I partiti tedeschi di fronte all’invasione russa dell’Ucraina

Breve panoramica delle reazioni dei partiti tedeschi all’aggressione russa, e del loro significato.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha scatenato reazioni molto forti anche in Germania, come del resto in tutto il mondo. 

Ci siamo svegliati in un altro mondo”, ha commentato ieri mattina la Ministra degli Esteri Annalena Baerbock, un mondo in cui la Russia è responsabile di aver violato “le più elementari regole dell’ordine internazionale”. Anche il Cancelliere Scholz ha avuto parole durissime. In un messaggio ai tedeschi trasmesso in tv ha parlato di “un giorno buio per l’Europa”, e non ha usato mezzi termini: “è la guerra di Putin”, e sarà lui a pagare a caro prezzo questo “grave errore”. 

La Porta di Brandeburgo illuminata con i colori dell’Ucraina, mercoledì sera. (Foto: Michele Tantussi/Reuters)

La reazione all’aggressione russa è arrivata non solo dal governo, ma da tutto il sistema politico tedesco. Già martedì le organizzazioni giovanili di quattro partiti – la Junge Union conservatrice, i socialdemocratici Jusos, la Grüne Jugend e gli Junge Liberaleavevano diramato un comunicato congiunto a sostegno dell’Ucraina, e avevano manifestato insieme davanti all’Ambasciata russa a Berlino. Ieri poi tutti i partiti hanno condannato l’invasione russa, con toni dalle sfumature diverse ma generalmente concordi. La SPD ha definito Putin “un criminale di guerra”, la FDP “un bugiardo”; per la CDU/CSU è una guerra non solo contro l’Ucraina, ma “contro la democrazia, contro la nostra libertà”, per i Grünen “una spudorata violazione del diritto internazionale”. Anche Linke e AfD invocano un passo indietro da parte della Russia, che deve cessare le sue operazioni militari e ritirarsi dal territorio ucraino.

Si tratta naturalmente di reazioni dovute, davanti a un’aggressione militare priva di giustificazioni. Reazioni che però ricadono dentro quadri e contesti diversi, e hanno anche diversi significati.

Le parole durissime della SPD vanno probabilmente lette anche alla luce del crescente imbarazzo di queste settimane, dovuto naturalmente a Gerhard Schröder. L’ex Cancelliere socialdemocratico è il volto più noto del legame fra Germania e Russia: amico personale di Putin, forza motrice dietro il progetto Nord Stream, siede nel Consiglio di amministrazione di Rosneft, colosso russo dell’energia, ed ha avuto lunghi intrallazzi con Gazprom. Schröder ha comunque preso la parola su Linkedin per condannare l’aggressione russa: è vero che sono stati fatti “errori da entrambe le parti”, ma “gli interessi di sicurezza della Russia non giustificano l’impiego di mezzi militari”. Da giorni in molti chiedono al partito di espellere l’ex Cancelliere, ma la dirigenza finora è contraria, come ha spiegato il Generalsekretär Kevin Kühnert.

Un abbraccio fra Schröder e Putin, nell’estate del 2018. (Foto: IMAGO/ITAR-TASS)

L’espulsione di Schröder sarebbe magari simbolica, tuttavia non risolverebbe il problema. È lui il volto più noto ed influente della Russland-Connection della SPD, ma non certamente l’unico. Il partito socialdemocratico tedesco ha stretti legami con Mosca, e una certa apertura nei confronti della Russia la si ritrova soprattutto fra i Genossen a est – spicca ad esempio l’attuale Ministerpräsidentin del Meclemburgo, Manuela Schwesig. Il progetto Nord Stream e la sua importanza strategica per l’approvvigionamento energetico del Paese non hanno fatto altro che intensificare questi legami. Ed è noto come fra gli esponenti di primo piano del partito ci sia ancora chi mostra una certa comprensione nei confronti dei supposti timori di Mosca – soprattutto nella SPD della Bassa Sassonia, il Land da cui proviene Schröder.

