L’Est va a votare

Brandeburgo, Sassonia, Turingia: cosa possiamo aspettarci dalle elezioni locali nei Länder dell’est

Il primo settembre sarà una data importante per i tedeschi, una data che spingerà tutto il paese a guardare a est. Con un occhio al passato e uno al presente, e forse al futuro.

Il passato, in questo giorno, ha un nome ben preciso: Danzica. Il primo settembre 2019, infatti, segnerà l’ottantesimo anniversario dell’esecuzione del Fall Weiss, il piano d’invasione ideato dai nazisti per l’occupazione della città portuale polacca – il cerino che appiccò l’incendio della Seconda Guerra Mondiale.

Il presente, invece, riguarda un evento ovviamente meno tragico, ma in cui c’entra ancora l’estrema destra. Il primo settembre, infatti, si vota per il rinnovo del Landtag (il parlamento regionale) di due Länder dell’est, il Brandeburgo e la Sassonia: e i risultati potrebbero davvero determinare uno sbilanciamento molto rilevante degli equilibri politici a destra – il che tradotto significa: AfD potrebbe diventare forza quasi egemone nella parte orientale del paese.

Gli alternativi vengono da una serie di performance elettorali al di sotto delle aspettative: sconfitti in Baviera e insoddisfatti in Assia, non hanno brillato alle Europee, a cui comunque non avevano dedicato troppe attenzioni. Con la testa erano già da tempo rivolti a est, dove si trovano le loro roccaforti: e queste elezioni locali rappresentano per loro davvero l’opportunità di capitalizzare un consenso che, da quelle parti, ormai non è più una sorpresa.

Già, perché non dimentichiamo che non si tratta solo del Brandeburgo e della Sassonia: a fine ottobre, il 27, si voterà anche in Turingia, un altro Land dove AfD è molto forte e che quindi rappresenterebbe un ulteriore pilastro del dominio azzurro – dal colore del partito – a oriente.

Ma andiamo con ordine.

Il Brandeburgo è un Land davvero particolare.

È la zona che circonda Berlino, ma questo è un eufemismo seriamente riduttivo: parliamo di un’area enorme, il quinto Land per estensione con quasi 30.000 chilometri quadrati, in cui vivono due milioni e mezzo di persone, e che costituisce il grosso del confine tedesco con la Polonia. Un’area in cui il tasso di disoccupazione, a gennaio di quest’anno, era superiore alla media nazionale (6,5% contro 5,3%), e in cui più ci si allontana da Berlino, roccaforte rosso-verde, più i consensi virano a destra.

Attualmente la regione è governata da una coalizione rossa al quadrato, cioè guidata dalla SPD con l’appoggio della Linke. Ministerpräsident è il socialdemocratico Dietmar Woidke, che si ricandida anche per questa elezione e spera di riuscire a conservare la poltrona. Gli ultimi sondaggi, infatti, danno la SPD al primo posto, ma con un vantaggio risicatissimo rispetto ad AfD, di un solo punto percentuale – che secondo altre rilevazioni invece sarebbe addirittura inesistente.

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Sondaggio FG Wahlen, del 23 agosto…
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… e uno di INSA del 27.

Woidke si è già detto disponibile a collaborare con tutti gli altri partiti tranne AfD, e anche la CDU locale ha fatto dichiarazioni simili, evidenziando ad esempio la propria vicinanza ad alcune posizioni dei Grünen, dati al 14% al pari della Linke. una coalizione rosso-rosso-verde potrebbe rappresentare la quadratura del cerchio, ma ottenere i voti necessari non è così scontato: c’è infatti qualche preoccupante precedente.

Alle politiche del 2017, in Brandeburgo il primo partito è risultato la CDU con il 26,7%, ma al secondo posto non c’erano né la SPD, né la Linke né i Verdi: c’era il 20,2% di AfD, che si è riconfermata due anni dopo, alle Europee dello scorso maggio, risultando addirittura primo partito con il 19,9%. Una prospettiva decisamente poco tranquillizzante, soprattutto se si tiene conto di quali sono i vertici di AfD nel Land.

