Il caos del budget statale per il 2024, innescato dalla sentenza della Corte Costituzionale dello scorso novembre, ha provocato un altro caos, molto concreto e fisicamente tangibile: quello riversato sulle strade tedesche dalla protesta dei contadini.

La rabbia dei lavoratori agricoli è scoppiata alla notizia che, a causa dei tagli imposti dalla necessaria revisione del bilancio, non saranno rinnovati i sussidi per il carburante diesel, né per loro né per gli autotrasportatori. Fra i bersagli principali ovviamente il Cancelliere Scholz, ma in particolare il Ministro per l’Economia e la Protezione del Clima Robert Habeck, al momento vero e proprio punching ball della politica tedesca. Hanno suscitato molta impressione le immagini dei manifestanti che, giovedì scorso, hanno bloccato per diverse ore il traghetto su cui Habeck e la moglie si erano imbarcati, al ritorno da una breve vacanza nel nord del Paese.
In questi giorni la protesta si è riversata sulle strade, bloccate da centinaia di trattori rombanti e agguerriti. Già a dicembre la tensione era salita parecchio, e il governo aveva deciso di fare qualche passo indietro lasciando alcune agevolazioni fiscali e posticipando il phase-out del diesel al 2026, ma i contadini non ne vogliono sapere. Il diesel non ha alternative, dicono, e l’eliminazione dei sussidi significa per molti la concreta minaccia di non poter più lavorare.
Come per tutte le manifestazioni di piazza contro il governo degli ultimi anni, anche questa è ad altissimo rischio di infiltrazione da parte dell’estrema destra. In prima fila nei cortei non si vedono solo esponenti di AfD, molto vocali nel loro supporto ai contadini nonostante nel loro programma gli alternativi si dicano generalmente contrari ai sussidi e agli aiuti di stato per il settore, ma anche simboli e bandiere riconducibili a gruppi ancora più estremi, dai Reichsbürger ai movimenti identitari. Sarebbe però un errore ritenere che la protesta venga politicizzata solo dall’estrema destra. Nell’Union si fa a gara a chi posta per primo video e dichiarazioni a sostegno degli agricoltori – per citarne solo uno Paul Ziemiak, ex Generalsekretär della CDU, ripreso sotto la neve di fronte ai trattori mentre dice di avere “grande comprensione” per le manifestazioni.
Ma un po’ tutti gli esponenti di primo piano dell’opposizione si premurano di non far mancare il loro appoggio ai contadini arrabbiati. E perfino nei partiti al governo c’è chi esprime solidarietà e comprensione, schierandosi contro i tagli pianificati dalla maggioranza: si tratta soprattutto di leader locali, che probabilmente hanno ben capito che aria tira per il semaforo e non vogliono farsi travolgere dal naufragio che in molti ormai reputano inevitabile.

