Il movimento “Fridays for Future” è diventato ormai virale: è difficile non averne mai sentito parlare, altrettanto difficile ignorare come stia crescendo e stia acquisendo sempre maggiore impatto nell’opinione pubblica e anche nel dibattito politico.
Anche in Germania, dove notoriamente il dibattito sull’ecologia è sempre vivo, ci sono state molte adesioni alle manifestazioni studentesche e di conseguenza molte discussioni e anche molte critiche.
Le organizzazioni studentesche sono state da subito permeabili al messaggio di Greta Thunberg – la studentessa svedese ispiratrice di “Fridays for Future” – e le manifestazioni finora hanno avuto una altissima partecipazione: all’ultima di queste ad Amburgo il 1° Marzo scorso hanno partecipato 3000 manifestanti, secondo fonti della polizia, ed era presente la stessa Greta.

Anche gli studenti tedeschi si sono preparati in questi giorni all’evento di venerdì 15 marzo che sarà quello con più partecipanti finora mai organizzato per “Fridays for Future”: coinvolgerà, secondo gli organizzatori locali, circa 10.000 studenti nella sola Francoforte e circa 25.000 in tutta l’Assia.
La settimana scorsa in una conferenza stampa a Wiesbaden (capitale dell’Assia) il portavoce regionale degli studenti (Landesschülersprecher), Johannes Strehler, ha fornito alcuni suggerimenti per il programma della giornata: le prime due ore di lezione di venerdì potrebbero avere come tema il cambiamento climatico, che si cercherà di affrontare nell’ambito della materia di quell’ora. Tra gli esempi fatti: nell’ora di inglese si potrebbe analizzare il discorso di Greta Thunberg all’ONU, in matematica si potrebbero esaminare i dati sull’aumento delle temperature globali.
Durante le ultime due ore di lezione, gli studenti e gli insegnanti potrebbero andare insieme alla manifestazione.
Come prevedibile, le manifestazioni sono nel mirino delle critiche dei partiti conservatori in Germania, principalmente per due motivi: il fatto che gli studenti saltino ore di lezione per manifestare per motivi politici, mentre sarebbero più credibili se manifestassero fuori dall’orario di lezione (CDU), e l’idea che gli studenti vogliano prendere parte alla discussione di un tema complesso che bisognerebbe lasciare agli esperti (FDP).
Ci sono già state svariate risposte su questi due punti sia da parte di Greta Thunberg che da parte delle associazioni degli studenti in vari paesi e anche l’opinione pubblica in Germania sembra in maggioranza sostenere gli studenti e “Fridays for Future”.
Sul primo punto, cioè sottrarre tempo alle lezioni per le proteste, si è già abbondantemente discusso di come la maggior parte degli studenti attualmente non ha ancora l’età legale per votare e di conseguenza non può esprimere una posizione in quella sede. Secondo gli studenti, questo punto è particolarmente rilevante: aspettare il momento del voto per esprimere una posizione di protesta può voler dire perdere anni preziosi, considerata l’urgenza di intervenire al più presto per scongiurare ulteriori rischi e danni all’ambiente continuando con le politiche attuali. Non solo: data la giovane età gli studenti di oggi non hanno potere decisionale nelle sedi politiche, ma saranno loro la generazione che si troverà a convivere con le conseguenze delle scelte di oggi quando saranno adulti. Greta Thunberg ha iniziato la propria protesta inizialmente da sola a Stoccolma, nei giorni precedenti le ultime elezioni politiche (9 settembre 2018), con lo scopo di rendere prioritario per l’agenda politica il rispetto dell’accordo di Parigi sul clima. Per il suo impegno, Greta è stata nominata “Donna dell’anno” per il 2019 in Svezia e si parla in questi giorni anche di una sua candidatura al premio Nobel per la pace.
Il secondo punto è emerso proprio questa settimana, espresso da Christian Lindner, leader di FDP, e tuttora tiene banco nelle discussioni.
