Scienziati e media durante la pandemia: le pagelle di maiLab

Come se la cavano i più noti virologi tedeschi quanto a comunicazione durante questa pandemia?

Media e comunicazione scientifica possono spesso trovarsi in contrasto, anche perché rispondono a criteri diversi.

Estremizzando: spettacolarizzazione e semplificazione i primi, rigore e complessità la seconda. La Germania non fa eccezione in questo.
Durante l’epidemia di Covid-19 l’interesse del pubblico per le notizie scientifiche è aumentato come mai prima e questo ha incoraggiato i media a dare più spazio a esperti scienziati, in alcuni casi già noti e in altri no.

Divulgazione e scienza in Germania

Mai Thi Nguyen-Kim è una chimica e giornalista scientifica tedesca, ha un canale youtube che si chiama maiLab e ha presentato molti programmi sulla scienza in televisione, per i quali ha vinto diversi premi. Il suo canale youtube è molto seguito e i video pubblicati durante l’epidemia di Covid-19 hanno avuto milioni di visualizzazioni.

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Mai Thi Nguyen-Kim (WDR)

Uno dei video più visti, e più ripreso dai media tedeschi, riguarda proprio il rapporto tra media e scienziati. Nguyen-Kim introduce i criteri essenziali per parlare di comunicazione scientifica di qualità e racconta anche quali sono gli abbagli più tipici presi in questo periodo. Soprattutto cercando di rispondere a una domanda: quando la comunicazione non funziona, è sempre per via dei media pressapochisti o è anche a volte colpa degli scienziati?

Un’anticipazione: dipende da entrambi.

 

I parametri di valutazione usati nel video

Jean-Luc Doumont è un esperto di comunicazione scientifica. Nelle sue lezioni spiega per una comunicazione di qualità ci sono  due punti fondamentali da tenere sempre chiari e distinti: i cosiddetti what e so what. Gli scienziati si occupano del what cioè dei dati. Ma al pubblico interessa il so what cioè: che implicazioni hanno per me questi dati? Cosa cambia per la mia vita quotidiana? 

L’informazione scientifica di qualità distingue il what, “cosa”, dal so what, “e quindi”, e dovrebbe essere alla base del giornalismo scientifico.
Nguyen-Kim procede a valutare i 3 scienziati in base al principio what/so what – cosa/e quindi.

Chi sono i 3 scienziati

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Christian Drosten (picture alliance/dpa)

Christian Drosten, virologo, è esperto di virus emergenti, cioè – secondo la definizione dell’OMS – malattie che in una certa popolazione compaiono per la prima volta o che erano già presenti ma sono in rapido aumento per numero di casi o diffusione geografica. Dirige l’Istituto di Virologia all’ospedale universitario della Charité di Berlino.
Drosten è uno dei co-scopritori del coronavirus associato alla SARS (SARS-CoV), insieme a Stephan Günther. A lui si deve lo sviluppo del test diagnostico per il virus nel 2003: Drosten ha immediatamente reso disponibile alla comunità scientifica i suoi risultati sulla SARS, ancor prima che il suo articolo apparisse sul New England Journal of Medicine.
Anche per il coronavirus SARS-CoV-2, apparso per la prima volta a dicembre 2019, il gruppo di ricerca guidato da Drosten ha sviluppato un test diagnostico, che è stato reso disponibile in tutto il mondo a metà gennaio 2020. Il gruppo ha anche pubblicato il genoma sequenziato da campioni ottenuti in Germania.
Drosten è impegnato nella distribuzione trasparente di dati scientifici e quindi pubblica su riviste specializzate come Eurosurveillance, dove tutti gli articoli sono disponibili gratuitamente online.

Das Coronavirus-Update mit Christian Drosten è il titolo del podcast quotidiano di cui è autore dal 26 febbraio 2020.

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Hendrik Streeck (UBK)

Hendrick Streeck è un epidemiologo e ricercatore, esperto di virus HIV. 

Streeck è attualmente a guida di un gruppo di 12 esperti, per fornire consulenza sulle conseguenze economiche e sociali della pandemia di Coronavirus in Germania. Per questo da aprile 2020 dirige un gruppo di ricerca su Heinsberg, uno dei primi centri colpiti da Covid-19 in Germania, selezionato per uno studio intensivo della malattia e delle sue caratteristiche di trasmissione.
Lo scopo è soprattutto quello di fornire raccomandazioni per la politica, tramite la raccolta dati sulla propagazione di SARS-CoV-2 e il numero di casi infetti non segnalati: in tedesco si chiama Dunkelziffer e si riferisce appunto a un dato di valore incognito perché non rilevato o non rilevabile. Streeck aveva criticato il Robert Koch Institut per non aver condotto uno studio di questo tipo. 

