I programmi dei partiti tedeschi: le tasse

Le ricette dei partiti tedeschi per la politica fiscale hanno qualche similitudine ma molte differenze, che potranno pesare quando si tratterà per la formazione del governo

Manager Magazine ha analizzato i programmi dei partiti tedeschi in vista del voto di settembre su un tema molto importante e sempre parecchio delicato: le tasse. Fra le proposte ci sono alcune differenze significative, e per tutte le possibili coalizioni di governo sarà richiesto a ogni partito di rinunciare ad alcuni punti fondamentali – un dettaglio da non sottovalutare quando sarà tempo di sedersi al tavolo dei negoziati.

Foto: dpa/Hans-Jürgen Wiedl

Il programma dell’Union, quando si parla di tasse, sembra un po’ contraddittorio. I conservatori vogliono spingere molto sugli investimenti in numerosi settori, ma al tempo stesso reintrodurre lo schwarze Null, cioè il freno al debito temporaneamente sospeso durante la pandemia, e soprattutto non intendono alzare le tasse, anzi vogliono togliere del tutto la Solidaritätszuschlag (la “tassa di solidarietà” che copre ancora i costi della riunificazione e che è già stata abbassata) e ridurre le imposte di impresa al 25% dei profitti. 

Secondo i critici queste misure beneficerebbero solo i redditi più elevati, che dovrebbero versare meno tasse rispetto a ora, e in più l’unico finanziamento per gli investimenti proposti verrebbe dalla speranza nella crescita dell’economia, senza un vero piano di coperture. Stefan Bach, ricercatore del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (Istituto tedesco per la ricerca economica, DIW), stima la perdita di entrate ad almeno 30 miliardi di euro l’anno.

Ci sono alcune affinità fra il programma fiscale dell’Union e quello della FDP. Anche il partito liberale intende cancellare del tutto la Solidaritätszuschlag e abbassare le tasse per le imprese, ma non solo: vuole anche abolire la Gewerbesteuer, una “tassa sulle imprese” che rappresenta una delle principali fonti di entrata per i comuni tedeschi. L’obiettivo della FDP è quello di “liberare” le forze produttive del Paese, e per fare questo pianifica ulteriori tagli ad altre imposte, normalmente di lieve entità, che però tutti insieme sarebbero addirittura più costosi di quelli proposti dall’Union, come nota Achim Truger, economista dell’Università di Duisburg e membro del Consiglio tedesco di esperti economici, vicino al mondo dei sindacati. I liberali intendono finanziare questi tagli con una politica di risparmio molto attenta, volta soprattutto a rimettere sotto controllo il debito pubblico, da riportare in fretta sotto la soglia del 60% del PIL attraverso quello che i liberali definiscono Tilgungsturbo, “turbo ammortamento”. Anche in seguito il piano è quello di limitare la spesa sociale al massimo al 50% del bilancio.

La rigidità sul debito dei liberali rischia però di essere un problema, secondo molti osservatori, soprattutto per quanto riguarda l’allentamento dei vincoli a livello europeo: la loro forte contrarietà potrebbe rappresentare un rischio concreto per la tenuta del sistema, e non è affatto ben vista da numerosi investitori tedeschi.

Anche la SPD vuole tagliare le tasse, ma intende farlo in modo “neutrale rispetto alle entrate”, il che inevitabilmente significa riduzioni di lievissima entità, in particolare dopo un periodo di grandi difficoltà (e grandi spese) come questi due anni di pandemia. Questi tagli sarebbero finanziati da un aumento delle tasse per i redditi più elevati, sopra i 100.000 euro annui. Inoltre i socialdemocratici intendono introdurre una patrimoniale (all’1%), con esenzioni specifiche per le aziende a conduzione familiare, e fare in modo che gli stipendi dei manager che superano i 500.000 euro non siano più deducibili come spese dalle imprese.

