La Germania, la Bundeswehr e la Zeitenwende: intervista a Ulrike Franke

Che impatto avrà la guerra in Ucraina sulla politica militare e di difesa della Germania? Ne abbiamo parlato con Ulrike Franke, Senior Policy Fellow dello ECFR

Il discorso con cui a fine febbraio Olaf Scholz ha inaugurato la Zeitenwende, il “punto di svolta” della politica tedesca, sembra aprire a una nuova fase per la Germania, soprattutto per il suo ruolo in Europa e nel mondo.

Ma quale sarà il vero impatto di questo annunciato cambiamento epocale, soprattutto dal punto di vista militare e di difesa? Per capirlo meglio abbiamo intervistato Ulrike Franke, Senior Policy Fellow dello European Council of Foreign Relations ed esperta di politica e tecnologia militare. Ulrike Franke è anche co-conduttrice del podcast Sicherheitshalber, dedicato a questioni di politica di sicurezza in Germania e a livello europeo e globale.

Kater: Molti analisti politici, in Germania e all’estero, hanno salutato il discorso di Olaf Scholz sulla Zeitenwende come un vero e proprio punto di svolta di proporzioni storiche per la politica tedesca, soprattutto per quanto riguarda la difesa e gli esteri. Sul piano internazionale sembra che “l’egemone riluttante” abbia finalmente deciso di abbandonare la sua riluttanza; ma cosa significa questo nuovo approccio per la politica militare e di difesa della Germania? È stato sostenuto che le misure annunciate, come il Sondervermögen (“contributo straordinario”) per la Bundeswehr o l’aumento della spesa per la difesa al 2% del PIL, come da direttive NATO, siano appena sufficienti per portare la difesa tedesca alla pari con quella di altri Paesi degli alleati. Sembra tuttavia un cambiamento molto profondo quantomeno a livello simbolico e culturale: è così?

Franke: Farei attenzione a non sovrastimare la Zeitenwende. Da un certo punto di vista gli alleati, così come gli osservatori in Germania, ricordano ancora con timore le loro esperienze del “consenso di Monaco” del 2014. Anche allora un gran numero di politici tedeschi di primo piano annunciò che la Germania avrebbe modificato in maniera significativa la sua politica estera. Ma cambiò ben poco. Si spera che la Zeitenwende non vada incontro allo stesso destino – ed effettivamente ci sono segnali che indicano un cambiamento più profondo. Ad esempio è stata promessa una cifra molto alta, 100 miliardi di euro, e un finanziamento a lungo termine delle forze armate pari al 2% del PIL. Se queste promesse verranno mantenute, si tratterà di un avanzamento importante. Gli osservatori internazionali, tuttavia, devono comprendere che questi passi hanno una rilevanza molto maggiore dal punto di vista tedesco interno che da quello esterno. Molti punti estremamente controversi sono stati risolti in un colpo solo: la Germania continuerà a prendere parte alla condivisione nucleare NATO, comprerà degli aerei F-35, si doterà di droni armati. Se da un lato si tratta di passaggi importanti, visti dall’estero sono meno significativi. In fin dei conti, servono più che altro a garantire continuità: la condivisione nucleare continuerà, la Germania sarà in grado di adempiere agli obblighi NATO e UE. Dei 100 miliardi promessi, si stima che 20 saranno necessari solo per comprare munizioni e rifornire gli arsenali tedeschi. Ma è improbabile che la Germania ne emerga come grande leader europeo, e come la sua principale potenza militare – nonostante la Zeitenwende.

Foto: Picture Alliance/Flashpic

Kater: Tra le misure annunciate figura anche l’acquisto di droni militari da Israele. I droni armati sono stati a lungo un argomento molto controverso nel dibattito pubblico tedesco, e un tema ricorrente nelle campagne elettorali. Che effetto avrà l’acquisto di questi droni (e il loro utilizzo?) per la politica militare e di difesa della Germania? Quale sarà l’impatto reale?

Franke: Dal punto di vista militare l’impatto è piuttosto limitato. E lo dico da osservatrice del dibattito tedesco sui droni fin dall’inizio, e da autrice di una tesi di dottorato sul tema! Il dibattito sui droni è stato importante per la Germania, perché si è trattato di uno di quei rari casi in cui una questione prettamente militare è stata discussa da un’ampia parte della popolazione. Di solito, temi militari e di difesa tendono a interessare solo gli esperti. Per questo motivo, il dibattito sui droni è diventato un po’ un calderone: spesso si è trasformato in un dibattito sull’equipaggiamento della Bundeswehr e addirittura sulla sua esistenza in generale. Ora la decisione è stata presa e la Bundeswehr otterrà i droni armati. Ma parliamo pur sempre di soli cinque sistemi – i droni israeliani Heron TP, che la Bundeswehr finora ha ricevuto in prestito senza armi. Dal punto di vista militare si tratta certamente di equipaggiamento utile, ma non di un game-changer per le capacità militari tedesche. Tuttavia mi aspetto che ci sarà molto interesse quando verranno usati per la prima volta, e in particolare per la prima operazione in cui verranno impiegati i loro missili.

