In Italia, in questi giorni, le prime pagine dei giornali sono occupate dal Salone del Libro di Torino, ma per una ragione poco felice.
Come sicuramente avrete letto, la presenza al Salone dell’editore Altaforte, vicino a Casa Pound, ha spinto Christian Raimo a dimettersi dal ruolo di consulente della manifestazione, e in poco tempo sono arrivate altre defezioni: hanno ritirato la propria partecipazione Carlo Ginzburg e il collettivo Wu Ming, Zerocalcare e la presidente dell’ANPI Carla Nespolo, per protesta contro la presenza di Altaforte – che, ricordiamolo, è anche l’editore scelto da Matteo Salvini per pubblicare il suo libro-intervista.
Naturalmente è infuriato il dibattito, fra chi difende la scelta di Raimo e chi invece sostiene che le circostanze richiedano un surplus di presenza ed impegno – per tacere di chi denuncia una non meglio precisata “vocazione alla censura” da parte della “sinistra”.
Io personalmente una risposta non ce l’ho, ma anche l’avessi non penso che Kater sia il luogo adatto per esporre la propria opinione su questioni di questo tipo. Lo scopo di Kater è raccontare la Germania, al di là degli stereotipi e dei luoghi comuni, e le storie che la rendono tale.
Forse però una storia c’è, che proviene dalla Germania e fa al caso nostro.
Se seguivate Noch4Jahre?, la newsletter che si è occupata delle elezioni tedesche del 2017, conoscete anche i protagonisti principali di questa storia: Björn Höcke e Martin Sonneborn.
Björn Höcke è il leader di AfD in Turingia, e la stampa – tedesca e non solo – se ne è occupata spesso perché è anche il capofila di Der Flügel, l’ala più radicale del partito di destra, quella più nazionalista e più in odore di neonazismo. Höcke iniziò a far parlare di sé un paio di anni fa, quando durante un comizio lamentò che “i tedeschi sono l’unico popolo ad avere messo un monumento alla vergogna nel cuore della propria capitale”, riferendosi al Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, e auspicò per la Germania una “inversione di 180 gradi nella politica della memoria”. Dichiarazioni che, se da un lato misero in imbarazzo la leadership di Frauke Petry, il cui disegno strategico era quello di “ammorbidire” la corrente più intransigente e trasformare AfD in un partito “normale” – o come si dice qui salonfähig, “presentabile” – dall’altro resero Höcke la figura di riferimento per l’ala più estrema, e ne aumentarono inevitabilmente il peso politico. Ora, non serve che vi ricordi che Frauke Petry fu praticamente estromessa dalla guida degli alternativi e ora è fuori dal partito, vero?
Martin Sonneborn è invece il fondatore e – per ora – unico europarlamentare di Die PARTEI, esperimento di partito-satira creato nel 2004 come costola della rivista satirica Titanic, di cui Sonneborn era direttore. L’idea dietro Die PARTEI è quella di mostrare, attraverso proposte volutamente ed esplicitamente assurde, il livello di assurdità toccato spesso dalle forze politiche tradizionali, e svelare con lo strumento della satira le contraddizioni presenti nello scenario partitico ed istituzionale tedesco.
E veniamo al luogo e al tempo in cui si svolge la nostra storia: Francoforte, più precisamente la Frankfurter Buchmesse, la fiera del libro più grande d’Europa – e probabilmente del mondo. L’edizione è quella dell’anno scorso, il 2018, che si tenne fra il 10 e il 14 ottobre.
Fra i tantissimi eventi in programma, uno organizzato per venerdì 12 aveva richiesto un enorme dispiego di forze di polizia: nella Halle 4, infatti, era stata allestita dall’editore Manuscriptum una tavola rotonda sul libro Nie zweimal in denselben Fluss (“Mai due volte nello stesso fiume”), lunga intervista del giornalista Sebastian Hennig proprio a Björn Höcke, con l’esponente AfD invitato a partecipare. Le reazioni furono veementi, e moltissime persone si radunarono davanti alla Halle 4 per protestare contro la presenza di Höcke e il suo significato politico; solo l’intervento della polizia garantì lo svolgimento della presentazione come previsto.
Fra i tanti manifestanti, però, era possibile scorgerne uno in uniforme – ma non un’uniforme qualunque: un’uniforme da ufficiale della Wermacht, l’esercito tedesco durante il nazismo, con in più una vistosa benda sull’occhio sinistro.
Il manifestante travestito era proprio Martin Sonneborn, e il travestimento magari a noi non dice niente, ma ai tedeschi sì, e molto. Sonneborn era vestito da Claus Schenk, conte von Stauffenberg, il capo degli attentatori che il 20 luglio del 1944 cercarono di assassinare Hitler e per questo furono fucilati alla schiena come traditori.
Von Stauffenberg è diventato per i tedeschi un simbolo di resistenza: presentarsi alla presentazione di un libro di un politico in odore di neonazismo vestito così, con quel “costume”, aveva dunque un preciso significato simbolico.

Ora: come dicevo all’inizio, io una risposta alla vicenda del Salone del Libro non ce l’ho, anche se credo che la storia di Martin Sonneborn possa offrire quantomeno uno spunto di riflessione. Io non lo so se abbia fatto bene Raimo, o se abbiano ragione quelli che dicono che proprio perché ci sono i fascisti bisogna essere presenti e non abbandonare il campo; so solo che mi è venuta una gran voglia di andare a comprarmi un travestimento da conte von Stauffenberg.
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