Come si elegge il Parlamento europeo in Germania?

Le legge elettorale tedesca per le elezioni europee del 26 maggio

Mentre il rinnovo dei “rappresentanti dei cittadini dell’Unione” si avvicina, il nono da quando il Parlamento europeo viene eletto direttamente, tornano in auge – puntuali come i tormentoni estivi – domande ed interrogativi sul sistema di elezione dei deputati europei. La “legge elettorale” europea differisce da Paese a Paese, tuttavia vi sono alcuni importanti punti fissi comuni.

In primis il sistema proporzionale, che consente una più ampia e variegata rappresentatività delle idee politiche. Esso non può che essere a fondamento di un’organizzazione sovranazionale che fa di “in varietate concordia” il suo motto. L’altro elemento portante, d’importanza fondamentale sia dal punto di vista concettuale sia nella pratica, è il diritto di voto di tutti i cittadini dell’Unione. Nel 1992, infatti, con il Trattato di Maastricht, è stata istituita la cittadinanza dell’Unione europea, uno status che va sommarsi alla cittadinanza dei singoli Stati membri (un sistema analogo vige in Svizzera con i Cantoni). Fra i diritti garantiti a ciascun europeo dalla cittadinanza dell’Unione c’è quello di votare e di farsi votare nel Paese UE dove si vive, indipendentemente dalla cittadinanza nazionale. Corretto è quindi parlare di “eurodeputati eletti in Germania” (o in Italia), ma non di “eurodeputati tedeschi” (o italiani). Al di là dunque della circostanza di fatto che (sinora) la quasi totalità degli eurodeputati abbia la cittadinanza del Paese di elezione, il loro elettorato è (già oggi) molto più ampio. In Germania ad esempio sono residenti 4,3 milioni di cittadini di altri Paesi UE, i quali non possono votare né per il Bundestag né per i Parlamenti dei Länder, ma che alle elezioni europee vanno ad aggiungersi agli oltre 61 milioni di cittadini tedeschi aventi diritto al voto (dati: 2017). In Italia ovviamente accade lo stesso. Quest’aspetto, tutt’altro che un “dettaglio”, viene spesso trascurato, ma è in realtà un dato saliente che qualifica il Parlamento europeo come vera rappresentanza democratica sovranazionale.

Al netto di questi dati di fondo, le legislazioni dei singoli stati possono divergere su aspetti anche importanti del sistema elettorale. In questo articolo analizzeremo brevemente alcune peculiarità del sistema di elezione dei deputati europei in Germania (non tedeschi, quindi!).

Seggi assegnati. La Germania è il Paese dell’UE più popoloso e, quindi, quello nel quale viene eletto il maggior numero di eurodeputati: 96, per l’esattezza. Dei 446 milioni di residenti nell’UE (Gran Bretagna già esclusa) quasi 83 vivono in Germania (il 18,5%). In virtù del principio della “proporzionalità degressiva”, sancito dai Trattati europei per favorire la rappresentanza dei Paesi meno popolosi, alla Germania e agli altri “grandi” dell’Unione spetta un numero di seggi assai inferiore a quello che una semplice proporzione fra deputati ed abitanti assegnerebbe. (Secondo una assegnazione “secca” in base alla popolazione, in Germania dovrebbero essere eletti 131 anziché 96 deputati ed in Italia 95 anziché 76, mentre ad esempio il Portogallo passerebbe da 21 a 16 europarlamentari). Questa “particolarità” del sistema di elezione del Parlamento europeo viene in Germania spesso aspramente criticata e citata come dimostrazione del fatto che l’UE non sia democratica e la sua architettura istituzionale discrimini i tedeschi. La critica è stata fatta propria addirittura dalla Corte costituzionale federale tedesca, che nella sua famosa sentenza sul Trattato di Lisbona ha disconosciuto la piena democraticità del Parlamento europeo anche in base a questo argomento. L’argomentazione non è del tutto infondata, ma dimentica che regole simili disciplinano già (e quindi, se vogliamo, “deformano”) l’elezione di diversi parlamenti nazionali in giro per il mondo (fra cui il Senato italiano, per fare un esempio) e che in realtà il sistema sfavorisce i residenti dei Paesi più popolosi, non i loro cittadini in quanto tali. Un tedesco residente in Portogallo, ad esempio, approfitta di questo meccanismo a scapito dei suoi stessi connazionali rimasti in patria. Un portoghese residente in Germania, invece, verrà “sfavorito” tanto quanto il vicino di casa con passaporto tedesco.

