Il secondo triello fra i candidati alla Cancelleria, andato in onda domenica sera su ARD e ZDF, ha in buona parte confermato l’opinione che i tedeschi avevano dei tre contendenti. Una piccola eccezione è rappresentata da Annalena Berbock: la candidata verde, secondo un sondaggio realizzato subito dopo la trasmissione, è andata meglio del previsto per il 53% degli intervistati. Gli altri due, invece, hanno largamente confermato le attese.


Ci sono state tuttavia alcune differenze significative rispetto al primo triello.
Innanzitutto il contesto. I sondaggi continuano a delineare il trend delle ultime settimane, con la SPD saldamente davanti alla CDU e i Grünen al terzo posto, ma nei giorni scorsi sono successe alcune cose che hanno avuto un impatto durante il dibattito, e potrebbero averne ancora in vista del voto.
Armin Laschet si è trovato nuovamente al centro di feroci polemiche, essenzialmente per due ragioni. In primo luogo una sua dichiarazione, in cui ha detto che “in tutte le decisioni della storia postbellica la SPD è sempre stata dalla parte sbagliata”. Laschet intendeva riferirsi alle politiche economiche e finanziarie, come ha specificato andando avanti nel discorso, ma la frase e la pausa scenica che l’ha immediatamente seguita sembravano fatte apposta per scatenare un putiferio. Putiferio che si è naturalmente scatenato. Della storia della SPD dopo la guerra fanno parte anche la Ostpolitik di Willy Brandt, o il suo inginocchiarsi a Varsavia, eventi che hanno contribuito in maniera decisiva a plasmare la Germania di oggi e il suo rapporto con il passato: come si fa a metterli “dalla parte sbagliata”? La reazione dei socialdemocratici è stata durissima. Il Generalsekretär Lars Klingbeil ha ricordato in un tweet cose come l’opposizione alla guerra in Iraq, l’introduzione del salario minimo o il matrimonio egualitario, mentre la CDU ha difeso il suo candidato sostenendo che la SPD stesse diffondendo “fake news” visto che Laschet si riferiva solo alle politiche economiche e finanziarie.
Poi è tornato a farsi vivo Hans-Georg Maaßen, l’ex capo dei servizi segreti rimosso per le sue pericolose vicinanze ad AfD e che ora è nella lista elettorale della CDU in Turingia. Maaßen rappresenta un bel problema per Laschet: il candidato Cancelliere non ha mai preso le distanze in modo netto, sottolineando quanto lo separa da Maaßen ma al tempo stesso difendendo la sua inclusione nelle liste, visto che si tratta di scelte della sezione locale che vanno rispettate. Solo che ora a fare campagna elettorale per Maaßen non sono solo quelli più a destra nella CDU, ma direttamente i neonazisti. Tommy Frenk, figura di spicco del mondo neonazi turingiano, sul suo sito ha dichiarato di voler suddividere i suoi due voti così: la Zweitstimme ad AfD, ma la Erststimme, quella per il candidato del distretto elettorale, per Maaßen. Non solo: sebbene nel partito ci sia chi lo difende, Maaßen è stato duramente criticato in tv da Karin Prien, una delle politiche scelte da Laschet per dare forma al suo Zukunftsteam, il ”team del futuro” per modernizzare la Germania. E Maaßen ha risposto: a suo dire Prien “ha gravemente danneggiato il partito”, e dovrebbe essere estromessa dal team.

