La minaccia più estrema

Il rapporto 2019 sulla sicurezza in Germania ha mostrato ancora una volta quale sia il pericolo più serio per la società tedesca: l’estremismo di destra

Il Ministro degli Interni Horst Seehofer (CSU) e Thomas Haldenwang, presidente dell’Ufficio federale della Protezione della costituzione (BvF) che si occupa della sicurezza e dell’intelligence in Germania, hanno presentato questa settimana a Berlino l’ultimo rapporto sulla sicurezza nel Paese.

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Thomas Haldenwang e Horst Seehofer alla conferenza stampa di presentazione del rapporto sulla sicurezza. (Foto: Henning Schacht)

Come previsto, il rapporto evidenzia la prominenza dell’estremismo di destra nelle attività anticostituzionali e nei reati motivati da razzismo e antisemitismo.

Il dato più evidente è l’espansione dell’estremismo di destra: nel rapporto la BvF ha identificato 32.080 estremisti di destra in Germania nel 2019, contro i 24.100 dell’anno precedente. Di questi, 13.000 sarebbero pronti a ricorrere ad atti violenti, 300 in più del 2018.

Secondo Seehofer le “maggiori minacce” alla sicurezza in Germania arrivano proprio dal razzismo e dall’antisemitismo: dal report risulta che più del 90% degli attacchi antisemitici provengono da organizzazioni di estrema destra.

Durante la conferenza stampa, ha anche rimarcato le durissime misure di contrasto di questi ultimi mesi: molte organizzazioni sono state bandite per opinioni o attività considerate incostituzionali. Ad esempio, per la prima volta quest’anno la BvF ha esaminato anche le attività dell’ala più radicale – nota come “Flügel” – di AfD. 

Dal rapporto emerge che anche l’estremismo di sinistra è in crescita, ma i numeri sono molto inferiori in confronto alla destra: 33.500 membri nel 2019, contro 32.000 nel 2018.

Nel 2019 ci sono stati 6.449 reati motivati dall’estremismo di sinistra, contro i 4.662 del 2018 – un incremento del 40%. Di questi, 900 erano atti non violenti.

Il rapporto prende anche in esame il terrorismo islamico che è ancora considerato una minaccia, ha spiegato Seehofer, benché attacchi e attentati di stampo islamico siano in forte riduzione in tutta Europa: il rapporto conta 650 casi in Germania nel 2019.

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Reati di matrice estremista nel 2019: estrema destra 21.290; estrema sinistra 6449.

Da anni si discute ormai in Germania di casi di violenza arrivati a colpire esponenti delle istituzioni stesse. Un recente caso tra i più gravi è quello del prefetto di Kassel, Walter Lübcke (CDU), ucciso nel giardino di casa un anno fa. Le indagini hanno individuato i colpevoli tra gli affiliati a circoli di destra, che lo tenevano letteralmente nel mirino per le sue dichiarazioni di accoglienza a favore dei migranti, in occasione delle politiche di apertura del Paese del 2015. 

Da allora la traccia che collega casi simili a formazioni politiche di destra, in particolare ad AfD, è diventata sempre più evidente. Dopo una serie di indagini, a marzo 2020 la BvF ha classificato come “incompatibile con la costituzione” la cosiddetta Flügel della AfD, già sotto osservazione dei servizi di intelligence. Si tratta di una fazione ultraradicale del partito che conta circa 7.000 membri, cioè un quinto della base, fondata nel 2015 con l’intento di “preservare l’identità tedesca dall’erosione”, di fatto promuovendo la limitazione dei diritti dei migranti. Le misure prese dalla BvF contro la Flügel sono tra le più gravi previste in Germania per questi casi e sono il punto di arrivo di lunghe indagini, oltre che di parecchi tentativi falliti in passato per mancanza di prove certe. In seguito alla sentenza, AfD ha chiesto ai membri della Flügel di cessare ogni attività. Ma gli stessi fondatori – Björn Höcke e Andreas Kalbitz –  sono a tutti gli effetti ancora membri di primo piano del partito e non risulta siano state prese altre misure oltre a chiudere i siti internet di riferimento.