Il candidato Ministerpräsident degli alternativi si chiama Andreas Kalbitz, ed è uno di destra: stiamo parlando di AfD, però, quindi si tratta di uno molto di destra. Kalbitz fa parte della cosiddetta Flügel, “l’ala”, cioè la corrente più radicale e nazionalista del partito, il cui rappresentante più noto è sicuramente Björn Höcke – se non sapete chi è, visto che a breve ci torneremo, potete iniziare a farvi un’idea qui.

Nelle ultime settimane, poi, si è parlato molto di lui perché pare ci sia un gruppo di elettori che davvero non gli sta simpatico: gli studenti.

L’età minima per partecipare al voto del Landtag, in Brandeburgo, è di 16 anni: sono quindi stati organizzati molti incontri con i candidati nelle scuole, per invitare i giovani a prender parte al dibattito. Le risposte di Kalbitz, però, sono parse molto arroganti e intrise di una sufficienza abbastanza fuori luogo, che ha lasciato un’impressione sempre molto sgradevole. Si è sbarazzato con supponenza di domande sulla politica ecologica ed ambientale, e ad uno studente che gli chiedeva cosa ne pensasse di Björn Höcke – a giudizio del ragazzo “piuttosto chiaramente un nazista” – ha risposto sconsolato: “mi dispiace che lei sia così accecato dalla costante propaganda mediatica rossa che le viene somministrata a scuola.”

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Andreas Kalbitz (Foto: Berliner Zeitung/Markus Wächter)

Insomma, un personaggio magari poco raccomandabile ma in grado di far parlare di sé, tanto da aver quasi oscurato gli altri candidati. Ad esempio Ingo Senftleben, uomo di punta della CDU e da quattro anni alla guida dei cristiano-democratici brandeburghesi., che pure ha fatto dichiarazioni decisamente inusuali per un conservatore: favorevole alla politica merkeliana di accoglienza a rifugiati e migranti – una posizione non facile da tenere a est – ha escluso qualunque alleanza post-voto con AfD, ma vede possibile una collaborazione addirittura con la Linke.

È però molto difficile che si riesca a costruire una coalizione di governo senza la SPD: Woidke è ancora una figura popolare ed è piuttosto apprezzato nella regione. Magari per vincere le elezioni non basta, ma certamente aiuta.

Per sua fortuna, qualcosa di simile si può dire anche del governatore della Sassonia, Michael Kretschmer.

Esponente di primo piano della CDU, ha un buon seguito fra gli abitanti del Land, nonostante le circostanze non ideali in cui ha assunto la carica. Kretschmer, infatti, non è stato eletto, ma è subentrato due anni fa a Stanislaw Tillich, che aveva vinto nel 2014 e però aveva annunciato le sue dimissioni nell’ottobre del 2017, dopo il pessimo risultato della CDU nelle circoscrizioni sassoni alle elezioni politiche. In quell’occasione AfD era risultata primo partito, pur di pochissimo, e in qualche modo la Sassonia è col tempo diventata il simbolo della sua dirompente ascesa ad est. Effettivamente provengono da qui tutte le storie più famigerate che in questi anni hanno portato l’estrema destra sulle prime pagine dei giornali: nella capitale è nata ed ha la sua roccaforte Pegida, e sempre in Sassonia c’è Chemnitz, teatro di una tragica vicenda che ha rivelato di quanta tolleranza – se non di vero e proprio tacito sostegno – goda l’estremismo nero nella società sassone.

Chi poi voglia votare molto a destra – senza finire direttamente dalle parti della NPD, il movimento neonazi sempre a rischio scioglimento da parte della Corte Costituzionale – qui può addirittura scegliere: alle elezioni del primo settembre non si presenta solo AfD, infatti, ma anche il Blaue Partei, la formazione creata da Frauke Petry, l’ex leader degli alternativi fuoriuscita dal partito dopo una durissima lotta interna con l’ala più radicale. Petry magari non è Höcke, ma certo neanche una centrista moderata.

