Friedrich Merz, candidato Cancelliere

Come si è arrivati alla nomina del capo della CDU, e cosa aspettarsi da qui in avanti

Giusto un paio di giorni fa scrivevo da queste parti che la faccenda della candidatura per la Cancelleria tra i conservatori era una questione ancora apertissima, e che Henrdrik Wüst, Ministerpräsident del Nordreno-Vestfalia, si sarebbe probabilmente fatto avanti dopo il voto in Brandeburgo. Naturalmente in sole ventiquattrore sono stato smentito.

Prima Wüst ha ufficialmente rinunciato a correre, dichiarando il suo appoggio al capo della CDU Friedrich Merz; poi il giorno successivo, a mezzogiorno, Merz e Markus Söder, leader della CSU, hanno convocato una conferenza stampa congiunta, in cui è stata data la notizia. La K-Frage dell’Union ha trovato una risposta: a guidare lo schieramento conservatore alle elezioni politiche del settembre 2025 come candidato Cancelliere sarà Friedrich Merz.

Ora che abbiamo un nome restano però alcune domande. Alcune guardano indietro: come si è arrivati a questa decisione? Perché Söder (e Wüst) hanno rinunciato? Altre invece sono rivolte al futuro: che candidato sarà Friedrich Merz? Su cosa punterà per la sua campagna elettorale? E come reagirà la SPD?

Friedrich Merz e Markus Söder (Foto: dpa)

Come si è arrivati alla candidatura di Merz?

La parola d’ordine nell’Union era soprattutto una: evitare un nuovo 2021. Se avete seguito quella campagna elettorale ricorderete l’estenuante telenovela che coinvolse Markus Söder e l’allora capo della CDU, Armin Laschet. Uno scontro a bassa intensità che si trascinò per mesi e che si concluse con la vittoria di Laschet, destinato tuttavia ad essere maciullato in un’elezione che tutti davano per già vinta e che invece consegnò ai conservatori il peggior risultato della loro storia.

Anche stavolta gli ingredienti per una ripetizione di quel pasticcio c’erano tutti. Una vittoria sulla carta scontata, un capo CDU che nei sondaggi non scalda i cuori contrapposto a un leader bavarese più popolare che i tedeschi vedrebbero meglio alla Cancelleria.

C’erano però anche alcune differenze sostanziali.

La prima era il posizionamento politico di Markus Söder. Nel 2021 il capo della CSU era una specie di voce del progressismo moderato, quello che dialogava coi Verdi e si presentava come il vero baluardo centrista contro AfD. Ora invece il Ministerpräsident bavarese si è trasformato in una specie di falco che non perde occasione per gettare fango sul partito ecologista, e giurare che per fare un governo con loro bisognerà passare sul suo cadavere. Un atteggiamento che, in vista delle potenziali trattative che toccherà imbastire dopo il voto del settembre 2025, molti giudicano miope: con ogni probabilità coi Verdi si dovrà trattare, lo dicono i numeri, e precludersi questa opzione già in partenza certo non aiuta.

La seconda riguardava sempre il posizionamento di Söder, ma stavolta quello strategico, interno alla coalizione. Nel 2021 la sua candidatura non aveva solo il supporto del suo partito, la CSU, ma anche di molti esponenti di primo piano della CDU. Stavolta quel sostegno non c’era, e lo si è capito col passo indietro di Wüst. Ritirandosi dalla corsa e invitando ad appoggiare Merz, Wüst ha implicitamente fatto capire a Söder che lo spazio per lui si era virtualmente chiuso. A questo punto non restava che prenderne atto, possibilmente in fretta: e la mattina seguente lo si è fatto.

Perché Hendrik Wüst si è fatto da parte?