Collegio unico nazionale. I 96 eurodeputati eletti in Germania vengono ripartiti sulla base di un unico collegio nazionale. Diversamente dall’Italia non esistono dunque ripartizioni territoriali per le elezioni europee. Questo fa sì che la campagna sia molto caratterizzata sul piano della rappresentazione nazionale tedesca in Europa e, in secondo luogo, su temi di politica dell’UE. Per mitigare questo effetto centripeto in un Paese assai vasto e popoloso, la legge elettorale tedesca per il Parlamento europeo prevede la possibilità (non l’obbligo) per i partiti di presentare liste separate per ciascun Land, da poi considerarsi come collegate per il riparto (nazionale) dei seggi. Solo i partiti della Union democristiana però se ne avvalgono: la CSU perché attiva nella sola Baviera, la CDU in ragione della sua struttura federale fortemente decentrata. Nel partito di Angela Merkel ed Annegret Kramp-Karrenbauer sono dunque le potenti federazioni nei Länder a stabilire chi va a Strasburgo, non il quartier generale di Berlino. Tutte le altre forze politiche presentano una lista unica e bloccata, valida dai laghi prealpini alle dune del Baltico.

Spitzenkandidaten. In ragione della lista bloccata acquistano dunque un grande rilievo i capilista, cosiddetti Spitzenkandidaten (candidati di punta), veri e propri volti dei rispettivi partiti su tutto il territorio tedesco. Non tutti i partiti hanno designato per questo ruolo politici già a loro agio nei palazzi di Bruxelles, preferendo magari loro esponenti di spicco della scena politica nazionale. La SPD ad esempio ha nominato come capolista la attuale Ministra federale della giustizia, la anglo-tedesca Katarina Barley; come lei, anche altri partiti hanno fatto la stessa scelta: la Linke con la deputata (al Bundestag) curdo-tedesca Özlem Demirel, la destra (AfD) con il presidente del partito Jörg Meuthen, i liberali (FDP) con la loro segretaria generale Nicola Beer (che però può vantare l’esperienza di Sottosegretario all’Europa nel governo dell’Assia dal 2009 al 2012). Le altre principali forze politiche hanno invece scelto come capilista politici più schiettamente europei: CDU e CSU con il capogruppo dei Popolari a Strasburgo Manfred Weber, i Verdi con la sua omologa Ska Keller, i più piccoli Freie Wähler ed ÖDP con gli eurodeputati uscenti Ulrike Müller e Klaus Buchner. Weber e Keller sono anche Spitzenkandidaten per tutta l’UE delle proprie formazioni politiche (rispettivamente il PPE ed i Verdi europei). Il partito-parodia Die Partei affianca al comico ed eurodeputato uscente Martin Sonneborn il cabarettista televisivo Nico Semsrott.

Nessuna soglia di sbarramento. In Germania, diversamente dall’Italia, non vige alle europee alcuna soglia di sbarramento. O meglio, una soglia c’era (il 3%), ma fu annullata dalla Corte costituzionale tedesca con l’argomentazione che l’esigenza di “correttivi per la governabilità” non è compatibile con una elezione come quella del Parlamento europeo. Ciò ha consentito nel 2014 anche a sette partiti molto piccoli (fra lo 0,6% e l’1,5%) di eleggere un eurodeputato. Anche se malvista dalle forze maggiori, questa apertura agli “gnomi” della politica ha probabilmente arricchito la già di per sé composita e variegata aula di Strasburgo e ha dato diritto di tribuna a personaggi dall’acume davvero geniale, come il comico-deputato Sonneborn, o a singoli politici battaglieri slegati dai vincoli di grandi partiti. Per un paese come la Germania, abituato al culto sacrale dello sbarramento al 5% e di una politica votata ai contenuti ed al compromesso, è stata una piccola, grande rivoluzione.

Edoardo D’Alfonso Masarié
@furstbischof

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