I primi risultati dello studio erano previsti nella seconda settimana di aprile 2020 e sono stati annunciati il ​​9 aprile: in una conferenza stampa con il Primo Ministro dello Stato della Renania Settentrionale-Vestfalia, Armin Laschet (CDU), Streeck ha raccomandato ai politici di passare alla fase 2 e cioè di iniziare a diminuire le restrizioni sulla popolazione.
Lo studio e le raccomandazioni derivate sono state molto criticate, sia dagli esperti scientifici che da altri esponenti politici. Molto criticato anche il ruolo dell’agenzia di PR StoryMachine alla quale si è rivolto Streeck per la comunicazione, citata nel video per l’inaccuratezza dei contenuti scientifici riportati.

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Alexander Kekulé (MDR)

Alexander Kekulé è medico e biochimico. Dal 1999 ricopre la cattedra di microbiologia e virologia medica presso l’Università Martin Luther di Halle-Wittenberg ed è direttore dell’Istituto di microbiologia medica presso l’ospedale universitario di Halle (Saale).

La ricerca di Kekulé si concentra su malattie infettive, protezione civile contro rischi biologici e bioetica. Un altro tema di cui si occupa sono le pandemie influenzali. Oltre al suo lavoro scientifico, Kekulé pubblica su testate tedesche articoli sugli aspetti sociali ed etici legati alle scienze.

Durante l’epidemia di Covid-19 è stato molto presente sui media, dando spesso suggerimenti su misure da implementare per proteggere la popolazione: ha proposto le Coronaferien, cioè di chiudere temporaneamente scuole e asili per limitare il contagio, una misura diventata operativa il 16 Marzo 2020.

E’ autore del podcast Kekulés Corona-Kompass prodotto dalla MDR.

Come se la cavano gli esperti su what e so what

Il prof. Drosten è il primo ad essere valutato. I tedeschi, nota Nguyen-Kim, sono molto fortunati ad avere uno dei maggiori esperti al mondo sui Coronavirus che può informarli nella loro lingua e che lo fa volentieri, nonostante la divulgazione scientifica non sia il suo mestiere.
Drosten ha punteggi altissimi sul what: il suo podcast quotidiano ha già raggiunto oltre 1000 minuti di contenuti. Un suo innegabile pregio è che specifica sempre molto chiaramente quando parla di cose al di fuori della sua specializzazione. Per esempio, il fatto che i vaccini non sono il suo ambito di ricerca, nonostante ovviamente sia perfettamente in grado di spiegarli al pubblico generalista. 

Ha risultati ancora migliori nel so what: sottolinea sempre, ad esempio, la differenza tra prendere decisioni su basi scientifiche e prendere decisioni politiche.

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Un’intervista in cui Drosten spiega i limiti delle scienze sperimentali se confrontati con la responsabilità decisionale politica

ln sintesi, la comunicazione scientifica di Drosten ha avuto molto successo anche grazie alla responsabilità con cui prende il suo ruolo di esperto. C’è un piccolo appunto, ma se ne parla a fine video e non c’entra con la valutazione.

Il successivo è il prof. Streeck: anche nel suo caso è una grande fortuna che un esperto con un ruolo in prima linea (lo studio su Heinsberg) abbia anche l’opportunità di informare direttamente il pubblico tedesco. 

Per quanto riguarda la comunicazione, Streeck è valutato nel video come meno accurato di Drosten. Un esempio di scarsa attenzione al pubblico è questa dichiarazione in un’intervista: “Trovo che il problema finora sia che parliamo molto di congetture e di modelli di calcolo. Ma basta che solo un fattore numerico sia sbagliato in un calcolo matematico, perché tutto crolli come un castello di carte”. Una dichiarazione immediatamente rilanciata dai media senza fornire contesto, una generalizzazione pericolosa, che può disorientare il pubblico e danneggiare il rapporto di fiducia con gli esperti epidemiologi e i modelli di calcolo. 