Le proteste dei contadini sono solo l’ultima botta a un governo che ormai sta toccando clamorosi picchi di impopolarità, e che si trova a dover affrontare crisi dopo crisi senza un attimo di respiro. Non è chiaro come andrà a finire, che conseguenze ci saranno. Qui però vorremmo ricondurre lo sguardo su due aspetti, secondo noi degni di considerazione, che a nostro giudizio rivelano qualcosa di molto interessante sul dibattito pubblico tedesco, e più in generale sulla Germania di oggi.
Il primo è il macroscopico, colossale, accecante doppio standard all’opera nei commenti di molti tedeschi.
Diversi osservatori stanno infatti ponendo una innocente domanda: se gli eco-attivisti che si incollavano per strada bloccando il traffico (i cosiddetti Klimakleber) sono stati etichettati come “nemici pubblici”, “terroristi” addirittura paragonati a quelli della RAF, criminali contro cui andavano emesse sentenze esemplari, come mai verso i contadini che fanno esattamente la stessa cosa, usano lo stesso metodo – anche se senza colla – l’umore è invece di generica tolleranza, quando non di sostegno? Le risposte alla domanda, da parte dei politici ma non solo, occupano tutto lo spettro che va dai sottili distinguo al pericoloso doppiopesismo, quando non sconfinano direttamente nella malafede. Se le dovessi riassumere suonerebbero più o meno così: i contadini sono lavoratori esasperati, mica ragazzini viziati che non han niente da fare e si annoiano; le loro manifestazioni – sempre annunciate e autorizzate, mica si fa spontaneismo qui – sono il frutto della frustrazione di gente onesta che fatica tutto il giorno senza venire ascoltata. Gente che crea benessere, paga le tasse, ci mette il cibo in tavola. Cosa fanno invece ‘sti mocciosi di Letzte Generation, a parte farci arrivare tardi al lavoro in nome di questo “cambiamento climatico” che boh, chissà, ma sarà vero, secondo me alla fine son tutte cazzate da adolescenti.
Non è necessario essere d’accordo con gli eco-attivisti – o con i contadini – per evidenziare il doppio standard: basta ammettere, con onestà, che i metodi sono gli stessi. Perché allora questa differenza di giudizio? E attenzione: tutta la violenza verbale riservata agli eco-attivisti, le invocazioni di galera e multe milionarie, è legata proprio al metodo, non alle ragioni della loro protesta. Quello che in molti hanno detto, cioè, è che questi ragazzi possono naturalmente protestare a favore della protezione del clima, ma se lo fanno così passano dalla parte del torto e diventano criminali.
I contadini protestano così, proprio in quel modo lì, con quel metodo. Perché – se il discrimine è quello – non sono criminali, loro?
Il secondo aspetto è legato invece alla situazione generale dell’agricoltura in Germania.
Il settore agricolo contribuisce ormai solo in piccola parte all’economia tedesca. A livello occupazionale impiega solo l’1,2% della forza lavoro del Paese, secondo dati del 2022, per un totale di circa 256.000 aziende e di oltre 16 milioni di ettari fra campi coltivati e pascoli.
Se diamo un’occhiata a questi dati tenendo sottomano una cartina, notiamo delle cose interessanti.
La prima: sapete com’è suddivisa a livello nazionale la grandezza media delle aziende agricole?
Così:
Il numero medio di lavoratori in base alla superficie agricola invece è suddiviso così:

In sostanza, nell’ex Germania Est ci sono le aziende più estese, e al tempo stesso in media ci lavorano meno persone.
Ci sono ragioni storiche per queste differenze. Nell’ex DDR una serie di riforme agrarie, incentrate soprattutto sulla requisizione e redistribuzione di terreni, innescò una tendenza allo sviluppo di grandi Landwirtschaftliche Produktionsgenossenschaften (LPG), cioè cooperative di produzione agricola ben strutturate, con parecchi ettari a disposizione e buona quantità di manodopera. Nel 1989, alla caduta del Muro, le LPG erano circa 4000; e dopo la riunificazione la tendenza non si è arrestata – nel 1992 le cooperative erano scese a 3000, sempre più grandi. Questo tipo di sistema ha favorito un tipo di impiego agricolo, nei Länder orientali, in cui prevalgono i contratti a tempo indeterminato, in quota maggioritaria rispetto ad esempio ai lavoratori stagionali. A Ovest invece si tratta soprattutto di imprese a conduzione familiare, molto più piccole.Molti osservatori sostengono che i tagli decisi dal governo colpirebbero in maniera più dolorosa proprio i piccoli produttori, cioè quelli concentrati maggiormente a Ovest, ed è probabile che sia proprio così. Non va dimenticato, però, che come per tante altre cose anche l’agricoltura frutta di più a Ovest che a Est. I Länder più ricchi da questo punto di vista sono Renania-Palatinato e Assia, quelli più poveri Meclemburgo-Pomerania Anteriore e Brandeburgo.
È quindi ragionevole supporre che, tutto considerato, anche i contadini dell’Est non se la passeranno bene.
Ma l’aspetto davvero rilevante di tutta questa breve spiegazione sta nelle tre mappe postate qui sopra. Nei confini interni che tracciano, e che ricalcano una volta di più quelli della Germania divisa.
Un’ulteriore conferma del fatto che non importa che prospettiva si assuma, che criterio si scelga, da quale angolazione ci si ponga. In Germania, quel Muro testardo, con tigna e cocciutaggine, continua a restare in piedi, quasi 35 anni dopo la sua apparente caduta.


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