Dal 28 gennaio scorso la coppia di vertice alla guida di AfD non è più una coppia.
Le dimissioni di Jörg Meuthen, diventato negli ultimi anni capofila dell’ala moderata del partito, hanno lasciato il solo Tino Chrupalla nel ruolo di leader, in vista del congresso di giugno in cui le cose si sarebbero dovute chiarire. Molte erano infatti le questioni aperte, e non solo dal punto di vista organizzativo. Una in particolare, l’eterna domanda che risuona da quelle parti: che fare con la cosiddetta Flügel, l’ala più estrema e radicale ufficialmente disciolta ma ufficiosamente ancora viva, vegeta e parecchio influente nel partito?
Alle questioni organizzative il congresso di giugno, tenutosi lo scorso fine settimana a Riesa, vicino a Dresda, ha dato almeno una risposta chiara. Un leader solo non va bene, ci va uno Spitzenduo: e oltre alla riconferma di Chrupalla è arrivata l’elezione di Alice Weidel, ormai da tempo uno dei volti più noti fra gli alternativi. Chrupalla, che appartiene all’ala radicale ed era stato sfidato dal moderato Norbert Kleinwächter, è stato rieletto con il 53% dei voti – non certo un plebiscito, anzi, un segnale delle dure critiche rivolte alla sua leadership negli ultimi mesi. Anche Weidel fa parte della corrente più di destra, e si è imposta contro l’eurodeputato Nicolaus Fest.

Il rinnovo della dirigenza segna un punto a favore dei radicali nella guerra ormai costante e ferocissima fra loro e i moderati, sempre meno a proprio agio in un partito decisamente indirizzato neanche a destra, proprio a destrissima. Aver ottenuto il controllo della dirigenza non implica tuttavia che i radicali possano ora abbassare la guardia e tirare un po’ il fiato: c’è già una nuova minaccia all’orizzonte. Minaccia che però non proviene dal fronte moderato, bensì dall’altra parte – dal fronte ancora più radicale. E lo si è capito benissimo domenica, secondo e ultimo giorno di congresso.
Sbrigate il sabato le questioni organizzative e di personale, con la nomina del nuovo Spitzenduo e del Bundesvorstand (anch’esso dominato dalla corrente radicale), la domenica doveva essere destinata a temi e contenuti più propriamente politici, con la discussione di mozioni e l’approvazione di un programma.
Una mozione in particolare ha catalizzato l’attenzione. Dedicata soprattutto all’Europa e ai temi di politica estera, la mozione suonava ancora più estrema rispetto agli attuali punti programmatici sostenuti dagli alternativi. Non solo l’uscita della Germania dall’UE, ma la dissoluzione stessa dell’Unione e delle sue istituzioni, BCE in testa, con il ritorno a una robustissima difesa dei confini anche attraverso la costruzione di barriere fisiche, un po’ tipo il muro di Trump. Non solo critica al “politicamente corretto” ormai imperante, ma vere e proprie tesi complottiste che vedono la popolazione europea destinata addirittura a un “programma rieducativo”, naturalmente imposto dall’alto da “globalisti” e “élite” distaccate dalla realtà. E ovviamente non poteva mancare l’elefante nella stanza, l’Ucraina: “un conflitto” secondo la mozione, mica un’invasione, quandomai. Soprattutto, bisogna evitare a qualunque costo l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, e ritornare a buoni rapporti con la Russia, con la fine delle sanzioni e la riesumazione del gasdotto Nord Stream 2.
I toni e i contenuti della mozione hanno suscitato le perplessità di più di un delegato. Alcuni hanno fatto notare come adagiarsi in maniera così grossolana sulla propaganda russa, replicandone stilemi e vocabolario, avrebbe potuto rappresentare un boomerang comunicativo; e la stessa Alice Weidel ha suggerito di non votare sulla mozione, ancora troppo “grezza” e politicamente quasi impresentabile. L’atmosfera si è fatta via via più tesa, con gli uni ad accusare gli altri di voler evitare il voto con mezzucci sleali, e gli altri ad accusare gli uni di far solo proposte assurde e caricaturali, fatte apposta per confermare l’immagine di pazzi neonazisti dipinta dai giornali. A salvare – si fa per dire – la situazione è arrivato provvidenziale un nuovo ordine del giorno, suggerito da un delegato e subito approvato dall’assemblea: chiudere anzitempo il congresso, senza ulteriori votazioni né discussioni.
Un esito da certi punti di vista inaspettato, visto che come detto il sabato aveva certificato l’omogeneità della nuova dirigenza, tutta schierata da una parte. Comprensibile tuttavia se teniamo a mente chi figurava fra i proponenti della famigerata mozione. Molti esponenti del campo radicale, fra cui lo stesso Chrupalla e il decano ed ex-leader Alexander Gauland, ma soprattutto l’oratore che l’ha presentata e sostenuta in un appassionatissimo intervento durante l’assemblea. Un deputato del Parlamento regionale turingiano, e che se leggete Kater ormai avrete imparato a conoscere molto bene. Björn Höcke.

