Il ritorno dei Rammstein, e dell’indignazione alla tedesca

L’arte (o il vizio) della band del Meclemburgo per la provocazione

Dopo dieci anni di silenzio discografico (quelli trascorsi dall’uscita di Liebe ist für alle da), ai Rammstein sono bastati 20 secondi di video promozionale (per il loro nuovo disco in uscita il prossimo maggio) per attrarre l’attenzione di pubblico e istituzioni e, ovviamente, scatenare un putiferio.

Facile, direte voi, con una clip del genere. Si tratta infatti di un breve piano sequenza in cui la band al completo ha il cappio al collo e indossa divise da prigionieri di un campo di concentramento nazista. Come sparare sulla croce rossa, specie qui in Germania.

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“Con questo video la band ha oltrepassato una linea”, ha tuonato Charlotte Knobloch, sopravvissuta all’olocausto e ex-presidente del Zentralrat der Juden in Deutschland (il Consiglio centrale degli ebrei tedeschi). Quella della Knobloch è solo la prima voce di un folto coro di indignati che si è adunato in pochissimo tempo. Numerose dichiarazioni, alcune decisamente piccate, sono arrivate infatti a gran velocità – comunque inferiore a quella delle visualizzazioni del video di Deutschland (questo il titolo del primo estratto dal nuovo disco dei Rammstein), che ha totalizzato oltre 12 milioni di visualizzazioni in due giorni. “Penso si tratti di uno sfruttamento privo di gusto della libertà artistica”, ha constatato il membro della Commissione governativa contro l’antisemitismo Felix Klein. “L’utilizzo dell’olocausto per scopi promozionali da parte dei Rammstein è vergognoso e gratuito. Questa clip andrebbe ritirata immediatamente.”, ha rincarato il diplomatico israeliano Emmanuel Nachschon.

In realtà, per dirla a-là Knobloch, i Rammstein nel video di Deutschland (del quale la controversa clip promozionale è un fugace frammento) di linee ne hanno oltrepassate diverse. Sarebbe infatti divertente chiedere un parere a qualche portavoce di AfD sulla scelta dei Rammstein di fare interpretare il ruolo della bellicosa dea Germania a Ruby Commey – bellissima attrice di colore, ma molto decisamente lontana dai canoni di bellezza ariani. Quella della scelta della Commey è solo un’altra provocazione della vastissima rosa offerta dal videoclip. Un bignamino ironico e hollywoodiano della violenta storia della Germania da duemila anni fa ad oggi (dal medioevo al Terzo Reich, da quest’ultimo alla DDR), che vede il suo zenith nel primo piano in cui Till Lindemann (cantante dei Rammstein) ripete Deutschland über allen (“La Germania sopra a tutti”, invece che über alles – cioè “sopra tutto” – il primo verso dell’inno che dal secondo dopoguerra non si canta più) – chiarificando anche per i più ottusi il senso dell’operazione intentata con il video. In un contesto del genere, la clip promozionale che ha diviso l’opinione pubblica assume infatti tutt’altra valenza: quella della raffigurazione di una pagina dolorosa, ma imprescindibile, di storia tedesca.

Che poi, tra le tante suggestioni e immagini offerte del video, i Rammstein per anticiparne la release abbiano scelto proprio quella sequenza è un altro discorso. Lo si può chiamare cattivo gusto, o furbata commerciale, ma a ben vedere si tratta semplicemente di quello che la band di Till Lindemann ha sempre fatto: provocare, sempre e comunque. Meno profondamente, come quando nel video di Pussy bersagliavano gli stereotipi sessisti dell’industria pornografica con i membri di fuori (con tanto di penetrazioni e eiaculazioni), o più profondamente, come quando nel meraviglioso video di Amerika la bandiera americana sulla luna diventa improvvisamente un totem indiano e gli astronauti che le danzano intorno nativi.

Trovata quest’ultima molto vicina a quelle di Deutschland. A voler essere cattivi, è almeno dal 2004 di Reise, Reise (l’ultimo grande disco dei Rammstein, almeno per chi vi scrive, è Mutter del 2001) che i Nostri provocano meglio di quanto suonino, andando a sopperire con ironia e arguzia la mancanza di idee cronica che da tempo affligge il loro teatrale industrial metal. Viene infatti difficile immaginare che i Rammstein senza queste caratteristiche, senza i loro live show esagerati e fiammeggianti (letteralmente), senza la controversia alla base della loro arte, possano aver raggiunto i 25 anni di carriera.

Giusto o no che sia, morale o no che sia, i vari Knobloch, Nachschon e Klein, con le loro dichiarazioni, altro non hanno fatto che il gioco dei Rammstein, lanciandone la volata per la release trionfale del loro settimo disco. La band ha peraltro annunciato che da qui al 17 maggio (data di uscita del lavoro) sono previsti altri 4 video. Insomma, ne sentiremo e vedremo delle belle.

Michele Corrado
@micheleinci

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