Domenica 6 novembre ai cittadini di Francoforte sul Meno è stato chiesto di esprimere il proprio parere sul sindaco della città, il socialdemocratico Peter Feldmann.
Su Kater avevamo già parlato della faccenda: l’Oberburgermesiter si è reso protagonista in questi ultimi anni di grossi scandali e pessime figure che hanno lentamente eroso il suo consenso, sia in termini di popolarità nell’elettorato che di sostegno politico. Progressivamente è venuto meno l’appoggio dei partiti che sostenevano la sua maggioranza, persino quello del suo stesso partito, la SPD. Fra richieste di dimissioni provenienti da tutte le parti e mozioni di sfiducia, Feldmann ha tenuto duro fino a rendere necessaria l’opzione-fine-di-mondo, cioè la convocazione di un referendum cittadino per votare sulla sua decadenza. “Votate a favore della decadenza del sindaco della città di Francoforte sul Meno, il signor Peter Feldmann?”, la domanda sulla scheda.

Secondo l’ordinamento dell’Assia, Land di Francoforte, la decadenza di un sindaco può essere votata dalla cittadinanza a patto che almeno il 30% degli aventi diritto si rechi alle urne e la maggioranza si esprima a favore. Se nel caso di Feldmann il risultato in termini di percentuali sembrava scontato, lo stesso non si poteva dire dell’affluenza. Il timore principale alla vigilia del referendum era proprio quello relativo alla partecipazione popolare: non dimentichiamoci che quando Feldmann fu rieletto per il suo secondo mandato, nel 2018, al ballottaggio che lo vide vincitore andò a votare solo il 30,2% degli aventi diritto. Visto il precedente, i partiti che sostenevano la sua decadenza si sono dati da fare soprattutto per spingere la gente a votare, concentrandosi sull’obiettivo comune mettendo da parte ogni questione di diverso colore politico. Frase da intendersi letteralmente: uno dei cartelloni elettorali più diffusi durante le settimane di campagna elettorale, preparato da Volt, insisteva proprio sul fatto che, per questo voto, “dimentichiamo tutti i colori”.

Saranno stati i cartelloni, saranno state le figuracce e gli scandali di Feldmann, ma il messaggio è passato. Alle 18 di domenica 6, orario di chiusura delle urne, fra voto ai seggi e voto per posta a mettere la crocetta sulla scheda sono stati quasi 210.000 francofortesi, pari bel al 41,9%. E ovviamente il 95% ha votato a favore della decadenza.In serata Feldmann ha commentato i risultati, dicendo che pur non più da sindaco il suo impegno per la città non sarebbe venuto meno. Bisogna vedere in che modo, però: come ha notato lo Spiegel con un titolo piuttosto efficace, i francofortesi non sembrano volerne più sapere niente di lui.

È poi anche venuto fuori che forse una delle ragioni per cui Feldmann ha rifiutato così ostinatamente di dimettersi, preferendo venire rimosso, ha a che fare con motivi meno nobili della passione e dell’impegno, e riguarda soprattutto i suoi emolumenti. Come ha ricostruito la Frankfurter Neue Presse, se si fosse dimesso Feldmann avrebbe ricevuto parecchi soldi in meno di quelli che gli spetteranno ora. Secondo quanto dichiarato dal Ministero degli Interni dell’Assia, Feldmann riceverà lo stipendio pieno, di oltre 14.000 euro, per questo mese e per i prossimi tre. Dopo gli spetterà un erhöhtes Ruhegehalt, una “pensione maggiorata”, pari al 71,75% della sua retribuzione pensionabile: e siamo intorno ai 10.000 al mese. Soldi che riceverà fino a quello che sarebbe stato il termine naturale del suo mandato, cioè giugno 2024. Va poi calcolata anche la pensione, altri 5000 euro: che sarebbero però stati gli unici soldi che avrebbe ricevuto se si fosse dimesso, come inizialmente previsto, il primo luglio. A fare due conti, dunque, risulta abbastanza evidente che Feldmann aveva oltre 149.000 ragioni per tenere duro.

A presiedere temporaneamente il consiglio cittadino è ora la vicesindaca verde Nargess Eskandari-Grünberg, ma è già iniziato il processo che porterà in città un nuovo sindaco: da regolamento le nuove elezioni devono tenersi entro quattro mesi, dunque entro il 5 marzo prossimo. Sappiamo chi sarà il candidato della SPD: Mike Josef, attualmente assessore allo sport e alla pianificazione urbana, la cui nomina è stata approvata dal partito cittadino qualche giorno fa. Josef è originario della Siria, ed è arrivato in Germania quando aveva quattro anni, e si è trasferito per ragioni di studio a Francoforte nel 2002.
I conservatori sembrano compatti sul nome di Uwe Becker, nome di punta della CDU francofortese e ben inserito nel panorama istituzionale locale, ma gli occhi di tutti sono puntati su chi sarà il candidato o la candidata dei Grünen. Alle scorse politiche, nel settembre 2021, i Verdi sono stati il partito più votato in città, con un guadagno netto di 10 punti percentuali rispetto al 2017: ed è certamente vero che si tratta di elezioni di tipo diverso, e che dal settembre 2021 è politicamente passata un’eternità, e che qui invece parliamo di una questione locale, ma è altrettanto vero che l’atmosfera a Francoforte è ormai da tempo orientata molto favorevolmente verso i Grünen, tanto che l’idea di un sindaco verde non suona più tanto peregrina. Al momento la favorita per strappare la candidatura sembra Manuela Rottmann, attualmente sottosegretaria nel Ministero per l’Alimentazione e l’Agricoltura a Berlino, che ha alle spalle una lunga esperienza nell’amministrazione di Francoforte, essendo stata assessora dal 2006 al 2012. La decisione finale l’avremo però fra qualche giorno: la candidatura ufficiale dovrebbe essere resa nota sabato 19.

In ogni caso il 2023 politico si preannuncia particolarmente succoso per i francofortesi. Oltre all’elezione del sindaco, in autunno si voterà anche per le Landtagswahl, le regionali dell’Assia: e anche stavolta si tratterà di elezioni dalle ricadute potenzialmente molto rilevanti. Nel 2018 lo scarso risultato della CDU per certi versi certificò la fine dell’era Merkel, e questa volta è probabile che assisteremo quantomeno a un rimescolamento del personale di governo. La candidata della SPD sembra infatti essere quasi sicuramente Nancy Faeser, attuale Ministra degli Interni nella coalizione semaforo guidata da Olaf Scholz. Ai socialdemocratici serve assolutamente un candidato forte, con buone connessioni a livello locale e ben conosciuto: e il profilo di Faeser sembra fatto apposta. Esponente di punta della SPD in Assia, la nomina un po’ a sorpresa a dicembre scorso al Ministero degli Interni le ha dato una visibilità inaspettata, e l’ha resa un volto familiare per buona parte dei tedeschi. La pressione perché sciolga le riserve cresce da più parti, ma la conferma ufficiale deve ancora arrivare. Non è detto che basti però: nei sondaggi la CDU è ancora parecchio davanti, e per la SPD sembra prospettarsi un testa a testa con i Grünen.
Diciamo che, anche in vista delle regionali, aver dovuto gestire la brutta storia di Feldmann – finire a votare contro un proprio esponente – certamente non aiuta.