Cosa significa il ricambio al vertice della Bundeswehr

Come cambierà la politica militare e di difesa della Germania ora che Carsten Breuer è il nuovo capo delle forze armate tedesche?

Da giovedì 16 marzo la Bundeswehr, l’esercito tedesco, ha un nuovo capo – o per usare il titolo ufficiale un nuovo Generalinspekteur, “ispettore generale”, l’ufficiale più alto in grado delle forze armate.

Al posto di Eberhard Zorn, atteso da un pensionamento anticipato, ha assunto il comando il Generalleutnant (Tenente Generale) Carsten Breuer, noto soprattutto per aver guidato il gabinetto di crisi sul Coronavirus della Cancelleria dal maggio 2021 al novembre 2022.

Carsten Breuer (Foto: picture alliance/dpa)

La decisione non è stata affatto una sorpresa. Da tempo Zorn si era ritrovato al centro di numerose critiche, dovute soprattutto alle sue dichiarazioni sulla guerra in Ucraina e sulla capacità di resistenza del Paese occupato. Lo scorso agosto ad esempio il Generale aveva invitato a non sottovalutare la forza militare russa, perfettamente in grado di continuare l’offensiva per molti mesi a venire ed eventualmente anche di aprire un secondo fronte, e al contempo a non sovrastimare le possibilità di contrattacco dell’Ucraina, che a fronte della possibile riconquista di alcune zone non avrebbe avuto a suo parere i mezzi per ricacciare l’invasore oltreconfine. Parole che gli attirarono l’accusa di scarse capacità di analisi da parte dei comandi militari alleati, francamente stupiti da valutazioni ritenute assolutamente inaffidabili – e probabilmente legate, dal loro punto di vista, più a dinamiche di opinione pubblica interna che a un reale assessment dell’arsenale a disposizione di Mosca. Breuer ha dalla sua invece la fama di militare pragmatico ed efficiente, e il suo ruolo nell’unità di crisi per il Coronavirus gli ha dato molta visibilità, tanto da fargli guadagnare il soprannome di General Corona

Zorn ha dichiarato di non avere alcun problema con la decisione, la cui natura politica gli è assolutamente chiara: “di fronte a un nuovo inizio, a volte è molto utile cominciare con facce nuove”.  Ovviamente si riferisce al ricambio al vertice del Ministero della Difesa, dove a metà gennaio Boris Pistorius ha sostituito Christine Lambrecht. Ma con ogni probabilità non si tratta solo di una questione di personale. Ci sono diversi elementi che suggeriscono un mutamento di rotta più radicale, e che dunque la scelta sia politica in un senso più profondo. A partire proprio dall’avvicendamento alla guida del Ministero.

In pochi mesi Christine Lambrecht è riuscita a battere tutti i record di impopolarità per un Ministro della Difesa, impresa tutt’altro che semplice visto quanto poco amata sia la figura nell’opinione pubblica tedesca e i numerosi imbarazzanti precedenti. Tradizionalmente il dicastero è una trappola mortale: da sempre sottofinanziato e alle prese con problemi cronici di budget ed equipaggiamento, ha spesso rappresentato l’ultima fermata per politici ormai caduti in disgrazia prima di una sbrigativa dismissione. Eppure Lambrecht è riuscita a fare peggio dei suoi predecessori, e non era facile.

Va detto però che già all’inizio i segnali non erano incoraggianti. All’epoca dell’assegnazione dei ministeri, era cosa nota che Lambrecht – ex Ministra della Giustizia nell’ultimo governo Merkel – puntasse a un’altra poltrona, ben più prestigiosa: quella di Ministra degli Interni. La nomina di Nancy Faeser è stata per lei un bruttissimo colpo, e l’incarico alla Difesa un risarcimento insufficiente e non particolarmente gradito. La storia di quest’ultimo anno però avrebbe offerto un’eccezionale opportunità di invertire il trend: la guerra in Ucraina ha rimesso le politiche militari e la gestione delle forze armate al centro del dibattito, garantendo una visibilità praticamente senza precedenti nella storia della Bundesrepublik. Un politico esperto e navigato sarebbe riuscito con relativa facilità ad approfittarne per ritagliarsi un ruolo di primo piano e rilanciare con decisione la propria traiettoria; ma Lambrecht – che pure esperta e navigata lo è – sembra non averci neanche provato. Fra una sostanziale inerzia, pessime figure e momenti di surreale incomprensibilità – il suo post Instagram in mezzo ai botti di Capodanno di Berlino è ormai leggendario – l’esponente socialdemocratica ha distrutto con sistematica metodicità ogni minuscolo appiglio che le era rimasto, rendendo le dimissioni inevitabili.

Boris Pistorius è arrivato al Ministero con piglio deciso. Fin da subito si è mostrato molto attivo, e a pochi giorni dalla sua nomina l’ingarbugliata situazione dei panzer da mandare in Ucraina si è sbloccata, con l’annuncio ufficiale dell’invio di carri Leopard 1 e Leopard 2. La nomina di Breuer sembra voler proseguire sulla stessa linea: meno attendismo, meno “cautela” – inviolabile parola d’ordine di Scholz per tutto il 2022 – e più leadership.

Il Generale Carsten Breuer e il Ministro della Difesa Boris Pistorius (Foto: AFP)

Questo certo non significa che d’improvviso la Germania si sposterà su posizioni ultra interventiste, o che sia già pronta ad affrontare il prossimo tema di dibattito – l’invio di caccia, inaugurato giovedì pomeriggio dalla Polonia. Vuol dire però che è lecito aspettarsi un cambio di passo nella gestione della politica militare e di difesa tedesca. E che finalmente, a più di un anno dal celebre discorso con cui Scholz l’aveva annunciata, la Zeitenwende potrebbe riprendere il suo percorso. Pistorius è stato scelto chiaramente con questo scopo in mente, con l’idea di sgombrare il campo dai numerosi dubbi sorti soprattutto fra i Paesi alleati: dubbi legati alla constatazione che al fragoroso proclama di un “punto di svolta epocale” erano seguiti però ben pochi fatti. 

L’invio di armi in Ucraina tuttavia è solo uno degli aspetti in ballo. Pistorius e Breuer saranno direttamente responsabili anche della gestione del famoso Sondervermögen, il “contributo straordinario” da 100 miliardi di euro per la Bundeswehr; e poi c’è da affrontare la questione della riorganizzazione e dell’equipaggiamento dell’esercito, da sempre in condizioni pietose. Senza dimenticare che nel contratto di governo della coalizione semaforo si parla esplicitamente della clausola NATO del 2% del PIL da destinare alla difesa, punto particolarmente dolente su cui – al netto dell’impegno dichiarato – le tempistiche sono ancora tutte da definire.

Insomma, lavoro da fare per Pistorius e Breuer ce n’è parecchio. Ma è ragionevole ipotizzare che da oggi la Zeitenwende sia un po’ meno un annuncio vuoto, e un po’ più una prospettiva concreta.

Edoardo Toniolatti

@AddoloratoIniet

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