Domenica si vota, e lo si è capito molto bene durante l’ultimo triello fra i candidati alla Cancelleria, andato in onda ieri sera su Prosieben e Sat1. Il confronto è stato sicuramente il più acceso dei tre, con numerosi scambi di colpi.
È stato anche quello in cui gli schieramenti si sono delineati con maggior chiarezza. Solo sulla contrarietà all’obbligo vaccinale i tre sono stati d’accordo: su tutto il resto è emersa sempre più l’affinità fra Scholz e Baerbock, dunque fra SPD e Grünen, con Laschet spesso protagonista di un due-contro-uno.

Messo sotto pressione, Laschet ha cercato di essere particolarmente aggressivo, pur dovendo approfondire aspetti che non sono il suo punto di forza e l’hanno costretto sulla difensiva, come i temi sociali e le questioni ambientali.
Ad esempio sul salario minimo, che Scholz e Baerbock intendono aumentare, il candidato conservatore ha spiegato in maniera energica perché invece lui è contrario, preferendo stimolare la crescita economica rispetto a quella che in qualche modo è un’intrusione nelle dinamiche produttive. Anche sulle tasse, Laschet ha accusato SPD e Verdi di voler punire i piccoli imprenditori con la loro proposta di patrimoniale.
A rispondere con altrettanta energia a questi attacchi, più che Scholz, è stata Annalena Baerbock. La candidata verde si è spesso rivolta in maniera molto dura a Laschet, rispondendogli per le rime e rivelando un atteggiamento combattivo che talvolta le è mancato durante la campagna elettorale. Come dice questo editoriale dello Spiegel, a volta si è avuta l’impressione di assistere a uno scontro fra il Cancelliere (Scholz) e la sua viceCancelliera (Baerbock) da una parte e il capo dell’opposizione (Laschet) dall’altra. Ed effettivamente sia il candidato SPD che quella dei Grünen lo hanno detto esplicitamente: a loro giudizio, l’Union stavolta dovrebbe andare all’opposizione.
Scholz ha cercato, come sempre, di restare il più possibile calmo e posato, senza esporsi troppo – la strategia migliore quando si è avanti nei sondaggi a così pochi giorni dal voto. Da questo punto di vista, si potrebbe affermare che c’è stata una vera e propria divisione dei compiti: Scholz in regia e Baerbock all’attacco.
Ci sono stati comunque dei punti di frizione fra i due. Ad esempio sul tema della lotta al cambiamento climatico: Baerbock ha ancora una volta sottolineato l’insufficienza delle politiche della Grosse Koalition, che sulle questioni ambientali ha parlato tanto ma fatto molto poco. Si è trattato però di un caso quasi isolato. Molti hanno notato che quando la candidata verde parlava ad esempio delle misure per contrastare la povertà infantile Scholz annuiva in maniera piuttosto vistosa.
Laschet ha cercato di spostare il dibattito anche su un tema finora quasi mai toccato, cioè la sicurezza interna, ma anche in quel caso Baerbock si è mostrata molto risoluta nel controbattere alle sue proposte. Per un partito che da anni e anni occupa il Ministero degli Interni, ha detto la candidata verde, non è concepibile fare un elenco di cose che andrebbero fatte: perché non le avete fatte, in tutto il tempo che avete occupato al dicastero responsabile?
Come sempre alla fine si è parlato di coalizioni. Baerbock ha detto che non esclude nessun tipo di accordo “fra partiti democratici”, il che ovviamente significa estromettere AfD. Anche Scholz non esclude alcuna combinazione, tranne una che includa AfD, e ammette che il suo partner preferito sarebbero i Grünen.
Da molti punti di vista quest’ultimo triello ha confermato quanto emerso in quelli precedenti, e quanto attualmente dicono i sondaggi. Anche stavolta secondo gli spettatori ha vinto Scholz, con Laschet al secondo posto e Baerbock terza. Anche stavolta sono emerse le vicinanze fra SPD e Grünen, e Laschet ha dovuto provare a mostrarsi combattivo pur dovendo giocare gran parte della partita in difesa. Anche stavolta, infine, c’è stato un grande assente nel dibattito: la politica estera. Lo scenario geopolitico, il ruolo della Germania in Europa e nel mondo, le relazioni con USA, Russia e Cina: a parte qualche frase durante il primo triello, nel momento in cui si dibatteva la crisi afghana, tutti questi punti sono stati sostanzialmente ignorati. Un fatto molto grave, come ha commentato su Twitter Thomas Wieder, corrispondente da Berlino per Le Monde.
Proprio come per gli altri due, anche dopo questo triello è legittimo dubitare che si verificheranno grandi spostamenti nell’elettorato. È invece probabile che siano cominciati i movimenti dietro le quinte fra i partiti: che il corteggiamento verso alcuni potenziali partner di governo si sia fatto più spinto, che inizino a partire dei messaggi cifrati. L’affinità fra SPD e Grünen è emersa in maniera molto visibile, ma altri segnali si fanno sempre più chiari. Ad esempio sempre domenica sera l’altro leader dei Verdi Robert Habeck e il capo dei liberali Christian Lindner sono stati ospiti del talk-show politico di Anne Will, e sono risultati inaspettatamente vicini su parecchi punti legati al cambiamento climatico. Poi, da tempo si parla di una riforma del sistema elettorale che eviti Bundestag giganteschi come quello attuale, composto da oltre 700 membri: e ora esponenti di punta di SPD, Grünen e FDP sostengono che questa riforma si può fare, ma solo senza l’Union di mezzo.
Per quanto riguarda le alleanze possibili due indizi non fanno una prova, ma certo danno da pensare.