L’origine è un tweet di Lindner che più o meno dice: “trovo fantastico l’impegno politico da parte di studentesse e studenti. D’altra parte però da bambini e adolescenti non ci si può aspettare che capiscano già tutti i contesti globali che sono tecnicamente significativi e economicamente fattibili. Questo è un lavoro per esperti.”

Lindner, prevedibilmente, è stato sommerso di risposte: molte critiche, moltissime sarcastiche, alcune anche in accordo sul senso del pensiero ma comunque non sui toni paternalistici.
Come si vede dallo screenshot, alcuni hanno anche provato a ribaltare la prospettiva, parafrasando il tweet di Lindner: “trovo fantastico l’impegno politico di Christian Lindner. D’altra parte però non ci si può aspettare da un politico orientato all’economia che capisca le conseguenze catastrofiche del nostro sistema produttivo, ciò che è ragionevole nel lungo termine e le necessità ecologiche. Questo è un lavoro per esperti”.
Lindner, o il suo staff, ha risposto twittando una spiegazione di cosa intendesse per “esperti” (profis):
“Con esperti si intende non ‘politici’ o ‘adulti’. Ma piuttosto scienziati, ingegneri. Sono loro che devono indicare il modo migliore per proteggere il clima”.
E la risposta degli “esperti” non si è fatta attendere:
12.000 scienziati sostengono “Fridays for Future”: “noi siamo gli esperti e diciamo: la generazione dei giovani ha ragione” – Volker Quasching, professore di sistemi per le energie rinnovabili.
Del resto il consenso scientifico sul tema dei cambiamenti climatici è proprio uno dei punti su cui fa leva “Fridays for Future”: gli scienziati hanno già fornito abbondanti prove e analisi, e hanno consigliato strategie per controbilanciare i danni e evitare le più gravi conseguenze a lungo termine. Adesso toccherebbe alla politica metterle in atto: sottoscrivere e impegnarsi a rispettare gli accordi internazionali è il primo passo.
In Germania “Fridays for Future” è uno tra i molti argomenti di dibattito aperti sull’ecologia, sulla quale la politica si confronta abitualmente.
Alcuni di questi argomenti sono noti anche a livello internazionale, per esempio il Kohlenausstig, cioè l’abbandono dei combustibili fossili stabilito entro il 2038 dalla commissione governativa, che si è pronunciata a gennaio 2019: il percorso è già iniziato con la chiusura di siti di estrazione come quello di Bottrop, nella Ruhr. O anche il cosiddetto Dieselgate o Abgasskandal, che ha sensibilizzato molto l’opinione pubblica sulle emissioni e sulle criticità della governance: recentemente i proprietari di auto Volkswagen con dispositivi truccati hanno registrato i primi successi in tribunale, mentre ancora non è certo come si procederà sul cosiddetto Dieselfahrverbot ovvero il divieto di circolare per le auto diesel nei centri urbani.
Questo a livello nazionale.
A livello locale sono molto vivi i temi della sostenibilità sia nei trasporti che nel settore delle costruzioni immobiliari (in grossa espansione in molte città tedesche), così come sono allo studio nuovi sistemi di gestione dei rifiuti e ci sono continue campagne di promozione di stili di alimentazione a minore impatto ambientale, anche nelle mense.
Per chi volesse iniziare a seguire un nuovo “caso” che nasce come locale ma che è destinato a diffondersi oltre i confini del Land: in Baviera c’è un’iniziativa popolare di raccolta firme con l’intento di proteggere e sostenere le api – “Rettet die Bienen“. L’intento degli organizzatori è far modificare le leggi del Land per proibire l’uso di pesticidi nelle coltivazioni e per proteggere i corsi d’acqua dalla contaminazione di queste sostanze. L’obiettivo è assicurare la fioritura di almeno il 10% dei prati bavaresi. Il sostegno all’iniziativa è già imponente nonostante la raccolta firme sia attiva da pochi giorni: si contano già oltre un milione di firme in meno di una settimana.
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