Chemnitz, Sassonia

L’avanzata dell’estrema destra in un Land che rappresenta tutte le questioni aperte di una riunificazione ancora incompiuta.

Marx
[Matthias Rietschel/Reuters]
Chemnitz è la terza città per ordine di grandezza del Land orientale della Sassonia, vertice basso di un triangolo rovesciato con Lipsia e Dresda e a poca distanza dal confine con la Repubblica Ceca. Diventata un importante centro manifatturiero nel diciannovesimo secolo, ospita un bel museo dell’industria, ma è nota più che altro per il grosso testone di Karl Marx che ne orna la centrale Brückenstrasse – non va dimenticato infatti che il nome della città durante il periodo della DDR era Karl-Marx-Stadt.

In questi giorni, però, si parla di Chemnitz soprattutto per le violenze seguite a un omicidio avvenuto domenica e di cui sono accusati due immigrati, uno siriano e l’altro iracheno.

Secondo quanto si legge nelle ricostruzioni, verso le 3 di domenica mattina una rissa è terminata nel peggiore dei modi, con la morte di un trentacinquenne tedesco e il ricovero di altri due uomini feriti gravemente. La polizia ha fermato i due sospetti colpevoli, un ventunenne iracheno e un ventiduenne siriano: e la notizia ha scatenato la reazione dell’estrema destra, con la sezione locale di AfD – Alternative für Deutschland – che ha prontamente organizzato una manifestazione spontanea “a difesa dei cittadini tedeschi” e che ha portato un centinaio di persone per strada. A questo gruppo si sono però aggiunti quelli di Kaotic Chemnitz, uno dei sottogruppi ultras a sostegno della squadra di calcio locale (il Chemnitzer FC, che però da tempo cerca di distanziarsi da questi tifosi) noti per un posizionamento politico piuttosto radicato nel campo neonazista. Il corteo ha rapidamente raggiunto il migliaio di partecipanti, e si è trasformato in una vera e propria caccia all’immigrato che la polizia ha avuto grande difficoltà ad arginare, tanto da dover chiedere l’invio di rinforzi da Lipsia – arrivati comunque in ritardo.

Nei due giorni successivi, sono stati organizzati altri cortei da parte dei gruppi di estrema destra e contromanifestazioni antifasciste in risposta, in un clima di altissima tensione che ha portato a violenti scontri sedati a fatica dalla polizia, e con un bilancio finale di numerosi feriti (soprattutto immigrati, minacciati e colpiti dai neonazisti) e parecchi arresti, fra cui dieci accusati di aver proteso il braccio nel saluto hitleriano – proibito per legge in Germania. E non è detto che sia finita.

Questa ondata di violenza ha preso un po’ tutti di sorpresa: certamente le forze dell’ordine, che si sono rivelate del tutto impreparate a gestire la situazione. Tuttavia, che la destra estrema sia ormai da tempo in grande crescita in Sassonia non è propriamente una novità.

Da queste parti è nato Pegida (Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes, “Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente”), il gruppo xenofobo che da anni ormai organizza cortei quasi settimanalmente soprattutto a Dresda, e che è di nuovo balzato agli onori della cronaca nelle settimane scorse: durante una manifestazione, una troupe della rete televisiva ZDF è stata minacciata da uno dei partecipanti e addirittura bloccata su sua segnalazione dalla polizia, e poi si è scoperto che l’uomo lavora per il Landeskriminalamt (l’Ufficio della polizia regionale) della Sassonia come revisore dei conti, e ha dunque accesso ai dati sensibili di tutti i cittadini del Land.

Un Land in cui, tra l’altro, AfD è andata benissimo alle elezioni di settembre scorso: qui è stata eletta con mandato diretto l’ex leader Frauke Petry – che però ha lasciato il partito prima dell’inizio della legislatura – e in generale gli “alternativi” hanno fatto davvero il botto, risultando addirittura in testa davanti alla CDU nel calcolo degli Zweitstimme, il “secondo voto” di cui dispongono gli elettori tedeschi e che va al partito di preferenza (mentre il “primo voto”, l’Erststimme, è riservato ai candidati da eleggere con mandato diretto).

E Chemnitz non fa eccezione: anche qui AfD alle stelle, dietro alla CDU per poco più di mezzo punto percentuale nel computo degli Zweitstimme.

Voti
Chemnitz è il distretto elettorale 162: CDU al 24,9%, AfD subito dietro al 24,3%.

La Sassonia, insomma, come avanguardia dell’estrema destra tedesca, che in tutta la zona est del Paese è passata da una fase di costruzione del consenso a vero e proprio consolidamento elettorale.

Eppure le parole d’ordine dei movimenti xenofobi, come Pegida e AfD, qui non dovrebbero trovare terreno fertile: come mostra questa immagine elaborata da Cas Mudde, studioso di populismi politici, l’ex-Germania Est è proprio l’area in cui la presenza degli immigrati è decisamente minore rispetto al resto.

Mudde
A sinistra le zone in giallo, quelle a minore presenza di immigrati; a destra le stesse zone in blu, quelle dove AfD ha ottenuto più voti.

È forse questo il segnale più evidente del fatto che la spiegazione “razzista” del sostegno ad AfD, e a formazioni analoghe, è troppo semplice, superficiale ed univoca. Certo, i movimenti estremisti semplificano il messaggio a loro volta creando capri espiatori e nemici di comodo, ma soprattutto a est rimangono aperte molte delle questioni di una riunificazione nazionale che, da molti punti di vista, deve ancora avvenire, e che continua a far sentire gli Ossis – quelli dell’Est – tedeschi di serie B rispetto ai loro vicini occidentali, i Wessis. E non si tratta solo di una faccenda economica: è vero che a Est si trovano le aree più povere della Germania, con un tasso di disoccupazione molto più alto rispetto al resto del Paese, ma è soprattutto evidente che per molta gente, in queste zone, la riunificazione ha anche comportato il venir meno di un vero e proprio orizzonte di comprensione, di quella che in filosofia si chiama Weltanschaaung (“visione del mondo”), e ne ha “imposto” un’altra con cui ancora si fatica a familiarizzare. È come se rimanesse una profonda diffidenza, fra l’altro reciproca: rivelatore, ad esempio, un bellissimo reportage apparso sul settimanale  Spiegel a luglio dell’anno scorso, di Jochen-Martin Gutsch – nato a Est ma ormai da molto tempo residente a Ovest – che è tornato a fare un lungo giro nei luoghi dell’infanzia, per scoprire una realtà in qualche modo ancora “orfana” del sistema comunista.

Reportage che ha un titolo profondamente significativo: Fernost, “estremo oriente”.

 

Edoardo Toniolatti

@AddoloratoIniet 

7 pensieri riguardo “Chemnitz, Sassonia”

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