine alla data del 16 dicembre dopo qualche contrattazione con la CDU, ed è ragionevole ipotizzare che i punti su cui si sia trattato siano stati da un lato la disponibilità da parte dei conservatori ad appoggiare – o almeno non ostacolare – alcune delle misure che Scholz, nella conferenza stampa post-crollo del semaforo, aveva definito “indifferibili”, e dall’altro la garanzia da parte dei socialdemocratici a ricandidare l’attuale Cancelliere, avversario ben meno temibile rispetto a Pistorius. I sondaggi infatti danno ad una SPD guidata dal Ministro della Difesa diversi punti in più, ma la differenza è ancora più rilevante se diamo un’occhiata ai dati relativi ai Direktmandate, i “mandati diretti” con cui gli elettori, grazie al loro “primo voto”, eleggono metà dei deputati del Parlamento Federale. Con Pistorius candidato, la SPD potrebbe puntare (nel computo dei “secondi voti” degli elettori) al 21%: certo un aumento significativo rispetto al desolante 15% a cui sembra destinata, ma comunque un risultato che non le consentirebbe in alcun modo di minacciare la vittoria dell’Union CDU/CSU – al massimo di arrivare seconda, scavalcando AfD. Per i mandati diretti, però, l’impatto sulla stessa CDU sarebbe decisamente diverso. Con Scholz candidato la situazione è questa: a Est, come prevedibile, dominio blu di AfD, a Ovest invece un mare nero a favore dei conservatori.

Fonte: Walhkreisprognose.de

Con Pistorius l’Est resterebbe più o meno uguale, ma l’Ovest cambierebbe parecchio.

Fonte: Walhkreisprognose.de

Uno scenario di questo tipo sarebbe molto pericoloso per la CDU e per il suo capo e candidato Cancelliere Friedrich Merz, perché potrebbe ridurre significativamente il drappello di deputati a disposizione.

Infine, va considerata la situazione dentro alla SPD. Nonostante la crisi di popolarità e i sondaggi disastrosi, la maggior parte delle figure di primo piano ha sempre sostenuto Scholz, anche perché non ricandidare il Cancelliere uscente sarebbe stato un danno di immagine difficile da cancellare. A favore di Pistorius si erano espressi più che altro esponenti locali, ma pochi pesi massimi – se escludiamo un ex leader, ormai però abbastanza dimenticato, come Sigmar Gabriel. A spingere erano soprattutto i deputati al Bundestag, e per un motivo comprensibile: per molti di loro la differenza fra Scholz e Pistorius equivale alla differenza fra essere rieletti o no. Ma tutta la catena dirigenziale dei socialdemocratici è sempre stata chiarissima nel sostenere il Cancelliere uscente, e una scelta diversa avrebbe rischiato di compromettere seriamente la coesione e la compattezza del partito.

Ok, ma allora: detto tutto questo, perché secondo me Pistorius ha fatto bene?

Nello scenario che si delinea è davvero improbabile che l’Union scenda sotto il 30%, rendendo qualunque altro esito che non sia Frederich Merz prossimo Cancelliere virtualmente impossibile. Perché dunque scendere in campo per giocare una partita già persa, e persa anche piuttosto male, in partenza? Con Pistorius candidato, come abbiamo detto, la SPD potrebbe puntare al 21%: che però sono pur sempre 5 punti in meno rispetto al 2021, un risultato in linea con il 20,5% del 2017 che venne vissuto come una catastrofe. Perché bruciarsi così, andando incontro a una sicura disfatta e di fatto precludendosi la possibilità di provarci con un contesto più favorevole?

Da questo passo indietro, invece, Pistorius ha molto da guadagnare. Innanzitutto potrà sempre intestarsi il gesto nobile di aver sacrificato l’ambizione personale in nome dell’interesse del partito e della fedeltà al suo Cancelliere; e poi, una volta che la tragedia elettorale sarà consumata, resterà come uno dei pochissimi – se non l’unico – esponente socialdemocratico da cui ricostruire. Non si vedono infatti potenziali competitor all’orizzonte: la leadership di Saskia Esken e Lars Klingbeil non è particolarmente apprezzata dai tedeschi, e qualcosa di simile si può dire per più o meno tutti i volti noti del partito. Anche quello che sembrava più in rampa di lancio, Kevin Kühnert, si è tolto di mezzo da solo: a inizio ottobre, per motivi di salute, ha lasciato il suo incarico di Generalsekretär della SPD. Un ritorno non è escluso, ma probabilmente non in tempi brevi.

E ci sono diversi modi in cui Pistorius potrà cercare di aumentare il suo appeal negli anni a venire. Non solo sappiamo che, a meno di impatti di meteoriti, invasioni di cavallette o altre piaghe bibliche, Friedrich Merz sarà Cancelliere, ma sappiamo anche, quasi con lo stesso grado di certezza, che il prossimo governo sarà una nuova Grosse Koalition, un’alleanza fra Union e SPD. I numeri, anche se risicati, dovrebbero bastare, e francamente non sembra probabile che altri partiti abbiano chance di sedersi al tavolo delle trattative. Ai Grünen un giro all’opposizione non può fare che bene, anche per rinsaldare un rapporto con la base del partito piuttosto sfilacciato. La FDP, invece, sembrerebbe gradire poter collaborare con Merz Cancelliere, ma quando stai al 3% dove vuoi andare?

In una nuova GroKo Pistorius potrebbe scegliere di restare nel giro dei ministeri, sempre alla Difesa o magari traslocando in un dicastero tradizionalmente più gratificante, come ad esempio gli Esteri. Oppure, perché non farsi un mandato da Ministerpräsident di un Land, ruolo ammantato di grande prestigio, ampie prerogative e spesso usato come trampolino di lancio per chi nutre ambizioni da Cancelliere? Magari proprio nel suo Land di provenienza, la Bassa Sassonia da dieci anni feudo socialdemocratico. Un’ulteriore esperienza da inserire nel cv da candidato, utile soprattutto a ridurre il gap nei confronti del più pericoloso avversario per il futuro, Hendrik Wüst, popolarissimo Ministerpräsident del Nordreno-Westfalia che sembra già destinato a raccogliere lo scettro di leader della CDU – e probabile candidato Cancelliere.

Insomma, il futuro della SPD è tetro, ma quello di Boris Pistorius è decisamente roseo.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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