L’opzione von der Leyen

Cosa significa per la Germania e per l’Europa la nomina di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione Europea

Martedì sera il Consiglio Europeo ha deciso di proporre Ursula von der Leyen come Presidente della Commissione Europea. La nomina dovrà essere approvata dal Parlamento Europeo, un passaggio il cui successo non è scontato, ma nel frattempo il suo nome, sostanzialmente sconosciuto fuori dalla Germania fino a ieri, è diventato improvvisamente molto noto.

Attualmente, von der Leyen è Ministro della Difesa in Germania. Il suo nome da celibe è Ursula Gertrud Albrecht, ed è figlia di Ernst Albrecht, ex presidente della Bassa Sassonia (Niedersachsen). Ursula è nata nel 1958 (61 anni) a Bruxelles, ai tempi in cui suo padre lavorava per la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca). È quindi cresciuta in Belgio fino agli anni del liceo, e parla francese da quando era bambina.

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Ursula von der Leyen (Foto: dpa)

Nel 1990 si è iscritta alla CDU, e nel 2003 è eletta deputata per il Landtag della Bassa Sassonia, il parlamento federale. Già qualche mese dopo, diviene Ministro degli Affari Sociali, delle Donne, della Famiglia e della Salute per il Land.

Il suo ingresso nella scena nazionale avviene senza prima essere eletta al Bundestag: nel 2005, infatti, viene indicata da Angela Merkel come Ministra della Famiglia, e in seguito come Ministra del Lavoro (2009). Nel 2013 diviene la prima donna in Germania a capo del Ministero della Difesa, ruolo che ricopre attualmente, ed è l’unico ministro tedesco a essere rimasto in carica fin da quando la Merkel divenne cancelliera.

Nella CDU, von der Leyen si distingue per essere una persona di fiducia di Angela Merkel, di cui condivide la posizione nel partito e l’impostazione di governo. Il suo operato alla Difesa, tuttavia, è stato più volte al centro di critiche. Nel gennaio 2019, ad esempio, un rapporto sullo stato dell’esercito tedesco ha fatto sollevare molti dubbi sulla gestione del suo Ministero. Secondo il rapporto, la Bundeswehr soffrirebbe di carenza di personale e di equipaggiamento; basti pensare ad esempio che in Lituania, dove 450 soldati tedeschi sono impegnati per una missione di pattugliamento dei confini europei, alcuni ufficiali statunitensi hanno riferito di essere rimasti stupiti dal fatto che i tedeschi comunicavano attraverso linee non sicure per la mancanza di adeguata strumentazione radio; o che a causa della scarsa manutenzione, la maggior parte dei mezzi aerei non ha mai volato nel 2018, una situazione di inattività che ha portato molti piloti ad abbandonare l’aviazione. Sembrano inoltre aumentare i casi di collusione con ambienti di estrema destra.

A livello europeo, von der Leyen si era fatta conoscere per le posizioni assunte ai tempi della crisi del debito greco, quando mostrò di avere posizioni persino più rigoriste di Schäuble, arrivando ad affermare che la Grecia avrebbe dovuto porre riserve auree a garanzie del prestito accordatole. Lo stesso Schäuble, ai tempi, con un’espressione divenuta celebre, disse che affrontare la crisi della Grecia con colleghi come la von der Leyen era come «attraversare con una candela accesa una stanza piena di nitroglicerina».

Se a livello internazionale si caratterizza per un europeismo rigorista e un atlantismo ferreo, in politica interna, invece, von der Leyen ha assunto spesso posizioni orientate a un pragmatismo politico di stampo merkeliano, incontrando talvolta le istanze più progressiste: al Ministero della Famiglia, ad esempio, ha varato misure per le mamme lavoratrici (lei stessa ha ben sette figli), ha introdotto il congedo di paternità e non ha mai mostrato opposizione per i matrimoni omosessuali – anzi ha proprio votato a favore dello Ehe für alle, il matrimonio egualitario, nel giugno del 2017.

La sua candidatura alla Presidenza della Commissione, tuttavia, potrebbe causare l’ennesimo strappo tra CDU e SPD, in uno scenario già molto teso per la sopravvivenza delle larghe intese. Von der Leyen non è certo una figura apprezzata dagli altri partiti, soprattutto dai socialdemocratici che potrebbero vedere nella sua nomina la volontà da parte dei cristiano-democratici di forzare la mano tornando a sostenere politiche europee pro-austerity. Non è un caso che già nei minuti immediatamente seguenti l’annuncio della candidatura, sia eurodeputati della SPD che dei Verdi hanno sottolineato la loro contrarietà alla proposta, nonostante coinvolgesse un membro del governo tedesco.