Sulla questione del debito il candidato Cancelliere del partito, Olaf Scholz, rimane piuttosto vago. È principalmente sua la scelta di mettere in soffitta lo schwarze Null durante la pandemia, ma nelle sue dichiarazioni e nel programma non ci sono chiare indicazioni, se non un generico impegno a utilizzare lo spazio di manovra garantito costituzionalmente per la richiesta di credito. Un caso del genere potrebbe essere rappresentato dagli Schattenhaushalte, i “bilanci ombra”, cioè bilanci sussidiari rispetto al bilancio pubblico e che si generano ad esempio quando degli stanziamenti di spesa inutilizzati vengono riportati all’anno successivo.

Anche i Grünen intendono tagliare le tasse ma senza perdere di vista le entrate, con in più rispetto ai socialdemocratici una proposta di riforma del freno al debito. Unendola a una riforma complessiva del sistema fiscale, i Verdi vogliono finanziare maggiori investimenti soprattutto per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico e la sostenibilità energetica, fino a 50 miliardi di euro all’anno. Anche loro sono a favore di una patrimoniale per i redditi più elevati, e in generale di un lieve aumento delle tasse per chi guadagna di più. Figura nel programma anche uno dei punti su cui negli ultimi anni il partito ha spinto di più, cioè una tassa sulle emissioni di CO₂. 

Per aiutare il Paese a uscire dalla pandemia, inoltre, i Grünen propongono l’introduzione di condizioni di ammortamento agevolate per le attività particolarmente colpite dalla crisi, come quelle legate alla ristorazione e al turismo, ma anche le piccole e medie aziende che si sono ritrovate a rischio insolvenza.

Il programma fiscale della Linke è per certi versi il più dettagliato, e certamente il più aggressivo. Molte proposte sono simili a quelle di SPD e Grünen, ma in ordini di grandezza parecchio diversi: ad esempio per quanto riguarda la patrimoniale, che il partito di sinistra vorrebbe al 5%. Nei piani anche un abbassamento delle tasse per i redditi bassi, con un’indennità di base esentasse di 14.000 euro, e uno speculare innalzamento per i chi guadagna di più, con un’aliquota al 75% per i milionari. La Linke vorrebbe anche una patrimoniale una tantum, che dovrebbe portare entrate per 310 miliardi di euro nell’arco di 20 anni, una tassa di successione più alta e misure più efficaci contro l’evasione fiscale. 

Fra le proposte anche la cancellazione del freno al debito, unico partito a spingersi così in là contro lo schwarze Null.

Nel suo programma dedicato a una “Germania normale” AfD dedica poco spazio alla politica fiscale. Gli alternativi tessono gli elogi della proposta di riforma fiscale avanzata nel 2005 da Paul Kirchhof, consulente di Angela Merkel durante la campagna elettorale di quell’anno e autore di un piano molto aggressivo basato su 3 aliquote principali (15%, 20% e 25%) e parecchia deregulation. Il loro obiettivo è quello di “liberare completamente l’economia dagli oneri della politica”, tagliando e cancellando numerosi tipi di tasse, ma al tempo stesso “portare le infrastrutture a standard moderni”, il che evidentemente richiede investimenti e spese non indifferenti. Ma comunque nessuno vuole avere a che fare con AfD, come sempre d’altra parte.

Come si vede, ci sono posizioni vicine, in alcuni casi sovrapponibili, un fattore che almeno in teoria dovrebbe facilitare la costruzione delle coalizioni di governo. Ma in tutti gli scenari possibili ci sono aspetti centrali su cui i partiti dovranno fare compromessi pesanti, rinunciando ad alcuni punti qualificanti delle loro proposte. Grünen e SPD ad esempio sono affini da diversi punti di vista, ma devono per forza reclutare un altro partito per governare: e sarebbe difficile armonizzare la loro visione con quella della Linke, molto più agguerrita e radicale, o con quella della FDP, altrettanto agguerrita e radicale ma di segno opposto. E un discorso molto simile si può fare per un accordo fra Union e FDP: anche in questo caso servirebbe un terzo partner, ma chi scegliere fra SPD e Grünen, entrambi piuttosto lontani da loro sui temi fiscali? Chi sarà disposto a cedere, e quanto, su una questione così sensibile come quella delle tasse?

Edoardo Toniolatti

@AddoloratoIniet

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