Olaf Scholz e i panzer tedeschi in Ucraina

A quasi un anno dal discorso di Scholz al Bundestag sulla Zeitenwende in materia di politica di sicurezza, la Germania invia i primi carri armati Leopard 2 in Ucraina. La decisione è apprezzata dagli alleati, ma dimostra quanta strada la Germania deve ancora fare per cambiare realmente mentalità in tema di sicurezza e difesa.

Dopo forti pressioni da parte degli alleati, il 25 gennaio Scholz annuncia il tanto atteso e necessario invio di carri armati Leopard 2 in Ucraina.

Durante il dibattito al Bundestag, dove ha difeso la sua decisione, il Cancelliere afferma: “È giusto che agiamo strettamente con i nostri partner internazionali per sostenere l’Ucraina, finanziariamente, con aiuti umanitari, ma anche con consegne di armi. Ora possiamo dire che, in Europa, siamo noi e la Gran Bretagna a mettere a disposizione il maggior numero di armi per l’Ucraina. … La Germania sarà sempre in prima linea quando si tratta di sostenere l’Ucraina.” 

La decisione prevede la fornitura di 14 Leopard 2A6, una delle versioni più moderne del carro armato, pari ad una compagnia. Il nuovo ministro federale della difesa Boris Pistorius (SPD) ha annunciato durante una visita delle truppe al campo di addestramento di Altengrabow in Sassonia-Ahnalt che l’obiettivo è che la compagnia promessa dalla Germania possa essere utilizzata in Ucraina alla fine di marzo o al più tardi in aprile. La decisione presa dal Cancelliere va anche oltre, permettendo il re-export dei Leopard presenti nelle forze armate dei paesi alleati in Ucraina. In tal modo paesi come Polonia e Spagna hanno ottenuto il permesso di esportare i panzer tedeschi. 

Tal decisione è però stata presa dopo il via libera statunitense all’invio di carri armati Abrams in Ucraina. La notizia è stata diffusa dal Washington Post la sera del 24 gennaio. La reticenza di Scholz sulla consegna era dovuta al suo ultimatum in merito all’invio proprio dei carri americani, in quanto il suo ragionamento era incentrato sull’evitare la “Alleingang” (letteralmente: andare da soli) tedesca ed agire solo in coordinamento con gli alleati. Secondo le ricostruzioni del Washington Post, l’Amministrazione Biden non era pronta a fornire i propri carri armati all’Ucraina, in quanto avrebbero pesato sulla logistica di Kyiv e sarebbero stati sistemi complessi da spedire oltreoceano in così poco tempo. Tuttavia, il Segretario di Stato Antony Blinken ha sbloccato le remore tedesche promettendo l’invio di 31 Abrams, ma tra diversi mesi, senza quindi specificare una data precisa. Tale compromesso americano ha quindi soddisfatto Scholz che ha dato il via libera la sera stessa.

Foto: Moritz Frankenberg/Associated Press

L’indecisionismo tedesco è stato molto criticato da parte degli alleati, in particolare dalla Polonia che per prima ha addirittura minacciato di inviare i suoi carri Leopard 2 senza il benestare di Berlino. Nonostante gli elogi pubblici, secondo le indiscrezioni uscite sulla Süddeutsche Zeitung anche gli Stati Uniti non hanno apprezzato la strategia di Scholz, in particolare dopo l’annuncio di voler attendere l’invio dei carri statunitensi prima di dare il via libera ai propri. La strategia politica iniziale del governo tedesco era quella di attendere l’invio di tali mezzi da parte di altri alleati, possibilmente con la formazione di una coalizione di stati pronti a consegnare i carri armati e solo successivamente dare il via libera. Considerata la riluttanza tedesca non solo all’uso della forza militare, ma anche all’esportazione dei propri strumenti bellici in teatri di conflitto, la strategia seppur ostruzionista sembra essere in linea con la cultura politica di Berlino. Tuttavia, la comunicazione ufficiale del governo tedesco ha iniziato a fare acqua già prima dell’incontro di venerdì 20 gennaio a Ramstein dove si è riunito lo Ukraine Defense Contact Group della NATO – l’incontro dei vertici militari dell’Alleanza che si riunisce per discutere i prossimi passi da prendere per supportare l’Ucraina. Il 15 gennaio il Regno Unito ha annunciato che invierà una compagnia di 14 Challenger 2, il carro armato in servizio alle forze armate reali. Interpellato sulla questione, il governo tedesco afferma che quando parlava di attendere altri alleati prima di inviare i Leopard 2, intendeva gli Stati Uniti, vanificando le pressioni da parte di Londra. Nei giorni successivi, si moltiplicano i rumors su una coalizione di stati pronti a nuove forniture all’Ucraina che il 19 gennaio si trasformano in realtà con la firma del Tallinn Pledge – o impegno di Tallinn – da parte di Estonia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Repubblica Ceca, Olanda e Slovacchia. Questi paesi si impegnano ad aumentare sensibilmente le forniture di attrezzature militari a Kyiv, compresi i carri armati Leopard 2 (presenti negli stock dell’esercito polacco, ad esempio). 

Le pressioni sul governo di Olaf Scholz sono continuate il venerdì dell’incontro a Ramstein, sia da parte degli altri vertici alleati, sia da parte dei movimenti di piazza ucraini nelle principali città europee. 

