La notizia dell’arresto di 25 dei cosiddetti Reichsbürger (letteralmente “cittadini dell’Impero”, vedremo dopo perché) ha fatto il giro delle prime pagine di tutto il mondo, e sicuramente l’avrete letta anche sui giornali italiani.
La vicenda apre uno squarcio su numerose questioni, ma ci sono almeno due piani che meritano un po’ più di approfondimento. Uno è grottesco, tragicomico quasi, ed è quello che riguarda uno dei protagonisti principali: il principe Heinrich XIII della famiglia Reuß, le cui foto in manette sono diventate la copertina di questa storia. L’altro invece è molto più serio, ed ha a che fare con il movimento dei Reichsbürger, chi sono, cosa stanno diventando e soprattutto che collegamenti stanno creando con realtà analoghe nel resto del mondo.

Cominciamo dal principio, anzi: dal principe. Heinrich XIII appartiene alla famiglia dei Reuß, nobili originari della Turingia le cui tracce risalgono fino al dodicesimo secolo. Le riunioni di famiglia devono essere un bel problema: per tradizione tutti i maschi dei Reuß si chiamano Heinrich, e si distinguono l’uno dall’altro solo con il numerale. L’attuale capofamiglia è Heinrich XIV, che però non ha molta stima del suo omonimo numero 13. Qualche mese fa ha infatti inviato una lettera al Landtag della Turingia, il Parlamento regionale, prendendo ufficialmente le distanze, definendolo “un vecchio pazzo” che presta troppa fede a bislacche teorie cospirazioniste. Si sa, in ogni famiglia c’è lo zio un po’ picchiatello.
Nella Germania post-1918 i titoli nobiliari non hanno più alcun valore né conferiscono alcun privilegio, anche se tendenzialmente chi ne può sfoggiare uno non è certo un poveraccio. Il settantunenne Heinrich XIII svolge a Francoforte una redditizia attività di imprenditore immobiliare, e nel tempo libero si dedica al golf e alle arti venatorie, essendo tra l’altro proprietario della residenza di caccia di Waidmannscheil a Bad Lobenstein, nella Turingia orientale.
L’ascesa di Heinrich XIII nel mondo del cospirazionismo conosce un punto di svolta nel gennaio 2019, quando a causa dell’improvvisa rinuncia di uno speaker viene invitato in sostituzione a tenere un discorso al Worldwebforum di Zurigo, incontro annuale fra uomini d’affari, imprenditori ed esperti di tecnologia. Il suo intervento però non è quello che gli organizzatori si aspettano. Nei quindici minuti in cui parla, il principe si lancia in bizzarre ricostruzioni storiche: dalla Prima Guerra Mondiale “imposta” alla Germania da oscuri “interessi finanziari internazionali” agli immancabili Rotschild, che insieme alla massoneria sono dietro tutti i conflitti e le rivoluzioni del globo terracqueo, fino alla Repubblica Federale Tedesca, che in realtà non è uno stato sovrano, dal momento che è semplicemente una “struttura commerciale” realizzata dagli Alleati. Il repertorio classico di quello che la Neue Zürcher Zeitung definisce “la caricatura di un complottista”, tanto che dagli spalti iniziano a piovere buh e fischi, e in molti si alzano e lasciano la sala. Ai complottisti però queste cose piacciono, evidentemente, e il principe diventa una figura di riferimento nella composita galassia di quelli che, al contrario di noi, la sanno lunga e a loro non gliela si fa.
Nella sua palazzina di caccia inizia a ospitare incontri di gente che la pensa come lui, e comincia a farsi strada l’idea di passare all’azione, finché a un certo punto – secondo gli investigatori nel novembre del 2021 – prende forma un vero e proprio piano: assaltare armi in pugno il Bundestag, il Parlamento Federale, arrestare i leader dei partiti e inaugurare un nuovo governo e soprattutto un nuovo regime, che ponga fine all’illegittima Repubblica Federale e restauri l’ordinamento del Reich, l’impero tramontato nel 1918. E al vertice di questa nuova Germania lui, Heinrich XIII.
Gli ingredienti per una grottesca commedia all’italiana in salsa tedesca ci sono tutti – non a caso dalle nostre parti per commentare la vicenda è stato rispolverato Vogliamo i colonnelli, vecchio film di Monicelli del 1973. In Germania invece molti si sono soffermati sull’aspetto del principe, a cui sembra decisamente mancare il physique du rôle per interpretare una parte così impegnativa.
Insomma, se guardiamo alla faccenda concentrandoci sul principe Heinrich sembra davvero una roba più da ridere che da piangere, nulla di cui aver paura, figuriamoci. Ma la prospettiva cambia radicalmente se allarghiamo lo sguardo e prendiamo in considerazione il resto, quello che al principe sta attorno.
