Ieri, martedì sei maggio, doveva essere il giorno più bello della vita di Friedrich Merz, quello in cui finalmente il suo destino glorioso avrebbe dovuto trovare compimento e realizzarsi il sogno, a lungo covato, di diventare Cancelliere.
E invece è stato il giorno in cui, una volta per tutte, è stato certificate che anche quando le cose alla fine si aggiustano e vanno come devono andare, Friedrich Merz non può mai essere davvero, fino in fondo, completamente felice.
Pronto per fare il grande salto e prendersi il partito, agli inizi degli anni Duemila, viene clamorosamente sconfitto da Angela Merkel, e finisce talmente ai margini che nel 2009 decide di non ricandidarsi al Bundestag e lascia la politica. Poi, una decina di anni dopo, torna per riprendere il discorso da dove era stato interrotto e tenta di nuovo la scalata al vertice della CDU, e per due volte fallisce, battuto prima da Annegret Kramp-Karrenbauer e poi da Armin Laschet. Finalmente riesce a diventare capo dei conservatori e candidato Cancelliere per le elezioni più telefonate della storia, e rischia di mettere tutto a repentaglio aprendo di fatto la porta ad AfD; nonostante gli intoppi vince nelle urne, ma con un risultato parecchio al di sotto delle aspettative. Anche durante le trattative con la SPD per la formazione del governo viene duramente criticato, per aver concesso troppo e ottenuto troppo poco.
Tutto questo però poteva essere dimenticato, ieri, almeno per un momento. Presentarsi al Bundestag, assistere al voto, essere eletto e ricevere l’applauso dei deputati; sentirsi rivolgere dalla nuova Presidentessa del Parlamento Federale, Julia Klöckner, la domanda di rito (Nehmen Sie die Wahl an? – “accetta l’elezione?”), e poter rispondere “Sì”, e avercela fatta, finalmente – riscattare tutte le umiliazioni, le sconfitte, i passi falsi. Almeno per un momento. E invece è arrivata la sconfitta simbolicamente più umiliante. Per essere eletto Merz aveva bisogno della maggioranza assoluta: 316 voti. Quelli di cui la sua maggioranza dispone sono 328 – 12 in più, non tantissimi, ma comunque abbastanza per essere tranquilli. Ma alla prima votazione il conteggio dei Sì è rimasto bloccato a 310. Meno 6 rispetto alla maggioranza necessaria, addirittura meno 18 rispetto al totale disponibile fra Union e SPD.

La parola “smacco” non contiene lettere a sufficienza per restituire il senso dell’enormità dello smacco subito. Anche perché, nella storia della Repubblica Federale Tedesca, mai un Cancelliere in pectore aveva mancato l’elezione alla prima chiamata. Primato decisamente non invidiabile.
La cronaca di ciò che è seguito l’avrete probabilmente letta in giro. Allo shock iniziale sono seguite intensissime riunioni delle frazioni parlamentari, con colloqui febbrili soprattutto fra i vertici dell’Union e quelli della SPD – e, immaginiamo, reciproche accuse sulla provenienza dei 18 franchi tiratori. Dopo la gran confusione dovuta alla situazione assolutamente inedita, con tempistiche per una seconda votazione che rimbalzavano da mercoledì a venerdì, si è arrivati a un accordo per un nuovo scrutinio nella stessa giornata di martedì – accordo per cui era necessaria l’approvazione dei due terzi del Bundestag, quindi anche di Grünen e Linke oltre a Union e SPD. Così alle tre e un quarto si è votato di nuovo, e stavolta Merz ce l’ha fatta: eletto Cancelliere con 325 voti a favore, ha finalmente potuto recarsi a Palazzo Bellevue, residenza del Presidente della Repubblica Federale Frank-Walter Steinmeier, per ricevere formalmente l’incarico. Ha prestato giuramento poco dopo le sei, e i Ministri del suo governo intorno alle otto di sera.
Questo è quanto è accaduto ieri. E se pensate che tutto sommato si tratti di poca roba – “Dovevano eleggere Merz, alla fine hanno eletto Merz, che differenza fa?” – permettetemi di farvi notare che state commettendo un grave errore. La giornata di ieri è storica per la politica tedesca, ha concretizzato uno scenario senza precedenti per l’architettura istituzionale del Paese (e altri ne ha fatti intravedere), e lascia sospese domande e questioni la cui ombra si espanderà minacciosa lungo tutta la durata del neonate governo.
Partiamo con la domanda più scontata: ma chi saranno stati questi 18 franchi tiratori?
Ci sono buone ragioni per individuarne la provenienza sia da una parte che dall’altra. Non tutti nell’Union sono entusiasti della leadership di Friedrich Merz, il modo in cui da un lato ha riformato il meccanismo del freno al debito (venendo meno alla promessa elettorale di non toccarlo) e dall’altro ha condotto le deludenti trattative con la SPD potrebbero aver spinto più di un parlamentare a “lanciare un segnale”, diciamo. Ma anche dalle parti dei socialdemocratici abbondano frustrazione e malcontento. Alcuni hanno mal digerito l’ennesimo accordo con i conservatori, ma è stato soprattutto Lars Klingbeil, attuale co-leader del partito e architetto dell’alleanza, a suscitare irritazione. Dalle trattative e dalle assegnazioni dei ministeri ottenuti Klingbeil è emerso come l’uomo forte della SPD, quello che in questa fase sta disegnando il partito e la sua partecipazione al governo a sua imagine e somiglianza. Nel realizzare il suo piano, tuttavia, Klingbeil ha lasciato alcuni cadaveri eccellenti per strada: ad esempio quello di Hubertus Heil, Ministro del Lavoro uscente costretto a lasciare la poltrona a Bärbel Bas, ex Presidentessa del Bundestag che ne erediterà il dicastero. Oppure quello di Saskia Esken, con lui co-leader del partito, anche lei rimasta completamente esclusa da ogni incarico nel nuovo governo. Klingbeil fa parte della corrente moderata della SPD, quella “di destra”, il cosiddetto “Circolo di Seeheimer” (Seeheimer Kreis), tuttavia ha un ottimo rapporto con l’ala più di sinistra e si è costruito negli anni una fittissima rete di connessioni, che gli hanno consentito di conquistarsi un ruolo di assoluta supremazia. Quanto successo ieri certifica però che non tutti i Genossen apprezzano il nuovo corso.
La domanda più importante però è un’altra. Quanto peso avrà la giornata di ieri sulle prospettive del nuovo governo, e di Friedrich Merz come Cancelliere? E su questo una cosa dev’essere ben chiara: il peso di ieri è enorme, impossibile da sopravvalutare. Lo smacco personale per Merz (uomo tra l’altro dal caratterino non facile) è immenso, ma anche quello politico è devastante, e lascia sul suo Cancellierato una macchia indelebile. Una settimana fa scrivevamo che Merz neanche aveva ricevuto l’incarico e già si trovava in una posizione di grande debolezza: bene, la giornata di ieri moltiplica quella debolezza per dieci. Merz è un Cancelliere dalla maggioranza traballante, che si è dimostrata friabile come politistirolo fin dal primo momento importante: come potrà garantire la stabilità di cui il Paese ha bisogno, e condurre in porto le sostanziose riforme che ha promesso?
In conclusione, tutto si sta apparecchiando perché anche quella che dovrebbe essere la stagione più formidabile della vita di Merz, quella da Cancelliere, si riveli solo un nuovo, ulteriore dispensatore di delusioni, sconfitte e umiliazioni. Perché Friedrich Merz non può mai essere davvero, fino in fondo, completamente felice.
