Il Bayern Monaco, colosso del calcio tedesco, è la quarta squadra più ricca del mondo, con un valore stimato oltre i 2,6 miliardi di euro e un fatturato di 58,8 milioni.
Anche in termini di popolarità social die Rote (“i Rossi”), come vengono chiamati in Germania, si difendono benissimo, al quinto posto globale con quasi 66 milioni di follower spalmati sui principali social media: 47 milioni su Facebook, 13 milioni su Instagram, 4,5 milioni su Twitter. Le partite del Bayern sono chiaramente un evento molto seguito ovunque, non solo in Germania, da tifosi sparsi in ogni parte del globo.
I supporter dei bavaresi che vivono in Iran, però, venerdì 15 febbraio non hanno potuto seguire in tv l’incontro fra la loro squadra del cuore e l’Ausburg, previsto nella programmazione della rete pubblica IRIB. La trasmissione della partita è stata infatti cancellata.
Le ragioni dietro al provvedimento non hanno nulla a che fare con lo sport: i rigidissimi codici vigenti nella repubblica islamica hanno imposto l’annullamento della programmazione prevista, perché ad arbitrare l’incontro sarebbe stata una donna, Bibiana Steinhaus, e ovviamente una donna in pantaloncini corti non si accorda benissimo con un regime teocratico. Si sarebbe potuto fare come nel caso dei film, in cui solitamente le scene che includono donne non completamente coperte vengono censurate, ma provate voi a escludere in diretta, e senza regia propria, le immagini in cui c’è l’arbitro durante una partita di pallone: un’impresa praticamente impossibile, e si è dunque preferito censurare direttamente tutto l’evento. E così gli appassionati di calcio iraniani non hanno potuto assistere a un match di Bundesliga diretto da una donna.
Non una donna qualsiasi, però: Bibiana Steinhaus è infatti la prima donna ad arbitrare nel massimo campionato tedesco – e in generale nei maggiori campionati europei, battuta a livello globale solo dalla svizzera Nicole Petignat, che nel 2003 diresse un preliminare di Coppa UEFA ma non arbitrò mai in campionati maschili.
Questo pezzetto di storia – magari con la s minuscola, ma sempre di storia si tratta – Steinhaus l’ha scritto domenica 10 settembre 2017, quando è scesa in campo per dirigere Hertha Berlino-Werder Brema, incontro valido per la terza giornata della Bundesliga 2017/2018 e finito con un pareggio, 1-1.
La strada per arrivarci è stata lunga.
Figlia d’arte – anche il padre era arbitro – Steinhaus ha giocato a calcio fino ai 16 anni, per poi passare dall’altra parte della simbolica barricata in una lunga gavetta spesa sui campi delle serie minori maschili e femminili. A vent’anni, nel 1999, diventa ufficialmente arbitro della DFB (Deutscher Fußball-Bund, la federazione tedesca) e inizia a dirigere gare della Frauen-Bundesliga, la serie A femminile, e dei campionati regionali maschili. Con gli anni si afferma sempre più nel calcio femminile tedesco ed europeo, e le vengono affidati incontri prestigiosi anche nella UEFA Women’s Cup – che nella stagione 2008/2009 verrà finalmente e giustamente ribattezzata Women’s Champions League. Parallelamente si fa strada anche nel calcio professionistico maschile: nel 2003 inizia a fare il guardalinee nella 2. Bundesliga, la serie B maschile, e nel settembre 2007 dirige la sua prima partita nel campionato cadetto, una vittoria dell’Hoffenheim sul Paderborn per 2-0. Nello stesso anno inizia a fare il quarto ufficiale (quello che da noi si definisce “quarto uomo”…) in Bundesliga, e l’anno dopo inizia ad arbitrare in coppa di Germania.
Nelle competizioni femminili diventa un punto di riferimento: viene chiamata agli Europei, alle Olimpiadi e ai Mondiali. Ormai il salto finale è inevitabile, e come detto si compie una domenica di settembre del 2017. Non solo: dal marzo 2018 è anche videoassistente per le gare di Bundesliga, ed è dunque fra i responsabili della VAR tedesca.
E anche in questo ambito ha scritto un altro pezzettino di storia sportiva: è stata il primo assistente VAR ad aver segnalato un fallo da rigore dopo il fischio finale del primo tempo.
Il contesto è la partita Mainz contro Friburgo, valevole per la trentesima giornata della stagione 2017/2018. L’arbitro Guido Winkmann aveva giá dato il duplice fischio quando è stato contattato dallo studio VAR guidato da Steinhaus, che gli ha segnalato un fallo di mano in area commesso dal difensore del Friburgo Marc-Oliver Kempf. Winkmann ha visionato i filmati e ha richiamato sul campo i giocatori, già avviati verso gli spogliatoi, concedendo il calcio di rigore al Mainz – che ha poi vinto la partita 2-0.

Essere la prima donna in un mondo prevalentemente maschile non è comunque semplicissimo, e se la figura dell’arbitro non è mai particolarmente amata un’ulteriore difficoltà per un arbitro donna si rivela nella tipologia – diciamo così – di insulti ricevuti quando Steinhaus prende decisioni impopolari. Nel 2015, dopo aver espulso Kerem Demirbay, calciatore del Fortuna Düsseldorf, il diretto interessato ha tenuto a farle sapere che “il calcio maschile non è posto per una donna”, rimediando così una punizione singolare – l’obbligo cioè di arbitrare una partita di calcio femminile. Anche più di recente Steinhaus è stata vittima di attacchi sessisti da parte dei tifosi del Borussia Mönchengladbach, che le hanno dato della Hure (“puttana”) dopo l’annullamento di un gol lo scorso aprile. E come dimenticare il goffo tentativo di Frank Ribery, stella francese del Bayern Monaco, di slacciarle gli scarpini durante una partita di coppa? Uno scherzo, probabilmente, ma la domanda rimane: con un arbitro uomo l’avrebbe fatto?
Anche il famoso episodio in cui Pep Guardiola le mise una mano sulla spalla: sarebbe successo con un arbitro uomo? E non è che l’abbiamo definito “siparietto”, riducendone in qualche modo la rilevanza e la gravità, proprio perché c’era una donna di mezzo?

Il confronto con gli altri mondi calcistici dei principali paesi europei, comunque, rimane impietoso. In Germania il calcio femminile ha grande seguito, le partite vengono anche trasmesse in tv e diciamo che sulle capacità delle donne in quanto a tattica ed analisi non sussistono molti dubbi – tanto che sono sempre più numerose le commentatrici e le telecroniste, nonostante alcuni episodi di autentico odio misogino sui social network. Soprattutto, il calcio femminile è percepito come un’assoluta normalità: le bambine fanno calcio a scuola, e d’estate i parchi si riempiono di gruppetti misti che giocano a pallone, ragazzini e ragazzine.
Se c’è una che però non si sente un simbolo, quella è Steinhaus. È consapevole di essere ancora un’eccezione, per ora, ma ciò che le interessa di più è che quello che per lei è normale, arbitrare una partita di calcio maschile, possa diventarlo per tutti. Il ruolo da pioniera che le è stato inevitabilmente cucito addosso non le piace, ma deve farci i conti: naturalmente la sua prima partita in Bundesliga è stata un evento mediatico.
Già alla seconda, però, la copertura della stampa è stata quella solita, di ogni partita di calcio: come nota in conclusione il bel profilo che le ha dedicato il New York Times, esattamente quello che voleva lei.