Un amore non corrisposto: la Germania e l’Eurovision Song Contest

I tedeschi amano molto l’Eurovision. È l’Eurovision che non ama i tedeschi.

Quando pensiamo alle grandi storie di amore non corrisposto ci vengono in mente nomi legati a capolavori immortali.

Cyrano e Rossana, Rossella e Ashley, e a latitudini più vicine a noi Dante e Beatrice, o Laura e Petrarca. A queste vicende tragiche e appassionanti ne possiamo aggiungere un’altra, certo meno dolorosa ma non per questo meno ricca di trasporto, passione e tormento. L’amore profondissimo ma purtroppo non corrisposto della Germania per l’Eurovision Song Contest.

Immagine: ESC

Nessun Paese può vantare più partecipazioni della Germania all’ESC. Con la sola eccezione del 1996, quando il candidato fu eliminato durante le qualificazioni, c’è stato un tedesco sul palco in ogni edizione, dal 1956 a oggi. Un gradino più in basso ci sono Francia e Regno Unito, assenti ciascuno in due edizioni, ma il record tedesco non sembra in pericolo: dal 1999 la Germania è inclusa nel gruppo dei Big Four, insieme a Francia, Regno Unito e Spagna, automaticamente qualificati per la finale in quanto principali contributori finanziari dell’evento – Big Four che dal 2011 sono diventati Big Five, con l’aggiunta dell’Italia. 

Foto: Jörg Carstensen/dpa

A tanta dedizione non è corrisposto però altrettanto successo. Sono solo due le vittorie dei cantanti tedeschi, a fronte di ben sette ultimi posti, in due occasioni addirittura in anni consecutivi – 1964-1965 e 2015-2016. La prima vittoria però è stata davvero epocale. Ein bißchen Frieden (“Un po’ di pace), canzone vincitrice nel 1982, eseguita dall’allora diciassettenne Nicole, stracciò tutti gli altri concorrenti, vincendo con un margine di 61 punti, un record rimasto imbattuto fino al 1997. Ma la vittoria più bella – sono parole di Nicole – fu un’altra, e cioè che “una ragazza tedesca ottenne 12 punti da Israele con una canzone sulla pace”. La giuria israeliana, infatti, assegnò proprio alla Germania i suoi 12 punti: particolare altamente simbolico e significativo, che Nicole non smette di ricordare commossa ancora oggi. Ein bißchen Frieden è diventato un classico dell’ESC, ed è stata fin da subito popolarissima in Germania – tanto da meritarsi immediatamente anche una controversione, Ein bißchen Krieg (“Un po’ di guerra”) della punk band tedesca D.A.F.

Nicole durante la sua esibizione all’ESC del 1982, a Harrogate, nel Regno Unito (Foto: bbc)

Negli anni Ottanta la Germania è una vera potenza all’ESC. Oltre alla vittoria del 1982 si contano infatti sei piazzamenti fra i primi cinque classificati, quattro dei quali addirittura al secondo posto. Inizia però poi un lento declino, con un paio di picchi – due terzi posti nel 1994 e nel 1999 – ma più che altro esibizioni dimenticabili, sia per quanto riguarda la classifica che in termini musicali. I tedeschi in quegli anni cercano di sperimentare, ma con scarsi risultati: ad esempio scelgono come loro rappresentanti i Texas Lightning con No No Never, pezzo country un po’ banale che si classifica al 14esimo posto nel 2006 – edizione che, consentitemi un momento personale, resterà sempre insuperata per l’immortale vittoria di Hard Rock Hallelujah dei finlandesi Lordi

Per la seconda vittoria bisogna aspettare 28 anni. A trionfare nel 2010 a Oslo è Lena con Satellite, premiata con 246 punti – terzo margine di vittoria più ampio nella storia della manifestazione. La cantante tedesca ci ha riprovato l’anno successivo, ma con un esito meno felice, classificandosi al decimo posto con Taken by a Stranger. Una curiosità: il nome completo di Lena è Lena Johanna Therese Meyer-Landrut, ed è la nipote di Andreas Meyer-Landrut, ambasciatore della Germania Ovest in Unione Sovietica negli anni Ottanta, nonché cugina di Nikolaus Meyer-Landrut, capo della rappresentanza dell’Unione Europea in Turchia e secondo molti vero responsabile del #Sofagate che un anno fa coinvolse il Presidente turco Erdogan, il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Lena sul palco dopo la vittoria (Foto: ESC)