La fine anticipata del Parteitag ha fatto capire chiaramente che una nuova fase della battaglia è appena cominciata, e soprattutto che l’inerzia è tutta dalla parte di Höcke e i suoi. L’opinione di molti osservatori è che da questa frenetica domenica la leadership di Chrupalla e Weidel sia uscita molto indebolita, e l’influenza di Höcke invece tremendamente rafforzata, tanto che anche fra gli stessi delegati alcuni si sono detti convinti che “il vero capo” sia lui – magari non adesso, non subito, ma certamente fra un paio di anni, quando si tratterà di rieleggere lo Spitzenduo. E Höcke un piano sembra averlo: parte della mozione presentata prevedeva infatti anche la creazione di una “Commissione per l’elaborazione di una riforma strutturale del partito”, con l’obiettivo di rafforzare la base a scapito della dirigenza e di coltivare la partecipazione giovanile, temi a cui il deputato turingiano lavora da tempo e che gli fornirebbero già una efficace base programmatica per tentare l’assalto. I tempi sarebbero maturi, insomma, per la definitiva höckizzazione di AfD.
Se Chrupalla e Weidel escono dal congresso indeboliti, va tuttavia compreso che questa loro debolezza ha radici e motivazioni diverse.
Chrupalla fa parte della corrente di Höcke, è uno dei suoi, ma gli eventi di domenica hanno mostrato in maniera inequivocabile che è lì solo come proxy, per procura. Chrupalla è leader solo in virtù dell’appoggio di Höcke, se conta qualcosa è solo perché Höcke glielo ha concesso. Se trovate una definizione più efficace di “utile idiota” fatemelo sapere, perché a me non ne vengono in mente altre.

Weidel invece è in una situazione diversa, e probabilmente più precaria. È vero che anche Weidel è parte dell’ala radicale, ma lo è in modo molto meno pronunciato rispetto ad esempio a Chrupalla. Non dimentichiamo che Weidel era a favore dell’espulsione di Höcke dal partito, anni fa, e cambiò idea dopo aver stretto con il campo del turingiano una specie di patto di non aggressione, forse proprio per non trovarselo di fronte come ostacolo lungo la scalata al vertice. I fatti di domenica però sembrano suggerire che questo patto non regga più: ed è impossibile non collegare il destino di Weidel con le parabole di altri due leader che l’hanno preceduta, cioè Frauke Petry e Jörg Meuthen. Entrambi erano stati protagonisti della stessa sceneggiatura. Si erano appoggiati all’ala radicale per far fuori la leadership moderata e prendere il suo posto; poi avevano progressivamente iniziato a spostarsi anche loro su posizioni più moderate, sostenendo la necessità di rendere il partito più “presentabile”, solo per finire spazzati via da quella stessa corrente radicale che avevano sfruttato per arrivare in cima.
Tutto lascia sospettare che anche per Alice Weidel si prepari lo stesso percorso.
Premesso che sono lontano dalla Germania ormai da quasi 5 anni e voi siete una delle mie principali fonti di informazione (e grazie per quello che fate), mi fa sempre molto ridere sentir parlare di “moderati” nell’AfD, proprio per quello che dite nell’ultimo paragrafo: i “moderati” del turno precedente vengono sconfitti dall’ala radicale e sono espulsi o abbandonano il partito, fintantoché la dirigenza pro tempore non viene sconfitta da alcuni ancora più radicali e lascia il partito, e così ad libitum…
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