Wüst ha dalla sua una cosa che né Merz né Söder hanno: il tempo. Merz ha 68 anni, al tempo delle elezioni del settembre prossimo ne avrà quasi 70, il che lo renderà un candidato Cancelliere oggettivamente piuttosto anziano per gli standard tedeschi. Se non l’avesse spuntata questa volta quasi certamente non avrebbe avuto altre occasioni. Söder è più giovane, certo, ma ha ormai alle spalle due tentativi falliti di strappare la candidatura, e queste cose pesano. Per riprovarci dovrà attendere altri quattro anni, e fronteggiare una nuova ondata di potenziali competitor dentro la CDU – Wüst in testa. Non solo: nel 2028 si vota in Baviera, e a Söder servirebbe tornare ai fasti della CSU oltre il 40% per avere voce in capitolo. I precedenti però non sono incoraggianti, visto che i risultati ottenuti nel 2018 e nel 2023, rispettivamente 37,2% e 37%, vennero interpretati come mezze tragedie. Anche per Söder era o questa volta o arrivederci e grazie.

Wüst invece ha davanti tutto il tempo del mondo. Giovane, in rampa di lancio, apprezzato Ministerpräsident del Land più ricco e popoloso del Paese, può ben permettersi di saltare un giro e arrivare da predestinato al prossimo turno, quando Merz sarà vecchissimo e presumibilmente dalla Baviera non arriveranno minacce credibili. Certo anche lui dovrà affrontare nel frattempo un voto locale, ma il precedente del 2022 lascia ben sperare: due anni fa stravinse con il 35,7%, risultato clamoroso che lo catapultò definitivamente sul palcoscenico nazionale certificandone lo status di uno dei principi designati del partito.

Hendrik Wüst (Foto: dpa)

L’importante sarà evitare il destino di un altro che aveva tutto il tempo davanti: Jens Spahn, l’ex Ministro della Salute ed ex enfant prodige dei conservatori, che qualche anno fa sembrava destinato alla Cancelleria e ora invece si ritrova confinato ai margini della politica che conta. Ma anche da questo punto di vista c’è una differenza importante: Spahn ha dovuto affrontare la più formidabile emergenza sanitaria che si ricordi a memoria d’uomo, una pandemia globale che – condita a uno scandalo sull’acquisto di mascherine di cui si parla ancora – l’ha travolto e sopraffatto. Un’eventualità del genere, a meno di eventi apocalittici, sembra che Wüst se la potrà risparmiare.

E perché Söder ha rinunciato?

Vale quanto detto prima: semplicemente, lo spazio non c’era più. Le circostanze diverse, i rapporti di forza e i posizionamenti nello schieramento conservatore hanno costretto il governatore bavarese al passo indietro, probabilmente per l’ultima volta.

Markus Söder (Foto: Kay Nietfeld/dpa)

“Quello di Ministerpräsident è l’incarico più bello”, aveva detto pochi giorni fa, e quasi sicuramente sarà anche l’unico che gli resta. Durante la conferenza stampa congiunta con Merz è stato molto chiaro nella divisione dei ruoli – “Merz è il capo a Berlino, io sono il capo in Baviera” – ed è praticamente impossibile che accetti di entrare nel governo, visto che una mossa di questo tipo lo costringerebbe inevitabilmente ad essere meno presente nel suo Land, esponendolo a pericolosi attacchi interni. Quindi Söder si ritirerà a Monaco, il suo feudo. E sì, certo, come si dice: meglio regnare all’inferno che servire in paradiso, ma la Cancelleria è il sogno di tutti i politici tedeschi, non importa da dove provengano e che incarico abbiano.

Che candidato sarà Friedrich Merz?

