Alla fine è andata come ci si aspettava: ha vinto la favorita, Annegret Kramp-Karrenbauer, che al ballottaggio ha preso 517 voti contro i 482 dello sfidante Friedrich Merz.

Dopo i 18 anni della leadership di Angela Merkel, la CDU ha scelto di restare nel solco tracciato dalla Cancelliera, che in AKK vedeva la sua erede designata.
Il tweet a commento della trasmissione satirica extra3, che riprende il famoso Keine Experimente! di Konrad Adenauer
Su Kater avevamo scritto una piccola guida al congresso, presentando i tre candidati e spiegando cosa avrebbe significato per il futuro del partito la vittoria dell’uno o dell’altro.
Quello su cui non ci eravamo soffermati, però, era il contorno, gli altri partiti tedeschi che naturalmente hanno seguito le vicende dei cristiano-democratici con molto interesse: quando un colosso come la CDU si muove, inevitabilmente le conseguenze toccano tutti quanti.
Come hanno reagito gli altri partiti del Bundestag all’elezione di Annegret Kramp-Karrenbauer?
A destra, dalle parti di AfD, il trionfo di AKK è un gigantesco sospiro di sollievo. Era noto a tutti che il risultato peggiore per gli “alternativi” sarebbe stato la vittoria di Friedrich Merz: un prevedibile spostamento del partito a destra sui temi dell’immigrazione e dell’identità tedesca avrebbe scippato buona parte del loro core business. La leadership Kramp-Karrenbauer significa invece un sostanziale weiter so, avanti così: e anche se la nuova presidente della CDU ha cercato in tutti i modi di liberarsi dell’appellativo di “mini-Merkel” che le ha affibbiato la stampa, AfD avrà gioco molto facile a sottolineare una continuità con la Cancelliera che le consente di non dover ricalibrare il suo messaggio principale. Da Merkel muss weg! a AKK muss weg! il passo è breve, con Merz – o Spahn – sarebbe stato tutto molto più complicato.

Anche per i liberali della FDP la vittoria di Kramp-Karrenbauer è una manna dal cielo. Il partito di Christian Lindner è sostanzialmente scomparso dalla scena dopo l’abbandono delle trattative che avrebbero dovuto portare il Merkel IV in Giamaica, e da allora non si è più ripreso, tanto che i sondaggi lo danno sempre sotto il 10% che aveva invece superato alle elezioni di settembre 2017. Per la FDP AKK è il modello ideale su cui costruire la propria immagine alternativa: conservatrice su valori e diritti civili e simil-socialdemocratica in economia, la nuova leader della CDU offre ai liberali l’occasione di presentarsi come l’esatto contrario, quelli pro-business in economia e progressisti sui diritti. Come ha detto un deputato del partito allo Spiegel: Merz va bene per le trattative di coalizione, AKK per la campagna elettorale.
A sinistra la situazione è speculare.
La SPD certamente non è felicissima di questo risultato. La vittoria di Kramp-Karrenbauer significa che il sostegno della CDU a Merkel e al governo non è in alcun modo in discussione: i socialdemocratici quindi sono costretti a restare invischiati in una coalizione in cui stanno evidentemente ogni giorno più scomodi. Se avesse vinto Merz sarebbe stato tutto molto più traballante, ma almeno la SPD avrebbe avuto una buona scusa per sganciarsi e, soprattutto, un avversario contro cui ricostruire più agevolmente la propria immagine di alternativa rispetto ai conservatori. Per i socialdemocratici, insomma, vale l’inverso di quanto detto per la FDP: con AKK al tavolo delle trattative si chiude in fretta, ma con Merz la campagna elettorale sarebbe stata molto più facile.
Per la Linke tutto sommato non cambia molto: Kramp-Karrenbauer garantisce continuità al merkelismo, che il partito di sinistra ritiene sia già troppo di destra per i propri gusti. Come ha detto Bernd Riexinger, uno dei due leader, con AKK non c’è da aspettarsi alcun cambiamento nella linea politica del governo e della CDU; e anche Sahra Wagenknecht ha twittato che “Merkel 2.0 non è la soluzione”.
E i Grünen? Per il partito ecologista Kramp-Karrenbauer è probabilmente l’opzione migliore. I Verdi continuano a essere messi molto bene nei sondaggi, che li danno sempre intorno al 20%, e sono certamente aiutati dall’immagine ormai consolidata di forza pragmatica e responsabile, pronta a governare anche a livello nazionale. In un simile scenario sarebbe sicuramente più semplice avere a che fare con AKK che con Merz: perché va bene essere concreti e realisti, come i due leader Robert Habeck e Annalena Baerbock, ma a tutto c’è un limite. Avere come partner di governo uno come Merz sarebbe davvero difficile da accettare per i sostenitori del partito.

Prima di concludere, però, qualche parola va spesa per gli altri due contendenti.
Friedrich Merz è certamente uscito sconfitto da questo congresso: era sceso in campo praticamente sicuro di poter far convergere su di sé tutta la voglia di cambiamento che pervade la CDU, e invece è stato ancora una volta battuto da Merkel, proprio come quindici anni fa. Lo sfidante è però riuscito comunque a raccogliere il voto di 482 delegati, pari al 48,25% del totale: segno che comunque il partito è profondamente diviso, e che un cambiamento profondo è per molti cristiano-democratici assolutamente necessario. Se Merz deciderà di restare in gioco, potrebbe diventare una guida credibile per l’area di destra.
Sarà invece molto interessante seguire le mosse di Jens Spahn. Nonostante fosse praticamente sicuro di non raggiungere l’eventuale ballottaggio, il Ministro della Salute ha raccolto al primo giro 157 voti, il 16% del totale: un risultato decisamente inaspettato, che lascia intravedere spazi di ulteriore crescita. Spahn è stato autore di alcuni dei discorsi più coinvolgenti durante le Regionalkonferenzen e il congresso, tutti orientati al futuro e alle sfide che attendono la Germania nei prossimi decenni, ed è chiaramente quello l’orizzonte temporale che ha in mente. Il più giovane dei tre candidati pianifica di restare una delle figure di primo piano della CDU per parecchio tempo, e non ha fretta, perché sa che avrà ancora altre occasioni. Anche per lui la vittoria di AKK è l’opzione migliore: con al comando l’erede designata di Merkel non ha bisogno di modificare il proprio profilo per continuare ad essere rilevante e rimanere uno dei capofila dell’ala critica. Anzi, potrebbe anche ritagliarsi uno spazio più strategico rispetto a Merz: critico ma collaborativo, aperto sui temi dei diritti, potrebbe diventare una specie di ponte fra le due anime del partito – pronto, quando arriverà il momento, ad assumerne la guida.
Ora che è stata eletta una nuova leadership, la parabola di Angela Merkel entra davvero nella sua fase finale. Di questo congresso, il suo ultimo, un’immagine però rimarrà certamente negli occhi di tutti: quando, alla fine del suo discorso di commiato, visibilmente commossa ha raccolto la standing ovation di tutti i presenti, delegati, sostenitori, addirittura dei giornalisti dell’area stampa.
Quasi dieci minuti di applausi, che sembravano non finire mai.