Gli altri fermati – finora 25, ma l’imponente indagine sta ancora andando avanti e sicuramente arriveranno altri arresti – sono stati identificati come facenti parte del movimento dei Reichsbürger, come sicuramente avrete letto. Questi “cittadini dell’impero” non riconoscono la legittimità della Repubblica Federale Tedesca sorta dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, e si rifanno invece all’ordinamento del Reich, l’impero pre-1918, l’ultima forma istituzionale della nazione tedesca ad essere davvero conforme alle leggi. I motivi sono diversi e variegati: ad esempio alcuni sostengono che non sia mai stato firmato un trattato di pace dopo il 1945, e che dunque la sovranità tedesca non sia mai stata davvero ricostituita. Ma c’è anche chi sottoscrive questa teoria per motivi meno nobili, diciamo, ritenendo che se la Germania non è davvero uno stato legittimo allora non può pretendere che si paghino le tasse.
In realtà la galassia dei Reichsbürger è ampia e stratificata. Come spiega bene in questo post Ubaldo Villani-Lubelli, docente di Storia delle Istituzioni Politiche dell’Università del Salento, non si tratta di un blocco omogeneo: per dire, non sono affatto tutti neonazisti – secondo il Ministero degli Interni, che ne quantifica il numero complessivo in circa 21.000, solo poco più di un migliaio sarebbero davvero estremisti di destra.
Negli ultimi anni però ci sono stati due momenti cruciali, che hanno portato il movimento alla ribalta facendolo crescere vertiginosamente e l’hanno reso uno dei protagonisti assoluti del mondo della destra radicale tedesca, compattandolo e spingendolo sempre più verso le frange estreme. Il primo risale al 2016, quando uno di loro assediato in casa sparò a quattro poliziotti e ne uccise uno, costringendo le autorità a occuparsi di un fenomeno che fino ad allora avevano considerato poco più di una trovata folkloristica.
Il secondo invece è stato la pandemia. L’emergenza legata al coronavirus ha rappresentato la tempesta perfetta offrendo un terreno comune a Reichsburger, Querdenker, no-vax, estremisti di destra e complottisti vari, trovatisi tutti dalla stessa parte della barricata e facile preda di movimenti e partiti politici che non hanno esitato a cavalcarli facendosene portavoce (qualcuno ha detto AfD?). Una nuova visibilità a cui è corrisposto anche un progressivo aumento di influenza: i Reichsbürger non sono solo cresciuti di numero, arrivando appunto a circa 21.000, ma anche e soprattutto di grado, con una radicalizzazione sempre più spinta ed arrivando ad arruolare figure di rilievo ad esempio nella polizia e nelle forze armate. E sono riusciti anche a costruire una fitta rete di scambi con analoghe realtà estere, come mostra questo interessantissimo ma spaventoso pezzo del New York Times che ricostruisce i legami fra i Reichsbürger e QAnon, che in Germania – come scrive anche la Süddeutsche Zeitung – ha trovato terreno di coltura fertilissimo. All’origine di questo avvicinamento ci sarebbe la teoria del complotto sorta intorno all’operazione NATO Defender-Europe 20, che non ha avuto luogo nelle forme e dimensioni previste a causa della pandemia: secondo i seguaci di QAnon e i Reichsbürger il governo tedesco avrebbe usato la “finta pandemia” per impedire lo svolgimento di quello che, secondo loro, era in realtà un “piano di liberazione” guidato da Donald Trump per debellare l’oscuro deep state che tiene in mano la Repubblica Federale e restaurare il Reich.
Minacce di questo tipo non possono essere prese sottogamba, particolarmente in Germania dove tutti hanno ancora sotto gli occhi le immagini dell’assalto al Bundestag nell’agosto del 2020 (pochi mesi prima dell’assalto al Campidoglio), con una nutrita presenza di bandiere del Reich.
Il principe Heinrich XIII sarà pure una figura grottesca, da operetta, ma tutto quello che si muove intorno a lui no. Nel gruppo degli arrestati e degli indagati ci sono esponenti a riposo e riservisti dell’esercito e delle forze speciali, della polizia, una ex-parlamentare di AfD, anche una cittadina russa – a testimonianza dei legami che, a quanto si dice, i golpisti avrebbero cercato di instaurare anche con il regime di Vladimir Putin. Tutti segnali che puntano non solo verso una nuova fase di radicalizzazione, ma anche verso una maggiore capacità di penetrazione in ambienti che già in passato si sono dimostrati particolarmente porosi nei confronti dell’estremismo di destra, come ad esempio quello dell’esercito.
Il colpo di stato pianificato dal gruppo non aveva alcuna possibilità di successo, ma non è questo il punto. Il punto, come nota nel pezzo del New York Times Miro Dittrich, ricercatore del CeMAS (Center für Monitoring, Analyse und Strategie) di Berlino, è che “le probabilità di un golpe sono molto basse, ma quelle di attacchi terroristici e di vittime sono cresciute”.
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