La CDU si preparava ad affrontare il voto regionale in Schleswig-Holstein, il Land più settentrionale del Paese, con relativa tranquillità.
La Jamaika-Koalition al governo ha mostrato di essere piuttosto apprezzata dagli elettori, e soprattutto il Ministerpräsident uscente, Daniel Günther, gode di una popolarità senza pari, tanto che addirittura il 70% dei sostenitori della SPD si era detto disposto a votarlo. Gli ultimi sondaggi poi davano un vantaggio incolmabile ai conservatori, intorno ai venti punti percentuali sopra agli inseguitori socialdemocratici e verdi, appaiati a un distantissimo secondo posto.Ma nulla lasciava presagire le proporzioni del trionfo di domenica sera.

La CDU ottiene uno strabiliante 43,4%, oltre 11 punti in più rispetto al 2017 e fermandosi a un solo seggio dalla maggioranza assoluta nel Landtag, il Parlamento regionale (34 contro i 35 necessari). Catastrofe invece per la SPD, che ottiene il peggior risultato nel Land della sua storia e viene superato al secondo posto dai Grünen. Anche tutti gli altri perdono, chi più – come i liberali della FDP – che meno, come AfD, che scende di un punto e mezzo. Un punto e mezzo pesantissimo, però, che fa finire gli alternativi di destra sotto la soglia del 5% necessaria per entrare in Parlamento. Un risultato da un certo punto di vista storico: è la prima volta che AfD esce da un Landtag. In controtendenza invece lo Südschleswigscher Wählerverband (SSW), il partito della minoranza danese, che cresce di oltre due punti percentuali.
La vittoria della CDU è soprattutto la vittoria di Daniel Günther, eletto a sorpresa nel 2017 da virtualmente sconosciuto e diventato in questi cinque anni uno dei volti più riconoscibili e autorevoli della corrente moderata del partito. Fu lui ad esempio a criticare in maniera molto netta lo slittamento verso destra della CSU nel 2018, ai tempi delle elezioni locali in cui i conservatori bavaresi persero molti voti, e nelle numerose primarie di partito da allora ha sempre sostenuto il candidato più centrista – leggasi: più merkeliano – come Vorsitzender, da Annegret Kramp-Karrenbauer a Armin Laschet. Günther, che in passato ha anche avuto parole non proprio tenerissime nei confronti di Friedrich Merz, è riuscito a conquistare la fiducia di tutto il bacino elettorale: addirittura il 50% dei sostenitori di AfD ne ha riconosciuto il buon lavoro, un dato decisamente significativo visto l’atteggiamento di solito riservato ai governi in carica da parte di chi vota per gli alternativi.

La CDU di Günther è risultata il partito più votato in tutti i segmenti dell’elettorato, che si tenesse conto del genere, del livello di istruzione, dell’appartenenza professionale. Solo fra i più giovani, cioè gli elettori compresi fra i 18 e i 29 anni, i Grünen hanno fatto meglio, ma per il resto si tratta davvero di un trionfo generalizzato.
Nel suo discorso della vittoria Günther non ha dimenticato di ringraziare i suoi alleati in questi cinque anni di governo, Verdi e liberali. Ma se fino a qualche giorno fa da fonti ufficiali della CDU locale ci si augurava di poter proseguire con la Jamaika, è chiaro adesso che con questi numeri c’è un partner di coalizione di troppo.L’accordo più naturale sarebbe ovviamente quello con la FDP, in nome della naturale affinità che unisce conservatori e liberali. Ci sono però alcune ragioni che rendono un’eventuale alleanza con Grünen un’ipotesi da non escludere a priori. Da un lato i temi legati al clima, all’ambiente e all’energia sono stati i più rilevanti per gli elettori, segno di una sensibilità per la questione ecologica particolarmente sviluppata. Dall’altro non dimentichiamo che proprio da questo Land proviene uno dei protagonisti assoluti della politica verde di questi anni, l’attuale Ministro per l’Economia e la Protezione del Clima Robert Habeck, che fino al febbraio 2018 – quando è andato a fare il leader del partito insieme ad Annalena Baerbock – di Günther è stato uno dei collaboratori più stretti nonché vice-Ministerpräsident.