La decade iniziata col botto non mantiene però le promesse, anzi. I cantanti tedeschi in gara ottengono risultati sempre peggiori, che culminano nella terribile doppietta di ultimi posti nel 2015 e nel 2016, nel 2015 tra l’altro con l’ignominia suprema del nul points, zero punti. Un’onta che la Germania ha dovuto subire altre due volte nella storia dell’ESC, ma si trattava di preistoria, nel 1964 e nel 1965. Solo Norvegia e Austria hanno fatto peggio, con quattro nul points ciascuna. Si registra un acuto nel 2018, con il quarto posto di Michael Schulte e la sua ballata dedicata al padre You Let Me Walk Alone, ma è un singolo episodio felice tra due 25esimi posti nel 2017 e nel 2019

Dopo la pausa forzata del 2020, in cui l’ESC non si è tenuto causa coronavirus, la Germania sperava di iniziare il nuovo decennio nel segno di un rinnovato successo. Ma poi sul palco di Rotterdam è arrivato Jendrik, con la sua I don’t feel hate e la performer col costume a forma di mano che si trasformava a comando in un imperioso dito medio. Il miglior commento alla canzone è forse quello del Guardian: “è un titolo ironico perché, al primo ascolto, tutto quello che provi è odio”, ed effettivamente è difficile dissentire. L’esibizione è divertente, volendo, ma “sembra che a Jendrik sia stato assegnato il compito di commettere il maggior numero possibile di crimini musicali nello spazio di tre minuti”, decreta implacabile il quotidiano inglese, in buona compagnia a ritenere la performance quantomeno bizzarra.

Dal punto di vista della classifica la canzone è un fallimento totale. Di nuovo un 25esimo posto, stavolta con soli tre punti – due dall’Austria e uno dalla Romania – con il rischio della maglia nera scongiurato solo per il clamoroso zero punti dell’inglese James Newman e della sua Embers. Oltre alla delusione, a suscitare aspre polemiche in Germania è anche un’intervista di Jendrik alla Bild, dopo lo show a Rotterdam, in cui il cantante tedesco rivela di essere ben consapevole che I don’t feel hate non era il suo pezzo migliore – eufemismo del secolo – ma che era anche l’unico in grado di fargli raggiungere il suo obiettivo, cioè farsi selezionare per l’ESC. Una dichiarazione decisamente poco felice, che alle orecchie di molti tedeschi è suonata addirittura più stonata del suo pezzo. Jendrik ha preso le distanze dall’intervista, sostenendo che fosse un pelino troppo brillo in quel momento, ma con i tedeschi su certe cose non si scherza, e l’ESC è decisamente fra queste. Il video dell’esibizione di Jendrik non è disponibile in Germania: un caso? Non credo proprio.

Quest’anno i tedeschi ci riprovano con un’altra ballata a base di beat e chitarra acustica, Rockstars di Malik Harris, ma non è detto che il risultato sia migliore. I bookmakers danno la Germania piuttosto in basso, al 26esimo posto con una possibilità di vittoria inferiore all’1%.

Insomma, sembra che anche stavolta l’amore dei tedeschi per l’ESC sia destinato a restare non corrisposto. Per migliorare le loro chance, ci sentiamo tuttavia di dargli un consiglio. Nell’edizione del 2016 i due presentatori, gli svedesi Måns Zelmerlöw e Petra Mede, realizzarono un catalogo degli ingredienti necessari per comporre una canzone di sicuro successo, con ottime probabilità di vittoria. Qui trovate il video: oltre che ai partecipanti tedeschi io consiglio di vederlo anche a voi, perché – al netto di Hard Rock Hallelujah e della Waterloo con cui gli Abba trionfarono nel 1974 – è probabilmente la cosa più geniale mai uscita dall’Eurovision Song Contest.

Edoardo Toniolatti

@AddoloratoIniet

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