E’ vero che ci sono molti dati sconosciuti sull’epidemia e sul virus, ed è per questo che si lavora tramite modelli di calcolo, basati su valori numerici non (ancora) quantificabili. Lo scopo dei modelli è costruire vari scenari possibili, in un range dal peggiore al migliore. In questo approccio si lavora per ordini di grandezza, lasciando i valori numerici in secondo piano finché non se ne sa di più. Perché un modello di calcolo “crolli come un castello di carte”, dovrebbero essere completamente sbagliati gli ordini di grandezza e non i singoli valori numerici, che sono appunto meno influenti. 

Per chiarire ancora meglio tutti i passaggi, Nguyen-Kim prende come esempio i dati sulla letalità dello studio guidato da Streeck su Heinsberg. La letalità è il numero di decessi diviso per il numero di infetti. Nella realtà, è difficile rilevare con precisione il numero degli infetti perché non tutte le persone infette vengono scoperte o segnalate, ad esempio i casi molto lievi. Quindi c’è un valore numerico non precisamente determinabile – la famosa Dunkelziffer. Se il numero di casi non segnalati è molto più alto di quanto precedentemente stimato, allora anche il numero di persone infette può essere  significativamente più alto del previsto e quindi anche il numero di persone che sono già immuni. E il tasso di letalità può essere quindi molto più basso di quanto ritenuto in precedenza.

Come detto, Streeck ha dichiarato pubblicamente che grazie ai suoi studi condotti a Heinsberg e Gangelt (what) è possibile concludere che la fase 2 – cioè l’allentamento del lockdown – può iniziare per tutta la Germania (so what). Ma è davvero così semplice? Secondo molti esperti (scienziati e politici) e secondo Nguyen-Kim non lo è.

A Heinsberg e Gangelt, lo studio di Streeck ha rilevato un tasso di letalità dello 0,37%. Per ora, questo è solo rappresentativo di quella zona in cui sono stati raccolti i dati analizzati. Resta ancora da vedere se questo numero è trasferibile a tutta la Germania. Anche se l’ordine di grandezza potrebbe essere corretto, perché lo 0,37% di letalità rientra nell’intervallo precedentemente stimato. Le stime finora sono tra l’1,3% in uno scenario negativo e lo 0,1% in uno scenario positivo.

Quali sono i what e i so what effettivi: 

What: questi risultati provvisori confermano ciò che è stato approssimativamente stimato finora.

So what: La situazione per la Germania rimane quindi invariata rispetto a come si pensava in precedenza.

La conclusione che suggerisce Streeck invece dichiarando che “uno su sette potrebbe già essere immune” è affrettata. Questa valutazione è valida solo per Heinsberg e Gangelt, dove sono stati fatti studi specifici. Per il resto della Germania vale ancora che probabilmente non più dell’1% delle persone è immune.

In questo caso il what e il so what di Streeck non hanno un forte collegamento: le conseguenze per la popolazione tedesca non sono quelle che i dati sembrano suggerire – tranne che per Heinsberg e Gangelt. Quindi la comunicazione su questo aspetto così delicato è decisamente di scarsa qualità.

Ultimo punto trattato nel video su Streeck: una sua caratteristica è anche quella di fornire opinioni “da cittadino” e non da esperto. Naturalmente è legittimo che anche gli esperti si esprimano a titolo personale e non sempre, appunto, in qualità di esperti. Secondo Nguyen-Kim, però, Streeck si esprime in modo tale che un profano difficilmente riesce a capire se la sua “opinione da cittadino” si basa anche sulla sua esperienza scientifica o meno.

Il prof. Kekulé è indubbiamente il più presente sui media dei tre esperti presi in esame. Secondo alcuni lo è addirittura troppo, al punto di essere forse sovraesposto per l’abitudine di prestarsi troppo alle dinamiche mediatiche. Questa è l’impressione che ne ha Volker Stollorz, giornalista scientifico a capo del Science Media Center:

“(Kekulé) è più quello che io chiamo un esperto pubblico che viene spesso cercato dai giornalisti. Sono anni però che non contribuisce al progresso della ricerca virologica. In realtà, non ha mai pubblicato sui Coronavirus. Non c’è nulla di suo in merito nei database della ricerca scientifica. Usa abilmente la sua autorità di professore per esprimere la propria opinione personale. Lui stesso cerca volentieri i riflettori. Questo è un vantaggio per i giornalisti, perché quando esperti già conosciuti si lasciano intervistare volentieri, questo fa aumentare anche la rilevanza (dei giornalisti) nei media, per così dire. Ma questo non è un parametro di qualità della ricerca scientifica”.