Vorstellung blaue Kampagne zur Landtagswahl in Sachsen
Frauke Petry (Foto: Robert Michael/ DPA)

Gli ultimi sondaggi, per la CDU, sono però meno peggio del previsto: il partito del governatore Kretschmer è dato al 31%, contro il 25% di AfD. Tuttavia, anche se i cristiano-democratici si confermassero al primo posto sarebbe difficile andare avanti con la Grosse Koalition attualmente al governo: la SPD è data al 9%, dietro a Linke (14%) e Verdi (10%). Non che si socialdemocratici qui siano una grande potenza: nel 2014 presero il 12,4%, niente di che ma abbastanza per governare con una CDU che però allora sfiorò il 40%. Uno scenario stavolta del tutto improponibile.

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La Turingia, in cui si andrà a votare domenica 27 ottobre, ha invece una singolare peculiarità nello scenario politico tedesco: è l’unico Land governato dalla Linke. A guidare la coalizione rosso-rosso-verde c’è infatti Bodo Ramelow, il primo (e finora unico) Ministerpräsident del partito di sinistra.

Alle elezioni del 2014, infatti, la Linke arrivò seconda dietro alla CDU, ottenendo il 28,2% dei voti a fronte del 33,5% dei cristiano-democratici: uno scenario che rese la formazione del nuovo governo una faccenda piuttosto complicata. Fino ad allora, infatti, in Turingia governava una Grosse Koalition la cui continuazione fu però resa difficile dal deludente risultato della SPD, che si fermò poco oltre il 12%. Entrambe le opzioni possibili – una nuova Grosse Koalition o una coalizione rosso-rosso-verde – avrebbero potuto contare su un totale di 46 seggi al Landtag, con un vantaggio rispetto all’opposizione di un solo seggio. Alla fine, i socialdemocratici scelsero di far decidere i propri iscritti: e l’ingresso nel governo insieme a Linke e Verdi, pur come soci di minoranza, venne approvato da quasi il 70% dei Genossen.

Stavolta sarà probabilmente una corsa a tre: gli ultimi sondaggi danno la Linke al primo posto, con CDU e AfD a contendersi i gradini del podio. Difficile che la SPD riesca a toccare palla: è data costantemente sotto il 10%, superata anche dai Verdi.

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Un sondaggio di fine luglio, a cura di Infratest dimap
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… e uno di fine agosto, raccolto da INSA.

Anche qui si presenta il movimento di Frauke Petry, ma il candidato di punta di AfD è il diavolo in persona: proprio quel Björn Höcke capofila dei nazionalisti e ormai uno dei volti più riconoscibili – nel bene ma soprattutto nel male – del partito. Improbabile che Höcke vinca, naturalmente, visto che anche da queste parti con gli alternativi nessuno vuole dialogarci e una coalizione sarà sicuramente necessaria: ma per lui sarà probabilmente un’occasione per testare il suo peso elettorale in una competizione di primo piano, e per provare finalmente a prendersi definitivamente il partito.

 

In conclusione, questa tornata elettorale potrà fornire qualche risposta ad alcune delle questioni più rilevanti dello scenario politico tedesco attuale. Ci dirà se a trent’anni dalla caduta del Muro c’è ancora una profonda divisione fra le due ex-Germanie, certificata dall’egemonia della destra in quella che un tempo era la DDR, o se la CDU riuscirà a tenere botta nonostante l’intricata fine dell’era Merkel; ci dirà se l’ondata verde che ha sommerso la Baviera e l’Assia lambirà anche le coste orientali, o se la SPD riuscirà a rialzare anche solo timidamente la testa in un periodo in cui, ancora senza una chiara leadership, è alla disperata ricerca di un’identità definita e riconoscibile.

Ma ormai ci siamo quasi, basta aspettare qualche giorno.

 

Edoardo Toniolatti

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