Germania s’è destra

Come sono andate le elezioni europee in Germania

I risultati delle elezioni europee di domenica scorsa in Germania hanno più o meno confermato quello che prevedevano i sondaggi.

Ci si aspettava l’Union sul 30%, e così è stato; lo stesso vale per le batoste subite da SPD e Grünen, anche se forse non in queste proporzioni – soprattutto per i socialdemocratici. E per quanto riguarda AfD era atteso un dato finale intorno al 15% o anche superiore, come poi in effetti è stato: un 15,9% che certifica lo status di secondo partito.

I risultati…
… e gli scarti rispetto al 2019.

Una premessa da tenere in considerazione è che le elezioni europee ai tedeschi importano relativamente, come un po’ in generale tutto quello che riguarda la politica “estera”. A maggior ragione visto che l’attenzione è concentrata su un altro appuntamento elettorale, il voto di settembre a Est – quando si eleggeranno i Parlamenti regionali e i Ministerpräsidenten in Turingia, Sassonia e Brandeburgo. Tuttavia è possibile individuare un paio di temi e spunti notevoli usciti fuori dalle urne, utili per formarsi un quadro più chiaro di quello che succederà da qui in avanti, con uno sguardo a settembre 2025, quando ci saranno le nuove elezioni politiche.

Foto: Sebastian Kahnert/dpa

Il governo è nei guai

Non che sia una novità, intendiamoci. Sono mesi e mesi che il semaforo precipita nei sondaggi, criticato ferocemente da ogni parte e chiuso ormai in un angolo da cui non si vede una via d’uscita. Per la SPD si tratta di una disfatta in qualche modo storica, visto che il 13,9% ottenuto è il risultato più basso per i socialdemocratici nella storia della Bundesrepublik, almeno per quanto riguarda elezioni che coinvolgono tutto il territorio nazionale. 

La domanda che tutti si fanno è naturalmente: cosa farà ora Olaf Scholz per togliersi da questo pantano? Il problema è che la risposta sembra non possa essere altro che “niente”. Scholz non è certo un politico “interventista”, non lo è mai stato, e se non altro questi anni alla Cancelleria ne hanno ulteriormente cementato la fama di attendista esasperato, basta pensare a come è stata gestita la questione ucraina. In più lo spazio di manovra è estremamente esiguo: la tensione fra i tre partiti della maggioranza, già altissima, è destinata a crescere ancora di più, moltiplicando i fronti interni di scontro e aumentando l’impressione – ormai condivisa da tantissimi tedeschi – di un governo paralizzato ed incapace di agire.

L’unica fortuna di Scholz è che, nei sondaggi su chi vorrebbero come Cancelliere fra lui e il capo della CDU Friedrich Merz, i tedeschi continuano a preferire lui, nonostante picchi di impopolarità mai visti. Se però a spuntarla nell’Union fosse qualcun altro, come il leader bavarese Marus Söder o il Ministerpräsident del Nordreno-Vestfalia Hendrik Wüst, le cose potrebbero farsi più interessanti.

Per gli altri due partiti che compongono il semaforo le cose non sono messe meglio. 

I liberali ormai sono impigliati in un trend negativo pericolosissimo: per le elezioni europee la soglia del 5% non vale, ma per le politiche sì, e il rischio di finire un’altra volta fuori dal Bundestag, come successo nel 2013, è assolutamente concreto. Per quanto riguarda i Grünen, si tratta naturalmente di una bruttissima botta – quasi 9 punti in meno – ma non va dimenticato che solo una decina di anni fa sarebbe stato invece un ottimo exploit. Rimanere delusi da un risultato a due cifre significa comunque aver modificato radicalmente le aspettative, ed essere entrati di diritto nel novero dei Volksparteien, i partiti di massa, al pari di CDU e SPD.

Ma questo significa che anche AfD va ormai considerata un Volkspartei? Eh.

AfD: il meglio (o il peggio) deve ancora venire

Il 15,9% è un gran risultato, certamente. Ma se siete rimasti impressionati da questo, aspettate settembre, quando si voterà a Est, e poi ne riparliamo.