Su questo punto Nguyen-Kim chiarisce che per il pubblico generalista non è forse poi così importante che Kekulé non abbia delle pubblicazioni specifiche sui Coronavirus: molto spesso è solo richiesto di spiegare le basi e questo può farlo uno scienziato anche non specializzato nel campo. 

Però c’è un rischio: per un profano è facile equiparare la presenza nei media con competenza o correttezza, e questo è un grave errore. Ed è per questo che maggiore è la popolarità pubblica, maggiore è la responsabilità nel gestire il proprio status di esperto e la qualità della propria comunicazione scientifica.

Kekulé dà spesso indicazioni su quelle che, a suo parere, sarebbero le decisioni o le misure migliori da prendere in una determinata fase.

In questo tweet del 6 Aprile 2020, annunciava che il piano di uscita dal lockdown era già pronto da settimane e consisteva in:

  1. protezione dei soggetti a rischio
  2. “smart distancing” (test, mascherine, regole di igiene appropriate)
  3. contagio controllato della popolazione

In preparazione del video, il prof. Kekulé è stato contattato con una serie di domande relative ai passaggi del tweet. Le domande vertono tutte sui numeri (casi gravi, velocità di contagio), che non sembrerebbero corroborare la decisione di allentare le restrizioni. In particolare, ci sarebbero delle contraddizioni sui numeri forniti da Kekulé stesso in un’intervista a Die Presse. In momenti diversi della stessa intervista, Kekulé sembra suggerire numeri contrastanti per la quota necessaria di contagiati giornalieri necessari a garantire un contagio controllato: o dell’ordine di poche centinaia, come da lui esplicitamente dichiarato, o di decine di milioni, come calcolato indirettamente in base ad altri dati forniti da Kekulé nell’intervista. Non c’è stata risposta da parte di Kekulé a queste domande, probabilmente per mancanza di tempo prima della pubblicazione del video.

Quindi, il confronto tra what e so what è sospeso per il momento: finché i dati non sono chiari, non è possibile valutare se le decisioni prese in merito siano appropriate.

Appunto finale

L’ultimo punto trattato nel video, dopo la valutazione degli esperti, è ancora sui rapporti tra scienza e media e si riferisce in particolare a una dichiarazione di Drosten. Come succede dappertutto, anche in Germania i media cercano la spettacolarizzazione creando conflitti e provocazioni. Gli scienziati, in quanto figure note al pubblico, sono spesso bersaglio di attacchi caricaturali o vengono citati incorrettamente per attirare l’attenzione dei lettori. 

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Non solo Drosten è bersaglio di critiche e provocazioni spicce. Questo è un articolo della Bild, in cui Streeck è descritto così: “E’ l’enfant prodige dei virologi: a soli 42 anni, oltre al sorriso smagliante e alla chioma bionda, ha anche un titolo di professore universitario”.

Drosten si è lamentato di questo atteggiamento in un’intervista:

“La scienza non ha un mandato democratico. Uno scienziato non è un politico. Non è stato eletto e non deve dimettersi. E nessuno scienziato intende dire cose come: questa decisione politica era giusta o sbagliata o è quella da prendere come passo successivo. Non lo sentirete dire da nessuno scienziato rispettabile. Tuttavia, questa immagine mediatica dello scienziato chiamato a decidere viene continuamente riproposta. E arriviamo, penso, lentamente al punto in cui gli scienziati devono ritirarsi (dai media), se questa tendenza non si ferma”.

Nguyen-Kim commenta in particolare l’invito finale agli scienziati a sottrarsi ai media pur di sottrarsi agli effetti della spettacolarizzazione.

Le decisioni politiche si compongono di molti elementi (giuridici, etici, sociali) e la scienza è solo uno tra questi. Ma adesso gli scienziati hanno un ruolo chiave per fornire indicazioni su come uscire dall’epidemia e quindi il loro contributo nel discorso politico è irrinunciabile, ed è importante che la discussione sia pubblica per garantire tracciabilità e aumentare la comprensione di tutti. 

Quindi – secondo Nguyen-Kim – è sbagliato invitare gli scienziati a sottrarsi al pubblico, nonostante le dinamiche distorte dei media. Al contrario, c’è bisogno di ancora più esperti altrimenti ci sarà più spazio per altri che non prendono sul serio la correttezza scientifica – il what/so what, il cosa/e quindi.

Nota: le fonti dei dati citati nel video sono disponibili al link del video.

Francesca Vargiu

@GraceVanFruscia

3 pensieri riguardo “Scienziati e media durante la pandemia: le pagelle di maiLab”

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