Da certi punti di vista si può dire che il Merz candidato Cancelliere sarà presumibilmente parecchio diverso dal Merz che aveva dato l’assalto alla CDU alcuni anni fa. Il nemico mortale di Merkel, colui che doveva riportare i conservatori chiaramente a destra e dimezzare i voti di AfD ha lasciato spazio a un politico molto più moderato nei toni e nei contenuti, certo non merkeliano nei modi o nei temi ma assai lontano dal radicale spigoloso che prometteva di rivoltare il partito come un calzino. La sua CDU è chiaramente più di destra rispetto a quella di Merkel, ma lui sembra invece aver appreso dalla vecchia nemica l’arte di smussare, tranquillizzare, abbassare i toni. Anche durante la conferenza stampa con Söder si è mostrato piuttosto mite e pacato, attaccando il governo semaforo sì ma senza affondare i colpi, quasi di passaggio. (Governo che tra l’altro non ha neanche bisogno di qualcuno che lo attacchi, visto che stabilisce continuamente nuovi record di impopolarità.)

C’è da aspettarsi che anche la campagna elettorale di Merz seguirà questa traccia. L’imperativo è compattare il centro democratico, senza radicalismi – non a caso Merz ha detto che un’alleanza con i Verdi è da escludere “a oggi”, non precludendo un’eventuale cambio di rotta in futuro: toni molto diversi rispetto a quelli di Söder – né concessioni ad AfD; ed è probabilmente anche per questo motivo che già davanti ai microfoni, a nomina appena ufficializzata, il capo della CDU ha messo in chiaro che non intende impostare la sua campagna sul tema dell’immigrazione. Non si tratta di un’emergenza, ha detto Merz. La questione cruciale è piuttosto quella economica, con la progressiva erosione del benessere del ceto medio e le condizioni difficili in cui versano tante aziende tedesche, grandi e piccole. Sottrarre ad AfD la possibilità di impostare il dibattito, spostandolo su un tema su cui gli alternativi non sono certo credibili come i conservatori, è il primo passaggio necessario per poter giocare in attacco e non doversi chiudere in difesa.

Cosa farà la SPD?

La nomina del capo della CDU produrrà inevitabilmente un effetto domino anche negli altri partiti: una cosa era dover affrontare un candidato Söder, o un candidato Wüst, tutta un’altra trovarsi di fronte il candidato Merz. Un fatto particolarmente rilevante per la SPD.

A livello meramente teorico, Olaf Scholz può sorridere. Nei sondaggi sull’ipotetica elezione diretta del Cancelliere, il capo del governo se la gioca più o meno alla pari con Merz (con alcune eccezioni), che data la spirale di impopolarità è già una buona notizia: con Söder o Wüst invece il distacco sarebbe stato evidentissimo. Ma è all’interno del suo stesso partito, la SPD, che arriva la minaccia più credibile per Scholz. I tedeschi infatti mostrano di apprezzare sempre di più l’attuale Ministro della Difesa, il socialdemocratico Boris Pistorius, candidato preferito con una superiorità schiacciante. E anche nei media inizia a farsi strada con sempre più insistenza l’ipotesi di una candidatura consegnata a Pistorius per tentare di salvare il salvabile. Viene però da chiedersi: c’è qualcosa da salvare? Qualunque cosa faccia, la SPD sembra destinata a una batosta tremenda, il prossimo settembre. Vale la pena sacrificare quello che in altre circostanze potrebbe essere un ottimo candidato e così bruciarlo, senza che in realtà cambi granché?

Boris Pistorius (Foto: bmvg)

Se seguite il basket americano e la NBA avrete familiarità col concetto di tanking: quella pratica delle squadre a fine ciclo, che si liberano tramite scambi dei buoni giocatori che hanno perché ormai non si va più da nessuna parte, e accettano di passare qualche anno in purgatorio, perdendo partite in serie per avere poi, dopo un po’ di tempo, la possibilità di scegliere potenziali stelle ai draft e cominciare lentamente a ricostruire, con l’obiettivo di rimettere insieme una squadra da titolo. Lo si fa per evitare quello che, nella NBA come in tanti altri aspetti della vita, è un destino terribile: rimanere impantanati nella mediocrità, immobili a metà del guado con la testa appena fuori dall’acqua ma senza speranza di arrivare all’altra riva.

Forse la SPD dovrebbe accettare il proprio destino e iniziare a tankare.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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