Ostalgie

La mancanza di una Germania Est che, forse, non è mai esistita

Il fenomeno della Ostalgie è uno dei più particolari della cultura tedesca contemporanea, e comprenderlo aiuta a capire meglio alcuni aspetti che, seppur silenziosi, agiscono nella vita pubblica della Germania. 

La parola nasce dall’unione dei due termini Ost, “est”, e Nostalgie, “nostalgia”, e indica appunto la nostalgia verso la vita in Germania est, la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), la parte di Germania che, durante la Guerra Fredda, faceva parte del blocco sovietico. 
Il termine Ostalgie ha iniziato a diffondersi nei primi anni Novanta, a seguito della caduta del muro di Berlino e alla riunificazione della Germania, basti pensare che nel 1993 la Gesellschaft für deutsche Sprache inserì Ostalgie fra le dieci parole più rappresentative dell’anno appena trascorso. 
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il concetto non esprime necessariamente una sorta di mancanza verso la Germania comunista, con il suo sistema politico e la separazione dal mondo occidentale. Si tratta di una dinamica che, sicuramente, può essere presente tra gli “ostalgici”, ma che non rappresenta tutto il fenomeno dell’Ostalgie, che più che un’idea politica esprime prima di tutto un sentimento.
 
Ma come si è potuto sviluppare un sentimento del genere proprio nei primissimi anni dell’unificazione tedesca? In effetti, gli anni seguenti la caduta del Muro furono, in Europa e nel mondo, caratterizzati da un’attitudine entusiastica verso il futuro, pieni di un ottimismo che pervadeva molti aspetti della vita. E’ chiaro quindi che in Germania, ovvero il Paese dove la separazione tra Est e Ovest del mondo era stata vissuta in maniera più netta, questi sentimenti fossero ancora più forti (ricordo che una mia coetanea tedesca, nata nel 1991, mi disse di considerarsi nata “nel miglior periodo possibile”… un giudizio che oggi forse molti giovani europei non condividerebbero).
 
Ma la Germania riunificata portava a coesistere persone provenienti da entrambi i diversi sistemi; le frizioni quindi furono forti, e le contraddizioni emersero drammaticamente. La riunificazione, infatti, fu vissuta da molti cittadini dei Länder orientali come un sostanziale inglobamento dell’ex Germania est nella Germania Ovest, la Repubblica Federale Tedesca (che, a riprova di quest’impressione, non cambiò il suo nome, mantenendolo anche per la Germania riunificata). L’Ostalgie, quindi, esprime prima di tutto il senso di perdita avvertito dai tedeschi orientali, che si trovarono in alcuni casi a sentirsi stranieri in quello che era però, dopo tutto, il loro Paese. L’unificazione portò anche alcuni pregiudizi sui cittadini dell’ex DDR, vittime talvolta di discriminazioni a causa dell’attribuzione di uno status culturalmente ed economicamente inferiore (è in questi anni che si diffonde il termine ossi, spregiativo per chi abita ad est).
 
Tutto il sistema sociale su cui si basava la DDR si sfaldò in poche settimane, in una sorta di rovescio della medaglia della riunificazione e dell’apertura di un mondo nuovo per i tedeschi orientali. Insieme con i vantaggi, si presentò a est anche la perdita di sicurezza: l’aumento della disoccupazione, il forte cambiamento (e in molti casi la diminuzione) del welfare e la perdita di importanza delle aziende e delle realtà orientali furono importanti elementi nell’alimentare la Ostalgie. Oltre 2,3 milioni di tedeschi si trasferirono da est a ovest nei primi dieci anni di unificazione (oggi i tassi di disoccupazione vanno uniformandosi, ma quello orientale rimane del 40% circa superiore a quell’ovest). A causa degli enormi cambiamenti, e al senso di perdita e alle umiliazioni (vere o presunte) subite dall’ovest, nell’ex Germania est aumentarono i casi di persone che lamentavano disturbi psichici o fisici a seguito della caduta della DDR, e furono persino creati centri specializzati nel trattamento di questa sorta di “shock culturale”. Come sintetizza un documento prodotto da uno di questi centri, il CJD di Erfurt, “c’erano anche persone che nella DDR si sentivano bene”, e che non hanno retto la perdita repentina di un sistema di riferimento in cui erano a proprio agio, alimentando quel es war nicht so schlecht, non era così male, alla base dell’accezione più “politica” della Ostalgie. Questi cambiamenti radicali, e tutto il dissidio tra l’ottimismo per il futuro e il trauma della perdita di un mondo, sono ad esempio oggetto del film Goodbye Lenin, con la sua utile rappresentazione dei turbolenti mesi della Wiedervereinigung.
 