Uno scenario almeno altrettanto preoccupante è quello delle infiltrazioni della destra estrema nelle istituzioni, in particolare nelle forze dell’ordine e nelle forze armate. Per quanto riguarda il primo caso, esistono ormai diversi esempi di minacce di morte che si è potuto provare siano partite dall’interno della polizia. Tra le prove più dirette: gli identificativi di macchine fax in dotazione alla polizia con cui sono state inviate le lettere di minacce, e la tracciatura di comunicazioni che rimandano a computer della polizia, tutte avvenute in orario di lavoro. Tra quelle indirette: le informazioni sulle vittime contenute nelle lettere di minaccia sono tutelate dalla privacy, e sono reperibili solo in archivi ad accesso limitato alla polizia. Ci sono stati molti casi in Assia, tutti riconducibili al cosiddetto mittente “NSU 2.0”. Tra le vittime delle minacce ci sono il presidente del Land, Volker Bouffier (CDU), il ministro degli interni, Peter Beuth (CDU), e in questi ultimi giorni anche Janine Wissler, esponente locale della Linke. Una delle prime vittime di “NSU 2.0” è stata l’avvocata francofortese Seda Başay-Yıldız, minacciata per aver rappresentato la famiglia di una vittima di omicidio nel processo contro la NSU. Proprio nel suo caso è emerso per la prima volta come “NSU 2.0” abbia accesso a informazioni disponibili solo alle forze dell’ordine, perché la lettera di minacce conteneva dati non noti al pubblico sui familiari di Seda Başay-Yıldız. La sigla “NSU 2.0” si riferisce chiaramente alla Nationalsozialistischer Untergrund, un’organizzazione terroristica neonazista tedesca che tra il 1997 e il 2011 ha compiuto diversi omicidi e attentati. È stata responsabile degli “omicidi del Kebab”, chiamati così perché le vittime erano migranti di origine turca e greca: il target principale dell’organizzazione. Per i sospetti ritardi nelle indagini e per i depistaggi scoperti in seguito, il caso NSU ha ancora enormi ripercussioni nei rapporti tra le istituzioni e l’intelligence.

A febbraio 2020 sempre in Assia, ad Hanau, nove persone sono state uccise in due Shisha-Bar, locali in cui si fuma il narghilé e punti di ritrovo per la comunità turca. Avevano tutte origini straniere e le indagini hanno confermato che il movente dell’attentato è di matrice razzista: sono stati trovati messaggi a riguardo lasciati dall’attentatore.

Infine, i casi che riguardano l’esercito. Nelle ultime settimane se ne è discusso molto: la Ministra della Difesa federale, Annegret Kramp-Karrenbauer (CDU), ha annunciato di voler affrontare la questione con misure ad alto impatto. La prima di queste interessa la KSK (Kommando Spezialkräfte), un’unità delle forze speciali della Bundeswehr, che Kramp-Karrenbauer ha dichiarato di voler rifondare completamente, arrivando a sciogliere la seconda compagnia, la più fuori controllo. Dai primi anni duemila sono emersi diversi casi di membri della KSK affiliati a organizzazioni di estrema destra e nell’ultimo anno si è potuto provare come alcuni di questi detenessero armi in dotazione all’esercito nelle proprie abitazioni private e fossero pronti ad azioni violente. È evidente dalle indagini che casi simili siano stati sempre presenti nella KSK e che siano stati tollerati o addirittura anche volutamente nascosti durante le poche inchieste interne autorizzate. Il clima all’interno della KSK è quello tipico dei circoli elitari, in cui si entra per selezione in base alle affinità con gli altri membri, più che in risposta a criteri di merito. In questo contesto, si spiegano omertà e depistaggi. Ha fatto molto scalpore nell’opinione pubblica l’episodio del congedo di un membro di alto rango della seconda compagnia, festeggiato con cori di estrema destra e il saluto hitleriano nell’aprile 2017. In seguito ad un’inchiesta interna, la vicenda era stata minimizzata dalla leadership politica e militare – al tempo la Ministra Ursula von der Leyen (CDU) – come un’esagerazione dovuta all’eccesso di alcol. È stato poi grazie a un’indagine pubblica che il caso è stato scoperto e sanzionato.

Il piano di riforma di Kramp-Karrenbauer prevede nuove modalità di selezione dei membri della KSK, affidata a organismi esterni con criteri stabiliti da esperti indipendenti. In futuro la formazione dovrà svolgersi anche presso altri corpi, possibilmente anche all’estero con paesi partner (sono già attivi diversi programmi di questo tipo per esempio con la Francia). I ruoli di comando dell’unità saranno accessibili solo a chi ha un provato curriculum di leadership presso altre unità e la formazione su questo aspetto sarà continua. In breve, lo scopo è creare maggiore professionalità e soprattutto trasparenza, eliminando le dinamiche elitarie che hanno favorito i legami con l’estrema destra.

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In nero, i reati di matrice politica riconducibili all’estrema destra. In grigio, i reati di altra matrice politica.

Il fenomeno è grave e capillare e il dibattito politico si concentra sulle possibili soluzioni.

Le prime immediate ripercussioni si attendono nell’ambito delle istituzioni: sarà molto importante rassicurare l’opinione pubblica, già provata da diversi anni di scandali, sulle effettive capacità dello Stato di contrastare l’estremismo di destra. In particolare, le condizioni delle forze dell’ordine e dell’esercito sono vissute come preoccupanti da chi è parte di una categoria debole. 

Il reclutamento nell’esercito è un tema che ha polarizzato molto in questi ultimi giorni, arricchendo il dibattito pubblico con editoriali e approfondimenti. Molto dibattuta la proposta di reintrodurre l’obbligo di leva in Germania, da parte della Commissaria del Bundestag per le forze armate, Eva Högl (SPD) – proposta successivamente contestualizzata e in parte ritrattata. La logica è che una maggiore varietà nell’esercito possa in qualche modo diradare la concentrazione di estremisti di destra e portare a una loro diminuzione. Questa soluzione non sembra poter essere efficace in casi come quello della KSK, alla quale possono accedere solo professionisti altamente specializzati, e rimane dubbio che una presenza così breve come il servizio di leva possa incidere nel lungo periodo sulla struttura delle forze armate. Ma prima di arrivare a un’analisi dettagliata, è importante notare come l’idea stessa del servizio di leva obbligatorio sia diventata nel tempo un tabù per la maggior parte dei tedeschi. Molto citato in questi giorni Kurt Tucholsky, intellettuale attivo negli anni di Weimar, autore dei pamphlets Militaria in cui criticava la crescente militarizzazione della Germania di quegli anni.

