Il Land di Brema – nome ufficiale Freie Hansestadt Bremen, “Libera città anseatica di Brema” – è il più piccolo di tutta la Germania, sia per superficie che per popolazione.
Si tratta, come Berlino e Amburgo, di una città che fa Land a sé, anche se in realtà i comuni inclusi sono due: Brema, appunto, e la sua “estensione” portuale, Bremerhaven. A separarle una cinquantina di chilometri di Bassa Sassonia.

Una regione così piccola ovviamente non ha né il peso né la rilevanza di bestioni come la Baviera o il Nordreno-Vestfalia, Länder che davvero possono indirizzare il destino politico dell’intera nazione. Tuttavia Brema ha un significato simbolico tutt’altro che secondario, in particolare per un partito: la SPD. Dal 1945 ad oggi, e per tutta la storia della Repubblica Federale, a Brema hanno sempre governato i socialdemocratici, in un dominio che in più occasioni li ha visti sforare il 50% alle urne. Brema è quindi una vera e propria roccaforte rossa, un bastione inespugnabile che i socialdemocratici tedeschi considerano come cosa propria.
Una sconfitta da quelle parti avrebbe conseguenze molto serie, anche dal punto di vista psicologico. Per averne una conferma in realtà non dobbiamo fare un grande esercizio di immaginazione: è infatti già successo, e anche piuttosto di recente. Nel 2019 a Brema si è votato in concomitanza con le Europee, e per la prima volta da tempo immemorabile la SPD è finita al secondo posto, dietro una CDU risultata primo partito per un paio di punti percentuali. L’evolversi delle trattative post-voto consentirono ai socialdemocratici di mantenere il governo della città, dando vita a un’alleanza a tre con Grünen e Linke, ma l’impatto (soprattutto emotivo) di quella sconfitta fu tale che, sommato al risultato deludente alle Europee, spinse l’allora leader del partito Andrea Nahles a farsi da parte, innescando quel processo di rimescolamento interno terminato con la candidatura alla Cancelleria di Olaf Scholz, e con la sua vittoria nelle elezioni politiche di due anni fa.

Domenica la SPD ha avuto modo di rifarsi. I cittadini della Freie Hansestadt sono andati a votare per eleggere il nuovo Oberbürgermesiter, il Sindaco, che è anche il Ministerpräsident del Land, e l’ordine naturale delle cose è stato ristabilito: la SPD si riprende la vetta, con quasi cinque punti in più rispetto alla disfatta del 2019, mente la CDU ritorna al secondo posto perdendo giusto un punto percentuale.

È una vittoria per Andreas “Bovi” Bovenschulte, Sindaco uscente piuttosto apprezzato (il 76% dei cittadini ritiene che abbia fatto un buon lavoro) che potrà così restare in carica. Dovrà però formare una nuova maggioranza: la coalizione rosso-verde che ha governato finora non ha più i numeri. Gli toccherà aprirsi o alla Linke, in una alleanza rosso-rosso-verde che potrebbe contare su 49 seggi, o alla FDP, replicando il semaforo anche a livello locale ma disponendo di una maggioranza risicatissima di un solo seggio (44). L’altra opzione, per un comodo totale di 52 seggi, sarebbe una Grosse Koalition con la CDU, come quella che governò per una dozzina d’anni dal 1995 al 2007.

Ma è una vittoria, e un sospiro di sollievo, per tutta la SPD, che ha investito molto nella campagna elettorale. A sostenere Bovenschulte in un comizio è venuto lo stesso Olaf Scholz, e anche il Generalsekretär Kevin Kühnert ha dato una mano, partecipando alla distribuzione di volantini porta a porta. La speranza dei socialdemocratici risiede soprattutto nel potenziale simbolico di questa vittoria: numericamente, come abbiamo visto, Brema non conta nulla, ma aver riconquistato l’elettorato locale potrebbe dare una spinta propulsiva i cui effetti ci si augura arrivino fino a Berlino, invertendo la rotta nei sondaggi nazionali che continuano a vedere la SPD in caduta libera, spesso sotto il 20%.
Dei tre partiti che compongono il semaforo berlinese, solo la SPD può sorridere del risultato di Brema. La FDP supera di un soffio la soglia del 5%, perdendo quasi un punto percentuale rispetto al 2019 e continuando una spirale negativa che i liberali non sanno più come arrestare. Ma la botta la prendono soprattutto i Grünen: quasi 6 punti in meno rispetto all’ultima volta, e l’impressione che, a parte le superstar Robert Habeck e Annalena Baerbock, nel partito stentino a farsi strada altre figure di spicco attraenti per l’elettorato e di buone prospettive in chiave nazionale. Certo si tratta di un voto locale, legato quindi a dinamiche particolari e radicate nel territorio, ma è comunque un segnale da non sottovalutare: come scrive lo Spiegel, sarebbe un’esagerazione sostenere che il partito sia in crisi, ma la crisi potrebbe piombare all’improvviso se non ci si decide ad affrontare in fretta un paio di problemi centrali. e quello della mancanza di altre figure di vertice è certamente uno dei più urgenti.
Torniamo però un attimo al grafico con i risultati del voto. Sono abbastanza sicuro che abbiate dato un’occhiata alle varie colonnine colorate, nera, rossa, verde, viola, gialla, e arrivati a quella blu abbiate pensato “Ah ecco, vedi, AfD se non altro è sotto il 10%”. Attenzione però – guardate meglio. Leggete la sigla sotto la colonnina blu: non è AfD. ma BIW.
BIW sta per Bürger in Wut, letteralmente “Cittadini arrabbiati”, partitino locale populista di destra nato nel 2004 schizzato a uno straordinario 9,5%, risultato formidabile. Non del tutto inaspettato però, e per capirlo dobbiamo tirare in ballo AfD. Gli alternativi, infatti, non hanno potuto candidarsi: a Brema il partito è spezzato in due gruppi contrapposti, ciascuno dei quali rivendica per sé la leadership legittima e ha presentato una propria lista per il voto. La commissione elettorale ha ritenuto di non doversi assumere il compito di decidere chi avesse ragione e ha rispedito entrambe le liste al mittente, di fatto estromettendo AfD dalla competizione. Ad approfittarne sono stati i cittadini arrabbiati di BIW, che di solito riuscivano a conquistare un solo seggio grazie ai voti presi soprattutto a Bremerhaven e invece stavolta hanno potuto imbarcare gli elettori di AfD, e strappare addirittura 9 seggi nel parlamento locale.
Secondo osservatori e politologi BIW è un partito di destra populista ma non necessariamente estremista o in odore di anticostituzionalità come AfD, anche se si possono trovare numerose vicinanze e consonanze – dalla lotta alla “immigrazione fuori controllo” alla retorica anti-UE. Però non è certo una situazione ideale quella in cui un altro movimento populista di destra inizia a macinare consensi, per quanto solo a livello locale, quando già AfD rischia – andate a rivedervi i sondaggi postati più su – di diventare il secondo partito di Germania.