Al di là di questi aspetti particolarmente drammatici, la Ostalgie ha anche sfumature che l’hanno resa un fenomeno di costume e, per certi versi, pop. Oggetti di uso comune e quotidiano, scomparsi dopo la riunificazione, sono diventati ad esempio vere e proprie icone di un mondo ormai scomparso. E’ il caso della Trabant, storica automobile molto in voga nella DDR, della Nudossi, una sorta di equivalente orientale della Nutella, o della Vita-Cola, emulazione socialista della bevanda più famosa del mondo. Alcuni oggetti celebri della vita in Germania Est sono esposti al Dokumentationszentrum der Altags Kultur der DDR, situato a Eisenhüttenstadt, o vengono venduti alla Ostpro Messe, la fiera di Berlino dove si possono trovare oggetti orientali, frequentatissima dagli ostalgici. Ci sono persino casi di prodotti che, scomparsi dopo la riunificazione, sono poi riapparsi sul mercato proprio sfruttando questa ondata di improvvisa notorietà.
 
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La Trabant esposta al Museo della DDR di Berlino (Foto: DDR-Museum)
È chiaro che l’aspetto di costume della Ostalgie può unirsi a quello più storico-sociale (ricordo ad esempio che, studente a Jena, andavo a volte in una trattoria dove persino le posate recavano ancora incisa la sigla DDR e i proprietari, due anziani coniugi, ci tenevano a dire che lì dentro nulla era cambiato). In moltissimi casi, però, rimane una rievocazione fine a se stessa e quasi goliardica, come dimostra il fatto che ancora oggi in Germania si organizzano party a tema DDR, con tanto di poster dell’epoca alle pareti e partecipanti travestiti da Honecker (ultimo segretario del Sozialistiche Einheitspartei Deutschland, lo storico partito di governo della DDR).
 
La Ostalgie, dunque, è un fenomeno complesso, che pur limitandosi in molti casi a un culto estetico-stilistico del passato, può nascondere talvolta anche motivazioni più profonde di stampo politico, sociale e storico. Bollarla come un sentimento di semplice rifiuto verso la modernità, come si fece talvolta nel dibattito degli anni Novanta, non aiuta a comprenderla, né a mettere in luce le istanze alla radice. Indubbiamente l’Ostalgie, con il suo guardare a un passato controverso, e demonizzato in ogni suo aspetto dopo la caduta del muro, può avere una funzione autoriflessiva, utile per la comprensione dei tedeschi della loro storia e della loro cultura (e per la comprensione della Germania per gli esterni). Basti pensare che nel 2011 uno studio della Bundeszentrale fur politische Bildung, intitolato “Storia della DDR”, evidenziava come tra i tedeschi ex orientali solo il 3% degli intervistati giudicava la Repubblica Democratica una realtà assolutamente negativa, il 32% riteneva che gli aspetti positivi superassero quelli negativi e addirittura il 49% aveva un giudizio positivo. Tra gli ex tedeschi dell’Ovest, invece, le percentuali si capovolgevano. Ancora, nel 2009 un sondaggio fatto per conto del Land occidentale del Baden-Württemberg (apparso su Zeitschrift für die Praxis der politische Bildung, Politik & Unterricht) mostrava che ben il 41% degli ex cittadini della Germania est negava che in essa si vivesse “fuori dallo stato di diritto”, e il 25% rispondeva “solo parzialmente”. Questi dati, seppur con i limiti intrinseci dei sondaggi, mostrano dinamiche significative nel modo in cui i tedeschi guardano in maniera differente alla loro storia a seconda della loro provenienza, anche decenni dopo la caduta del muro (e ci si potrebbe chiedere come sarebbero state invece, quelle percentuali, negli anni immediatamente seguenti).
Probabilmente, in molti casi l’oggetto della Ostalgie è una DDR che non è mai esistita (una dinamica del resto presente in tutte le forme di mancanza del passato), ma essa, nel suo ricordare un sistema alternativo rispetto a quello attuale, può farsi anche strumento di riflessione sul presente. Di sicuro, il mito della vita nell’ex Germania est si è alimentato anche a causa della difficoltà di adattamento e della perdita di punti di riferimento vissute dai cittadini orientali durante la riunificazione, traducendosi in alcuni casi in una rilettura, attendibile o meno, dell’esperienza della Repubblica Democratica. Non va dimenticato, infine, che la realtà della Germania Est era quella di uno Stato dove la politica pervadeva molti aspetti della vita: in un contesto del genere, la tensione ideale costituiva una parte rilevante della vita dei suoi cittadini, tanto per i devoti del socialismo reale che per coloro che vi si opponevano. La democrazia occidentale, con la sua forte separazione tra pubblico e privato, è forse sembrata ad alcuni una dimensione quasi “nichilista” e quindi non motivante, in un meccanismo simile a quello rappresentato in una delle ultime scene del film Le Vite degli Altri, quando l’ex ministro Hempf (interpretato da Thomas Thieme), qualche mese dopo la caduta del muro, esclama: “Di cosa scrivere nella Germania Federale? Non c’è più fede politica, più niente contro cui ci si possa ribellare. Com’era bella la nostra DDR. Molti cominciano a capirlo ora”. 

 

Luigi Daniele

@luigi_daniele 

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