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“Per la propria ricostruzione la Germania ha soprattutto bisogno di molte generazioni che non abbiano idea di cosa sia l’obbligo di leva”.

Per approfondire, ci sono due aspetti collegati alla discussione sulla sicurezza destinati ad  acquisire peso nel dibattito istituzionale.

Il primo riguarda il modo in cui in Germania vengono raccolti i dati relativi alle origini etniche: non esistono statistiche sulle probabilità per le persone di colore o straniere di essere fermate dalla polizia, di essere discriminate sul lavoro o nella ricerca di un alloggio, o anche di essere colpite e quanto gravemente dal Coronavirus.

Questo perché in Germania l’unico dato rilevabile e trasmissibile a fini statistici è il cosiddetto Migrationshintergrund, letteralmente “background migratorio”: una definizione assai complessa e ambigua, molto rimaneggiata nel corso degli anni, che nella forma più sostanziale indica chi è cittadino tedesco ma non è nato in Germania oppure è nato in Germania da genitori di origini straniere. Storicamente è stata creata nel 1990, per riferirsi ai tedeschi della ex Repubblica Democratica Tedesca che acquisivano automaticamente la cittadinanza della Repubblica Federale Tedesca dopo la riunificazione. Successivamente è stata estesa per includere altri casi di tedeschi nati al di fuori del territorio tedesco secondo i confini dell’epoca, ma si riferisce sempre a cittadini tedeschi o naturalizzati tedeschi. È talvolta usata impropriamente in riferimento a immigrati che non hanno la cittadinanza tedesca, a testimonianza della confusione che c’è sul tema. 

Attualmente non sono inclusi in nessuna categoria i cittadini tedeschi e gli stranieri residenti che potrebbero subire discriminazioni per il colore della pelle o perché hanno un nome straniero. La mancanza di una classificazione riferita alle origini etniche deriva soprattutto dalla riluttanza a raccogliere informazioni sensibili sui cittadini da parte dello Stato. Nonostante le intenzioni positive, è evidente come questo stesso meccanismo finisca per danneggiare proprio le categorie più deboli, soprattutto in ragione della minaccia per la sicurezza che emerge dal recente rapporto. La questione non riguarda solo le aggressioni, ma è molto più ampia se si considera, ad esempio, l’impatto sulla sanità o sul lavoro.

Secondo il rapporto dell’agenzia federale contro le discriminazioni (ADS), nel 2019 ci sono stati 1.176 casi di discriminazione in più rispetto al 2018 – un incremento del 10%. Dati più precisi indubbiamente offrirebbero spunti per assistere e proteggere meglio le vittime. Non è chiaro se ci sia un intento a livello federale di riforma in questo senso, ma uno studio sul racial profiling nella polizia è stato sospeso poco prima della data di inizio dal Ministero degli Interni federale, nonostante la piena disponibilità offerta dal Bund Deutscher Kriminalbeamter (l’associazione degli investigatori criminali tedeschi) che ha ribadito come uno studio sul tema sia nel pieno interesse anche delle forze di polizia. A livello locale, invece, Berlino è diventato il primo Land ad approvare una legge che aggiunge dettagli alla federale Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz (AGG), la legge generale sull’uguaglianza. In particolare sarà proibito per i funzionari pubblici (polizia e scuole incluse) discriminare sulla base delle origini etniche, del colore della pelle, del genere, di disabilità fisiche e mentali, dell’età, dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere. Sono inclusi anche casi di discriminazione basati sulla scarsa conoscenza della lingua tedesca, malattie croniche, livello di istruzione o occupazione. Sono previsti indennizzi per le vittime, così come la possibilità per le autorità pubbliche di presentare ricorsi.

L’ultimo elemento di prossimo sviluppo è infine quello delle affiliazioni tra organizzazioni di estrema destra tedesche e la Russia. Sono emerse diverse prove di frequenti visite in Russia da parte di esponenti dell’estrema destra tedesca. Sembra che in diversi casi recenti si sia trattato della partecipazione a campi di addestramento paramilitari e che gli organizzatori dei campi afferiscano allo Russian Imperial Movement (RIM), un’organizzazione di estrema destra russa, aggiunta nel 2020 all’elenco delle organizzazioni terroristiche dagli USA.

Secondo le dichiarazioni del Ministero degli Interni, il fenomeno era già noto e ci sarebbero indagini in corso da parte dei servizi di intelligence. Molto probabilmente seguiranno approfondimenti di indagini e, conseguentemente, anche dibattiti sulle misure di contrasto.

Francesca Vargiu

@GraceVanFruscia

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