Tuttavia, il neo-Ministro Pistorius ha mantenuto la linea della Cancelleria ed ha negato il via libera ai Leopard 2 senza una mossa di Washington. Nel fine settimana seguente anche la Francia non esclude l’invio dei propri carri Leclerc, segno che anche Parigi sembrerebbe voler aumentare la pressione su Berlino. Eppure bisognerà attendere ancora fino alla metà della settimana successiva per vedere la decisione tanto attesa, e solo dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio dei propri carri Abrams. Sembra che alla fine la linea della Cancelleria abbia vinto, ma a che prezzo in termini di credibilità? 

Nei giorni passati diverse sono state le analisi sulle motivazioni dietro a tali reticenze ma persino alcuni analisti tedeschi hanno espresso seri dubbi sulla strategia comunicativa della Cancelleria. 

Ovviamente si parla di Cancelleria perché i partner della coalizione semaforo a Berlino – Verdi ed FDP – sono d’accordo da tempo all’invio di tali sistemi in supporto all’Ucraina. Tant’è che Marie-Agnes Strack-Zimmermann (FDP), attuale Presidente della Commissione Difesa del Bundestag, è da tempo una delle più ferventi critiche del governo in merito alla lentezza decisionale sul tema. Lo stesso vale per il Ministro dell’Economia dei Verdi Robert Habeck che già il 12 gennaio affermava che non avrebbe posto il veto alla Polonia per l’invio dei Leopard 2 in dotazione all’esercito di Varsavia. Il partito leader di coalizione, la SPD, sembra quindi essere il principale problema tedesco. Non solo Scholz, infatti, ma lo stesso capogruppo socialdemocratico al Bundestag Rolf Mützenich si è espresso più volte in modo molto cauto ad ogni nuovo round di armamenti. Tali posizioni gli hanno attirato le colorite critiche dell’ormai famoso ex ambasciatore ucraino a Berlino Andrij Melnyk. 

Ma non c’è solo la cautela dell’SPD come possibile spiegazione. Una ulteriore è da ricercare, secondo alcune analisi lette in questi giorni, nell’elemento culturale pacifista che rappresenta la Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso Scholz più volte ha difeso il suo approccio cauto su tali questioni, affermando come anche il popolo tedesco fosse d’accordo con lui. Da questo punto di vista il Cancelliere ha in parte ragione in quanto  attendere la decisione degli Stati Uniti ha avuto un effetto positivo sull’opinione pubblica tedesca.

La percentuale di chi trova giusto (“richtig”) inviare i carri armati Leopard 2 all’Ucraina, suddivisa per partito. Fonte: ZDF Politbarometer 27.01.2023

Se si guardano i dati precedenti la decisione, i tedeschi non erano nettamente né a favore né contro la consegna dei Leopard 2. Secondo il politologo ed esperto di sicurezza Carlo Masala la decisione degli Stati Uniti ha giocato un ruolo.

Un’ultima tesi è quella delle pressioni esterne. Sempre più spesso negli ultimi anni, specialmente sui temi europei, abbiamo visto la Germania utilizzare un approccio quasi ostruzionista all’inizio per poi cedere sotto il peso di immense critiche e pressioni dagli alleati. Lo abbiamo visto ad esempio durante la pandemia di Covid19 e l’istituzione del cosiddetto Recovery Fund in sede europea.

Da notare infatti che lo stesso problema si è presentato con qualsiasi nuovo sistema d’arma da fornire all’Ucraina. Il processo è sempre lo stesso: prima no di Berlino all’invio, montano le polemiche e le pressioni alleate, Berlino cede e invia dopo che anche gli Stati Uniti annunciano. Ed è notizia degli ultimi giorni che il ciclo è cominciato di nuovo, questa volta con i caccia da combattimento. 

Comunicazione, cautele interne all’SPD, aspetto culturale, pressioni esterne, probabilmente non c’è una risposta unica ma si tratta di un mix di tutto quanto. Dal discorso della Zeitenwende è passato quasi un anno e ad un’osservazione oggettiva l’impostazione in materia di sicurezza e difesa è cambiata moltissimo in Germania. Basti pensare che all’inizio dell’invasione su vasta scala da parte della Russia, Berlino si premurò di mandare 5.000 elmetti a Kyiv, oggi, a meno di un anno, si prepara ad inviare i migliori carri armati tra le file della Bundeswehr. Tale giustificazione viene spesso utilizzata anche nel dibattito pubblico tedesco ed effettivamente è innegabile il cambiamento. Tuttavia, la mancanza di leadership da parte della prima potenza economica dell’UE e della NATO in Europa si fa sentire. Da un certo punto di vista, l’approccio tedesco è molto realistico. Per questioni di sicurezza, gli europei sono in grado di agire solo in collaborazione con gli Stati Uniti. Un problema sia per gli Stati Uniti, in quanto il loro focus ora è sulla Cina, non sulla Russia, sia per l’Europa: nonostante siano passati 9 anni dall’annessione della Crimea siamo tutt’ora impreparati a gestire una guerra nel nostro cortile di casa senza l’aiuto di Washington.

Simone Vona

@vona_simone

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