Kater: Il governo tedesco è stato molto criticato fin da prima dell’inizio dell’invasione per quella che è stata percepita come inazione, e riluttanza a prendere in considerazione tutte le misure a sostegno dell’Ucraina. Ormai conosciamo tutti la dipendenza tedesca dal gas russo, ma ci sono anche ragioni geopolitiche e militari dietro a un approccio così cauto?

Franke: Ritengo, come ho anche sostenuto nei mesi scorsi, che in realtà le motivazioni ideologiche siano più importanti di quelle economiche per spiegare la politica tedesca nei confronti della Russia. È vero che la Germania dipende in maniera molto rilevante dalla Russia per la sua energia, il gas in particolare. Un aspetto che influenza le scelte tedesche, come quella relativa a un embargo sul gas. Ma una delle ragioni dietro a questa dipendenza è che generazioni di politici hanno creduto nella tesi del Wandel durch Handel, “cambiamento attraverso il commercio”. La convinzione era che, attraverso stretti legami commerciali ed energetici, la Germania potesse influenzare positivamente il regime russo. Parte di una visione del mondo liberale, non dissimile da quella secondo cui integrare la Cina nel sistema internazionale l’avrebbe resa più liberale, democratica e aperta. Chiaramente tutto questo non ha funzionato, e molti in Germania sono ora costretti a rivedere le proprie convinzioni.

Kater: Colpisce anche quanto difficile sia la comunicazione del governo tedesco nei confronti dell’opinione pubblica tedesca, in particolare da parte di Olaf Scholz e della SPD, un partito che per varie ragioni ha una connessione speciale con la Russia. A volte sembra di essere tornati ai tempi dello Scholzomat, con un uso generoso di formule standard e frasi fatte prive però di significato sostanziale. Dall’altro lato invece la comunicazione e il posizionamento dei Grünen sulla guerra sono stati particolarmente efficaci e popolari, spingendo Annalena Baerbock e Robert Habeck in vetta ai sondaggi. Secondo lei perché è così difficile per Scholz e la SPD spiegare in maniera chiara la propria posizione? E perché, al contrario, i Verdi ci riescono così bene?

Franke: Questa è un’ottima domanda. Sono d’accordo sul fatto che i Verdi siano stati molto più efficaci nel comunicare i loro punti di vista, inclusi i dilemmi che loro, così come il governo tedesco, stanno affrontando in questa guerra. Scholz, invece, è stato molto più reticente. Tuttavia credo vada detto che il successo comunicativo dei Verdi riguarda essenzialmente il pubblico tedesco, non quello internazionale, dal momento che un buon numero di Paesi alleati fa ancora molta fatica a capire l’atteggiamento e la posizione della Germania. Credo che comunicare il proprio punto di vista sia in qualche modo più facile per i Verdi che per la SPD, visto che i socialdemocratici sono parzialmente responsabili per la situazione attuale. Hanno sostenuto Nord Stream 2, così come l’approccio Wandel durch Handel, hanno forti legami con la Russia. Per molti politici della SPD è quindi più difficile spiegare il cambiamento di prospettiva e di politica. I Verdi, dall’altro lato, non erano al governo per la maggior parte del tempo in cui la politica russo-tedesca è stata strutturata e di conseguenza hanno meno responsabilità.

Kater: Con l’annuncio ufficiale della Ministra della Difesa Christine Lambrecht a Ramstein, il 26 aprile, e con il voto favorevole del Bundestag di due giorni dopo sembra che la porta sia ora aperta per l’invio in Ucraina di armi pesanti – attraverso i Ringtausch (“scambi circolari”) come quelli con Slovacchia e Slovenia o tramite invio diretto. Una scelta che sembra contraddire precedenti affermazioni di Scholz e di altre figure di primo piano fra i socialdemocratici, secondo cui una mossa di questo tipo sarebbe potuta essere interpretata da Putin come un atto diretto di aggressione e innescare così conseguenze incontrollabili. Cosa ha portato il governo tedesco a cambiare la sua posizione? E quale sarà l’effetto sulla Bundeswehr? Infine, secondo il suo parere che effetto avrà questa scelta sulla guerra in Ucraina?

Franke: Con ogni probabilità è stata la pressione internazionale che ha portato il governo, e in particolare Olaf Scholz, a cambiare posizione. E in secondo luogo le terribili immagini delle atrocità commesse dalle forze armate russe a Bucha e altrove hanno avuto una profonda influenza sull’opinione pubblica tedesca, che ha contribuito a mettere il governo sotto pressione. Come verrà interpretata questa decisione da parte di Putin, è una cosa che solo Putin sa. Dal punto di vista legale, fornire armi a un Paese che si sta difendendo non equivale a prendere parte attivamente al conflitto. È difficile dire che impatto avrà l’invio di armi sulla guerra in Ucraina – il contributo tedesco è solo una parte di uno sforzo molto più ampio, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Nel complesso queste forniture di armi hanno aiutato le forze armate ucraine a rispondere all’aggressione russa – ma quelle provenienti dalla Germania certo non saranno decisive da sole.

Intervista e traduzione a cura di Edoardo Toniolatti

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