Quando nei primi anni Trenta del Novecento Mario Fontanella prese armi e bagagli e da Conegliano, vicino Treviso, si trasferì in Germania, probabilmente non immaginava che il suo cognome sarebbe entrato nella storia del Paese in cui aveva scelto di andare a vivere. Quasi quarant’anni sarebbero dovuti passare, e soprattutto sarebbe dovuto comparire sulla scena un altro personaggio: suo figlio Dario.
A Conegliano Mario Fontanella faceva il gelataio nella gelateria di famiglia, fondata dal padre Michelangelo nel 1906 – come raccontò più tardi Dario, da quelle parti o si diventava gelatai o sciatori – e a un certo punto nel 1931 decise di tentare l’avventura al di là delle Alpi, andando a lavorare nel bar di uno zio vicino ad Hannover. Rimase però solo due anni in Bassa Sassonia: già nel 1933 decise di scendere 400 chilometri più a sud, a Mannheim, che col suo clima mite gli ricordava l’Italia. Lì, nelle Planken, le vie centrali dello shopping in città, aprì la sua gelateria Eis Fontanella, e soprattutto mise su famiglia: conobbe la moglie Renate ed ebbe con lei quattro figli, Denise, Enzo, Claudio e Dario.
Dario era l’erede designato, che da adulto avrebbe preso il timone dell’azienda di famiglia, ma intanto viveva e andava a scuola in Italia, ospite di una zia, e tornava su a Mannheim solo durante le vacanze. Un giorno a Cortina d’Ampezzo assaggiò il Mont Blanc, il celebre dolce al cucchiaio a base di castagne, e ne rimase particolarmente affascinato. Pensò che sicuramente qualcosa di simile si poteva fare anche con il gelato. Qualcosa che ricordasse l’Italia, magari nei colori: ad esempio, perché non fare un gelato tricolore, bianco-rosso-verde? Il diciassettenne Dario intuiva di essere sulla strada giusta, e tornato a Mannheim per le vacanze di Pasqua del 1969 si mise al lavoro nel laboratorio di Eis Fontanella.
Proprio come si fa per il Mont Blanc, per dare la caratteristica struttura filiforme allungata Dario provò a usare un utensile da cucina, uno Spätzlepresser – ciò che noi conosciamo come schiacciapatate ma in Germania è utilizzato soprattutto per preparare gli Spätzle, gnocchetti di pasta che di solito si mangiano come contorno conditi col burro. I primi risultati però non furono incoraggianti: passando attraverso i buchi dell’aggeggio il gelato non si manteneva abbastanza solido, e nel piatto di portata rimaneva una specie di pozzanghera di tre colori – pistacchio per il verde, fragola per il rosso, limone per il bianco.
Come fare per evitare che il gelato si sciogliesse quando lo si pressava? La soluzione era riporre lo Spätzlepresser in freezer per un po’ prima di usarlo, in modo che la temperatura sia degli ingredienti che dello strumento rimanesse sempre molto bassa: così facendo la struttura si conservava, ed il gelato restava sodo.
C’era però un altro problema. Quando Dario mostrò la sua creazione a Mario, il padre commentò che “non aveva mai visto spaghetti colorati”. Bisognava tornare in laboratorio, perché l’idea era buona, ma andava sviluppata. O meglio, semplificata.
Perché è vero che niente richiama l’Italia come gli spaghetti, ma bisogna essere precisi: niente richiama l’Italia come un piatto di spaghetti, conditi con salsa di pomodoro e un po’ di formaggio grattugiato sopra. Ecco allora l’idea vincente: spremere del gelato di vaniglia con lo Spätzlepresser per fare gli spaghetti, e “condirli” con del purée di fragole, che normalmente veniva usato per preparare il gelato alla fragola.
Mancava però il parmigiano. Per fortuna, però, era Pasqua, stagione delle uova di cioccolato: Dario corse su in casa e prese dei pezzi di cioccolato bianco rimasti, tornò in laboratorio e li grattugiò sopra il piatto. Era il 6 aprile 1969, ed era nato lo Spaghetti-Eis.

Il resto, come si suol dire, è storia.
Lo Spaghetti-Eis ebbe un successo clamoroso, lo ordinavano in massa sia i clienti tedeschi che quelli italiani – anche se inizialmente non piaceva ai bambini, che volevano il gelato e si vedevano servito quello che sembrava davvero un poco appetitoso (per loro) piatto di spaghetti al sugo. In breve tempo divenne la specialità di Eis Fontanella, e superò rapidamente i confini di Mannheim, tanto che ormai lo si poteva trovare in tutte le gelaterie in qualunque città tedesca. Una diffusione agevolata da quello che, col senno di poi, si rivelò decisamente un errore: Dario infatti non brevettò la sua idea. Per farlo avrebbe dovuto pagare 900 marchi, circa 460 euro attuali: una somma di cui all’epoca, diciassettenne, non disponeva. L’avesse fatto, oggi probabilmente sarebbe multimilionario: non esiste in Germania una gelateria che non serva lo Spaghetti-Eis, i tedeschi lo consumano in quantità industriale nei mesi estivi e addirittura lo si trova confezionato nei supermercati, per poterselo gustare comodamente a casa.


A Dario rimane la gloria, oltre che la gestione di un’azienda di famiglia che comunque continua ad avere grande successo – e che continua a sperimentare: negli ultimi anni Eis Fontanella ha lanciato gelati alla lavanda e al rosmarino, al gorgonzola e al mascarpone.
Il suo nome rimane però inevitabilmente legato alla sua creazione più famosa, che ormai da cinquant’anni in Germania è il gelato per antonomasia.