Anche la Linke si trova in una posizione complicata. Il partito di sinistra è tradizionalmente vicino alla Russia, e soprattutto è da sempre animato da un diffuso sentimento antiamericano. Uno dei suoi punti fermi è la contrarietà alla NATO, solo recentemente minimizzata durante la campagna elettorale, e per numerosi militanti sembra che la scelta fra USA e Russia penda ancora molto chiaramente in favore della seconda. La posizione ufficiale della Linke al momento è di condanna all’aggressione russa, ma solo venerdì scorso alcuni esponenti del partito, guidati dal deputato Sevim Dağdelen, avevano manifestato davanti alla Porta di Brandeburgo contro “le provocazioni” dell’ambasciatore ucraino, accusando la NATO di essere un’organizzazione di guerrafondai e i media tedeschi di diffondere le menzogne propinate dai servizi segreti americani. 

L’atteggiamento nei confronti della Russia delinea un’altra linea di frattura interna in un partito già dilaniato dagli scontri fra correnti, e in cui il pessimo risultato alle elezioni dello scorso settembre ha contribuito ad alimentare le tensioni. E se entrambe le co-leader, la moderata Susanne Hennig-Wellsow e la radicale Janine Wissler, hanno definito l’aggressione “un crimine”, non è raro imbattersi in posizioni come quella espressa in questo tweet dall’organizzazione giovanile berlinese del partito.

“Il nemico principale si trova nel nostro stesso Paese. No alle guerre imperialiste! No alla NATO!”

Anche Sahra Wagenknecht, popolarissima e controversa esponente del partito, ha affidato a un tweet la sua condanna della guerra: ma in molti le hanno subito ricordato come solo pochi giorni prima, ospite del talk-show condotto da Anne Will, avesse ridicolizzato l’eventualità di un’invasione russa, aggiungendo che “possiamo essere contenti che Putin non sia affatto come viene descritto, un pazzo nazionalista ossessionato dall’idea di spostare i confini.” 

Per la Linke questa crisi è un punto di svolta. Dopo la clamorosa batosta rimediata al voto di settembre è necessario un profondo rinnovamento, che inevitabilmente dovrà includere un ripensamento profondo della propria politica estera e del proprio posizionamento dal punto di vista internazionale. L’invasione dell’Ucraina impone una decisa accelerazione su questo tema: come nota lo Spiegel, i toni fermi di condanna nei confronti di Mosca rappresentano una novità, ma non è detto che siano un vero e proprio mutamento di rotta.

La vicinanza alla Russia non è però un’esclusiva della sinistra tedesca. Anche dalle parti della CDU ci sono numerosi Russland-Versteher, come vengono definiti quelli che “comprendono” le ragioni della Russia. Uno di questi era proprio Armin Laschet, l’ex leader candidato alla Cancelleria alle scorse elezioni. Un altro volto noto è quello di Michael Kretschmer, Ministerpräsident del Land orientale della Sassonia. Ma molti nella CDU stanno spostandosi in fretta su posizioni anti-russe più rigide – ad esempio Norbert Röttgen, ex candidato alla leadership del partito, che propone addirittura di inviare armi in Ucraina.

È probabile che la ragione di questo irrigidimento sia anche strategica. Nelle scorse settimane, al montare della crisi, il governo tedesco è finito al centro di durissime critiche per il suo atteggiamento attendista ed incerto, interpretato dagli alleati europei e NATO come profondamente ambiguo. Sposare la linea dura potrebbe permettere ai conservatori di mettere ancora più pressione sulla coalizione guidata da Scholz, ed emergere così come i veri “difensori” della democrazia di fronte all’aggressore moscovita.

Discorso a parte ovviamente per AfD, come facilmente immaginabile. I legami con Mosca sono ormai consolidati tanto che il partito di estrema destra, nonostante condanni l’aggressione militare, continua pervicacemente ad opporsi alle sanzioni.

Edoardo Toniolatti

@AddoloratoIniet

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