Ma il fatto più rilevante è quello che ha coinvolto Olaf Scholz. Giovedì 9 settembre sono stati infatti perquisiti gli uffici del Ministero della Giustizia e del Ministero delle Finanze, su mandato della Procura di Osnabrück, per un’indagine relativa a gravi negligenze della Finance Intelligence Unit nell’ambito della lotta al riciclaggio di denaro, un reato particolarmente fiorente in Germania. In qualità di Ministro delle Finanze, Scholz è direttamente chiamato in causa, e sebbene la SPD abbia denunciato la possibilità di una macchinazione politica dietro la vicenda, soprattutto in base alla tempistica, il candidato socialdemocratico è decisamente sotto pressione.
Durante il triello di domenica sera entrambe le questioni sono emerse. E se la faccenda di Maaßen è stata liquidata tutto sommato in poco tempo, con Laschet che ha riconfermato la presenza di Prien nel suo Zukunftsteam e ha fatto capire che l’ex capo dei servizi segreti dovrà adeguarsi alla linea, la perquisizione al Ministero delle Finanze è stata invece molto più dibattuta. Laschet ha attaccato direttamente Scholz: le sue critiche agli investigatori, secondo il capo della CDU, ricordano “ciò che fanno i populisti in altri Paesi”. E poi ha rincarato la dose: “se il mio Ministero delle Finanze lavorasse così, avremmo un serio problema”. I due moderatori hanno sottoposto Scholz a domande minuziose sulla questione, e anche Annalena Baerbock non ha lesinato critiche: a causa della poca attenzione al tema del riciclaggio di denaro e dell’evasione fiscale, non gestito in maniera efficace dal dicastero responsabile, “si perdono ogni anno circa 50 miliardi di euro”. Per buona parte della fase iniziale del dibattito, Scholz si è dovuto tenere sulla difensiva, e ha talvolta dato l’impressione di non riuscire a trattenere il suo nervosismo.
In parte i temi trattati sono stati gli stessi dell’altra volta. Si è parlato di nuovo di difesa del clima, e in maniera abbastanza sorprendente la questione è stata dominata da un confronto molto serrato fra Scholz e Laschet, con Baerbock un po’ defilata su un punto che invece dovrebbe essere il suo core business. Baerbock ha poi ripreso il tema dell’infanzia e delle scuole, a cui aveva dedicato molta attenzione anche durante il primo dibattito. Si è parlato di nuovo di tasse, di pensioni, di un possibile tetto ai canoni di affitto delle case e di digitalizzazione, su cui di nuovo sono emerse le affinità fra SPD e Grünen, anche se almeno sull’ultimo tema nessuno dei tre è sceso nei dettagli di come si vuole aggiornare la – carentissima – infrastruttura tecnologica tedesca
E ovviamente si è parlato di nuovo della questione su cui Laschet e la CDU puntano ormai da settimane per screditare Scholz: la faccenda delle alleanze. Anche stavolta il candidato socialdemocratico non ha escluso esplicitamente un accordo con la Linke, così come non lo ha fatto Baerbock, ma ha ripetuto le sue condizioni, soprattutto sulla Nato.
C’è stato però un grande assente: la politica estera. Come notavamo qualche giorno fa, il primo triello aveva lasciato l’impressione che tutti e tre i candidati fossero pronti a una svolta sul tema, decisi ad abbandonare la tradizionale ritrosia tedesca nei confronti di una leadership europea che nei fatti è inevitabile. Stavolta, invece, non una parola sull’Europa o sui principali punti caldi dello scenario globale. È probabile che se ne parlerà ampiamente nell’ultimo triello, previsto per il 19 settembre, ma chissà?
Una certa differenza rispetto al primo triello si è vista anche negli appelli finali. Qui il più in palla è apparso Laschet, che nel minuto a disposizione ha di nuovo sottolineato la stabilità garantita dalla CDU, ma soprattutto ha impostato il suo appello sulla fiducia. Si tratta di fiducia, ha detto: “e potete avere fiducia che come Cancelliere sburocratizzerò il Paese”, dando nuovo ossigeno ad aziende e imprenditori. E soprattutto, ha detto Laschet, “potete stare sicuri che non vi dirò cosa dovete fare, come dovete vivere, cosa dovete pensare”: un appello alla libertà che, oltre che agli elettori CDU, potrebbe risuonare accattivante anche per i conservatori che stanno facendo un pensierino a votare FDP.
Annalena Baerbock ha incentrato il suo appello sulla questione ambientale: “il prossimo governo è l’ultimo che potrà fare qualcosa” per fermare la catastrofe del cambiamento climatico. Un’opportunità che non possiamo farci sfuggire, se non vogliamo che i nostri figli e i nostri nipoti ci chiedano perché potevamo agire e non l’abbiamo fatto: e per questo serve un governo a guida verde, ha concluso Baerbock.
Scholz ha invece impostato il suo appello sulla solidarietà, di cui i tedeschi hanno dato grande prova durante la crisi pandemica. Solidarietà che dovrà essere un punto centrale anche in futuro, e per il prossimo governo: e che significa, fra le altre cose, anche un salario minimo più alto e pensioni stabili e sicure.
I sondaggi condotti subito dopo il dibattito hanno confermato che, tutto sommato, poco si è mosso. Secondo gli intervistati Scholz ha nuovamente vinto il confronto, risultando il più competente e il più affidabile (non il più simpatico: stavolta ha vinto Baerbock).
Vedremo se il terzo e ultimo triello smuoverà di più le acque, magari anche a causa dell’evoluzione dell’indagine che coinvolge il Ministero di Scholz o del modo in cui si svilupperà il complesso rapporto fra Laschet e l’ala destra della CDU. E chissà se Baerbock riuscirà a sfoderare una performance in grado di far risalire i Grünen nei sondaggi, riportandoli intorno al 20%.
Ma come notavano in molti su Twitter c’è un’altra domanda che, dopo ieri sera, aleggia nella testa di chi ha seguito il dibattito.
Guardate questa immagine:

Bene: PERCHÉ DIAMINE LASCHET È L’UNICO CON IL NOME CENTRATO E NON ALLINEATO A DESTRA???
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