Berlino e la gentrificazione

Durante le elezioni federali del 26 settembre a Berlino ci sarà anche l’occasione per votare ad un referendum che propone l’esproprio degli appartamenti alle grandi agenzie immobiliari. La radicalità della proposta la rende molto controversa ma anche molto costosa e legalmente difficile da approvare.

Molto si è detto riguardo alle prossime elezioni federali tedesche, ma oltre al rinnovo del Bundestag ed alcuni importanti parlamenti regionali, domenica 26 settembre, ci sarà un importante referendum nella capitale: quello sull’esproprio di circa 240.000 immobili ad alcune delle più grandi agenzie immobiliari tedesche.

Uno dei tanti manifesti. (Foto: dpa/Christophe Gateau)

Da mesi, Berlino è tappezzata di manifesti elettorali giallo-viola e slogan multilingue che tradotti recitano: “Così che Berlino rimanga la nostra casa”. I promotori dell’iniziativa sono svariate associazioni riunite sotto il nome di Deutsche Wohnen & Co. Enteignen – letteralmente: espropriare Deutsche Wohnen, la più grande agenzia immobiliare tedesca. Al referendum potranno votare tutti i residenti dal 16esimo anno di età, e se dovesse vincere il sì, sarebbe una delle proposte più radicali d’Europa per far fronte alla gentrificazione. Dei principali partiti, solo i Verdi e Die Linke si sono espressi a favore dell’iniziativa, mentre CDU, FDP e AfD sono contrari. L’SPD si è invece spaccata tra il partito e la sezione giovanile Jusos; il primo è contro, la seconda voterà con Linke e Verdi.

Bettina Jarasch, candidata per i Verdi come Sindaca di Berlino si è dichiarata favorevole all’iniziativa. Secondo i sondaggi ha buone chance di vincere. (Foto dell’autore)

L’esplosione dei prezzi degli affitti nella capitale tedesca è un trend che dura da anni e non accenna a diminuire. Basti pensare che nel decennio 2009-2019 i prezzi medi degli affitti sono duplicati, cosa che, al contrario, non è accaduta al livello di reddito medio della città. La costante entrata di nuovi arrivati, attratti da un costo della vita in aumento ma comunque inferiore ad altre capitali europee come Parigi e Londra, ha contribuito a creare scarsità di appartamenti facendo quindi aumentare i prezzi. I piani edilizi per la costruzione di nuovi immobili sono arrivati tardi o sono ancora da approvare, ma comunque sia hanno bisogno di tempo per essere realizzati e terminati. Inoltre, solo il 15% delle nuove costruzioni ha prezzi che rientrano nella cd. categoria dei Sozialwohnungen, ossia case meno costose per i meno abbienti.

È questa situazione che giustifica, negli ultimi anni a Berlino, gli svariati tentativi di proposte radicali che hanno avuto rilevanza non solo in Germania ma in tutta Europa, come il Mietendeckel: il “tetto agli affitti”. Un vero e proprio prezzo politico che stabiliva il costo al metro quadro per l’affitto degli appartamenti della capitale. L’attuale coalizione di governo al Senat di Berlino, la rot-rot-grün – SPD, Die Linke e Verdi – ha approvato la legge all’inizio del 2020 e poco più di un anno dopo la Corte Federale l’ha dichiarata incostituzionale, permettendo agli affittuari berlinesi di ottenere un rimborso delle mancate entrate precedenti e il ritorno del libero mercato nei prezzi degli affitti. Ad aprile risale la decisione della Corte e il secondo quadrimestre dell’anno ha segnato un notevole aumento medio degli affitti come riporta Statista, con la facile previsione che nel terzo quadrimestre gli aumenti saranno ancora maggiori. È chiaro quindi che la ripresa del libero mercato a Berlino ha riportato il trend di crescita precedente, con l’aggravante che l’incertezza sulle prossime decisioni politiche, ha portato molti proprietari di immobili ed agenzie a introdurre aumenti significativi degli affitti. 

I costi della soluzione proposta da parte dei promotori del referendum sono tuttora incerti con cifre molto differenti a seconda della fonte. Infatti, mentre Deutsche Wohnen & Co. Enteignen ha calcolato un costo approssimativo di 8 miliardi di euro, il Senat di Berlino afferma che un costo reale si aggirerebbe intorno ai 30 miliardi. Un’approssimazione è possibile farla dopo che venerdì scorso le aziende Deutsche Wohnen e Vonovia hanno venduto circa 15 mila appartamenti a delle controllate statali per un costo di circa 2,5 miliardi. Facendo un calcolo approssimativo, il costo per 240 mila appartamenti sarebbe di circa 40 miliardi di euro. Inoltre, al mero costo di acquisto si aggiungerebbero anche gli eventuali costi di ristrutturazione. Viene da chiedersi, quindi, se il gioco valga effettivamente la candela, in particolare dopo le difficoltà che le casse statali hanno dovuto affrontare per far fronte alla pandemia. 

Se non bastassero i costi esorbitanti, la misura presenterebbe anche caratteri di incostituzionalità, non tanto a livello federale, quanto a livello statale. Sebbene si parli della proposta come esproprio, in realtà il referendum parla di socializzazione. La differenza è fondamentale legalmente parlando. Come spiega bene Der Tagesspiegel, se da una parte l’esproprio è riferito ad una singola proprietà privata che viene trasformata in bene pubblico (si pensi ad un terreno da trasformare in una scuola pubblica), con la socializzazione l’intenzione è quella di nazionalizzare un intero settore economico. Nel primo caso la proprietà privata viene in un certo senso mantenuta, mentre con la nazionalizzazione quest’ultima scompare a favore della proprietà pubblica. Entrambi i provvedimenti sono contro il diritto alla proprietà privata e sono permessi solo in casi estremi e se sanciti nella costituzione. Se nella Grundgesetz, la legge fondamentale della Germania, socializzazione ed esproprio sono permessi a determinate condizioni, nella legge costituzionale del Land di Berlino solo l’esproprio è citato e quindi permesso. Le ragioni sono storiche. L’attuale costituzione del Land è frutto di un referendum del 1995 post-riunificazione. Memori del fallimento dell’esperienza della defunta DDR, la Germania socialista, i berlinesi votarono contro la possibilità di estendere i poteri dello Stato alla socializzazione di interi settori economici.

Secondo l’ultima rivelazione Infratest ad agosto, i berlinesi favorevoli erano il 47% contro il 43% dei contrari. Nel caso la proposta passasse, la nuova giunta si troverà davanti ad una situazione molto delicata.

Simone Vona

@vona_simone

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