Vedremo che opzione sceglierà Günther. Intanto però da questa elezione, in cui gli aspetti locali hanno avuto un peso assolutamente decisivo, possiamo comunque trarre qualche indicazione sul piano nazionale.
La prima è che i successi elettorali di cui è stata protagonista la SPD non sono ormai un destino inevitabile – altrimenti detto: la CDU può vincere, non ha disimparato come si fa. E si tratta di una buona notizia anche per il capo del partito, Friedrich Merz, i cui primi mesi alla guida dei conservatori non sono stati proprio semplicissimi. Il trionfo di Günther indica un percorso di risalita per la CDU, fatto di candidati credibili e apprezzati e di un buon lavoro sul fantomatico “territorio”: e se i rapporti fra i due non sono sempre stati ottimi, è chiaro come in questo momento possano beneficiare l’uno dell’appoggio dell’altro, inaugurando quella che la Süddeutsche Zeitung definisce una nuova Männerfreundschaft, una nuova amicizia al maschile. Günther mostra agli elettori conservatori che c’è un altro uomo forte oltre a Merz, un segnale di un partito in vita e in salute di cui anche l’attuale leadership non può che trarre vantaggio. Magari a un certo punto questa nuova amicizia si trasformerà in competizione – magari quando si tratterà di scegliere il nuovo candidato alla Cancelleria, visto che Günther ha quasi vent’anni in meno di Merz – ma non è certo un problema da porsi adesso.
La seconda indicazione riguarda invece l’altro pilastro dei conservatori tedeschi, la CSU, e suona piuttosto minacciosa per il suo leader Markus Söder. Dopo la catastrofe delle elezioni di settembre e la nomina di Friedrich Merz alla guida della CDU, Söder sembrava nella posizione ideale per coltivare con cura tutto il capitale di popolarità acquisito durante la pandemia e ripresentarsi poi con ancora più forza come candidato credibile alla Cancelleria, sfruttando magari il suo appeal per tutta quella parte di CDU che continua a percepire Merz come troppo sbilanciato a destra. Il trionfo di Günther però rimette tutto in prospettiva. Indica che nella CDU c’è vita, oltre che un concorrente temibile se e quando si tratterà di sfidare Merz; e soprattutto dimostra che è possibile ottenere percentuali stratosferiche e arrivare (quasi) alla maggioranza assoluta, caratteristica che fino a poco tempo fa era un trademark tipicamente bavarese. In Baviera si vota l’anno prossimo, e Söder è fin da adesso sotto pressione per riportare la CSU ai livelli abituali dopo una performance nel 2018 decisamente sottotono, che l’ha costretta a un inusuale governo in coalizione con i Freie Wähler.
L’ultima indicazione riguarda invece la SPD, e suona come un campanello d’allarme. Durante gli ultimi giorni di campagna elettorale il Cancelliere Olaf Scholz si è dato molto da fare a sostegno del candidato Ministerpräsident Thomas Losse-Müller, anche partecipando a dei comizi a Kiel, la capitale del Land. Se però a fronte di tanti sforzi il risultato è quello di domenica sera, forse significa che la fase in cui Scholz si era trasformato in una specie di Re mida che tramutava in oro tutto ciò che toccava sta per finire. Come detto, si è trattato di un’elezione in cui a giocare un ruolo decisivo e determinante sono stati i fattori locali: ma probabilmente non vanno sottovalutate le difficoltà che in questo momento stanno vivendo il Cancelliere e il suo partito, legate soprattutto a una posizione sulla guerra in Ucraina percepita come molto carente, in particolare in termini di comunicazione e di leadership.
La co-leader del partito Saskia Esken si è detta comunque fiduciosa in vista delle importantissime elezioni in Nordreno-Vestfalia, domenica prossima. Gli ultimi sondaggi dicono che la partita è ancora apertissima. Dopo l’1 a 1 in Saarland e Schleswig-Holstein vedremo se la SPD riuscirà a riconquistare il Land più importante del Paese, dopo averlo perso nel 2017, o se dal nord è ripartita la riscossa della CDU.
2 pensieri riguardo “La riscossa della CDU inizia dal nord?”