È possibile, quindi, che la scelta di von der Leyen isoli ancora di più la CDU, che da una parte teme di perdere gli alleati di governo socialdemocratici, in crisi a causa della Große Koalition, e dall’altra si vede sempre più incalzata dai Verdi nei sondaggi. Inoltre prima del voto il Partito Popolare Europeo, a cui aderiscono CDU e CSU, aveva presentato come Spitzenkandidat Manfred Weber (ne avevamo parlato su Kater), nome a cui si è poi rinunciato durante le negoziazioni a causa della maggioranza risicata ottenuta dai Popolari. Nonostante la Merkel abbia cercato fino all’ultimo di tenere in gioco Weber, è chiaro che passare da un candidato della CSU a una della CDU rischia di creare qualche frizione tra due partiti storicamente alleati, che si sommano a quelle già in atto in questi anni di governo per le divergenze tra la Merkel e Horst Seehofer, ministro ed ex presidente della CSU. Una rottura dell’alleanza appare improbabile, ma Manfred Weber (che rimane capogruppo dei Popolari a Bruxelles) potrebbe decidere di avere un atteggiamento meno collaborativo con la Commissione, provando a egemonizzare all’interno del gruppo dei popolari alcuni temi cari alla CSU su cui vi sono stati scontri con gli alleati (come l’immigrazione).

La candidatura di von der Leyen però potrebbe avere anche effetti indiretti. Fino a qualche giorno fa, uno dei nomi più papabili per succedere a Mario Draghi come governatore della Banca Centrale Europea era quello di Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank, anch’egli famoso per le sue posizioni rigoriste. Nel pacchetto proposto dal Consiglio, però, Weidmann è stato sostituito dalla francese Christine Lagarde. Si tratta di un’ipotesi più in continuità con la linea di Draghi, ma che rischierebbe di essere vissuta da alcuni tedeschi come un cedimento alla linea delle “colombe”, cioè di chi vorrebbe un’Europa meno rigorista sui conti pubblici rispetto ai “falchi” tedeschi. Il tema in Germania è sentito, come dimostra il fatto che Alternative für Deutschland, prima di diventare il partito che conosciamo, nacque come un partito di economisti anti-euro che giocava molto sulla narrazione dei paesi mediterranei spreconi sulle spalle di Germania e nord Europa. Aver rinunciato a Weidmann, quindi, potrebbe scontentare gli elettori CDU più oltranzisti su questo tema.

Allo stato attuale, è difficile fare previsioni. Di sicuro, però, la CDU è di fronte a una sfida importante per il suo futuro. Qualora il Parlamento Europeo respingesse la candidatura, i cristiano-democratici dovranno cedere terreno agli altri partiti popolari per proporre un sostituto. Anche il fatto di aver sostanzialmente abbandonato il meccanismo degli Spitzenkandidaten (nessuno dei nomi proposti agli elettori è oggi tra quelli su cui il Consiglio ha trovato l’accordo) può allontanare il partito dagli elettori più favorevoli a una democratizzazione dell’UE.

Se von der Leyen fosse eletta, la CDU potrebbe rimanere isolata qualora non riuscisse a farsi carico dell’enorme responsabilità che ne deriverebbe. Se però von der Leyen dovesse ottenere la nomina, e operare bene come presidente della Commissione, per i cristiano-democratici potrebbe aprirsi una fase interessante, che gli permetterebbe di tornare ad essere un partito cardine in Germania e ad avere una forte influenza in Europa, invertendo così la tendenza degli ultimi mesi, in cui sono sembrati spesso in affanno. Qui si apre però un’altra incognita: sarebbe Annegret Kramp-Karrenbauer la figura giusta per una fase del genere? In effetti, entrando nel campo delle ipotesi più pure, indicare Ursula von der Leyen come candidata alla Commissione potrebbe leggersi anche come un modo, da parte di Angela Merkel, di togliere da una situazione difficile come quella del Ministero della Difesa una sua storica fiduciaria, mettendola in una posizione chiave che, tra qualche anno, le permetterebbe di tornare sulla scena nazionale con una forte legittimità, sia sul piano di governo che nel partito (soprattutto qualora la Kramp-Karrenbauer si dimostri non adatta a governare la CDU in una fase così delicata…).

Per certi versi, dunque, si può ipotizzare che sul nome di Ursula von der Leyen la CDU giochi una partita importante non solo per la sua supremazia gli altri partiti tedeschi, ma anche per i suoi stessi equilibri interni. Lo sviluppo sarà tutto da vedere, ma intanto le molte incognite sono già sul tavolo.

Luigi Daniele

@luigi_daniele

2 pensieri riguardo “L’opzione von der Leyen”

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