Per AfD si può parlare di un autentico trionfo, soprattutto vista la quantità di scandali che l’hanno travolta (e che hanno travolto il suo candidato capolista, Maximilian Krah) mano mano che ci si avvicinava al voto. nonostante tutto questo, AfD si è confermata secondo partito, con un radicamento territoriale nelle regioni orientali di proporzioni eccezionali (ci torniamo dopo). Soprattutto, è emerso con grande chiarezza che si possono fare tutte le manifestazioni contro l’estrema destra e il razzismo che si vuole, ma AfD ha ormai fatto breccia nel discorso pubblico tedesco, è riuscita a inserirsi negli spazi di dibattito della società civile e ad occuparli – addirittura a trasformarsi in maggioranza su alcune questioni cruciali, come quella dell’immigrazione. Ne abbiamo parlato tante volte su Kater (e se vi va potete leggere cosa ne ho scritto anche qui), giova ripeterlo: su questi temi, AfD è egemonia culturale

Di certo c’è una dimensione di voto di protesta, ma non è sicuramente l’unica né la principale. Come si deve dal sondaggio qui sotto, il 67% degli intervistati ritiene che il voto ad AfD sia principalmente un “messaggio” per gli altri partiti, ma la percentuale scende al 28% fra i sostenitori degli alternativi.

A Est AfD è primo partito con una margine significativo di quasi 7 punti sulla CDU, seconda, e i sondaggi per le elezioni regionali di settembre nei tre Länder in cui si voterà vedono gli alternativi davanti, con distacchi che vanno da mezzo punto in Sassonia a dieci punti percentuali in Turingia, passando per circa sei punti in Brandeburgo.

Per mille ragioni è estremamente improbabile che AfD arrivi ad esprimere un Ministerpräsident, visto che comunque per governare serve fare alleanze e per ora – per ora – con gli alternativi nessuno vuole allearsi. Ma da certi punti di vista arrivare al governo non gli serve neanche: con percentuali di questo tipo possono bloccare i lavori dei Parlamenti regionali su questioni cruciali, e negoziare per qualunque cosa da una posizione di forza.

Torniamo però un momento sulla questione dei risultati di queste europee a Est.

Due Germanie – di nuovo

Questa è la mappa della Germania uscita dalle urne, in base al partito più votato nelle varie circoscrizioni. Vi ricorda qualcosa?

Potete consultare la mappa interattiva qui

Qui su Kater abbiamo parlato mille volte di questo confine che teoricamente non c’è più, ma in realtà continua a esistere, presenza fantasmatica e costante dall’impatto tangibile in ogni aspetto della vita tedesca. Che si parli di economia, tenore di vita, demografia, agricoltura, industria: prendete un qualunque indicatore, vedrete che le linee di demarcazione ricalcano in maniera quasi perfetta il vecchio confine fra Repubblica Federale e Repubblica Democratica. Il Muro è fisicamente caduto quasi 35 anni fa, ma forse è stata solo un’illusione.

BSW all’arrembaggio

Un’ulteriore postilla al voto a Est riguarda il risultato molto lusinghiero ottenuto dal BSW, il movimento fondato da Sahra Wagenknecht solo pochi mesi fa. Oltre il 13% nelle regioni orientali e 6,2% a livello nazionale rappresentano un ottimo inizio, al di là delle più rosee aspettative. 

Siamo allora davvero di fronte all’arma segreta che permetterà di dimezzare i voti ad AfD? Se diamo un’occhiata ai flussi elettorali sembrerebbe di no.

Il BSW toglie voti soprattutto a SPD e Linke; ad AfD ne toglie “solo” 160.000, poco più che ai Verdi. Un fattore in più che complica ulteriormente il quadro del voto ad Est di settembre.

Il voto giovane

Un altro punto su cui molti osservatori si stanno concentrando è la distribuzione anagrafica del voto. Come prevedibile gli ultrasessantenni sono terra di conquista per Union e SPD, dall’altra parte dello spettro le cose si fanno più interessanti.

A sinistra come hanno votato gli elettori sotto i 25 anni, a destra quelli sopra i 60.
E qui lo scarto rispetto al 2019. Un dato da tenere a mente è che a questa tornata, per la prima volta, hanno potuto votare anche i sedicenni.

A parte la riga grigia di “Altri” (fra cui figura Volt, che fra i giovani ha ottenuto un significativo 9%) i due primi partiti a conquistare l’elettorato sotto i 25 anni sono stati Union e AfD. In particolare gli alternativi guadagnano 11 punti in questa fascia anagrafica, un dato allarmante.

Allarmante, sì, ma anche un po’ strano: com’è possibile che in pochi anni si sia passati dal dominio fra i giovani di Grünen e FDP, partiti preferiti nel 2021, all’ascesa di AfD, che da molti punti di vista si situa al polo opposto dell’offerta politica? In questi giorni si stanno leggendo moltissime analisi, che prendono in esame aspetti numerosi e diversificati. C’è chi parla di paura del futuro, sia dal punto di vista sociale ed economico, che motiverebbe i giovani a votare chi sembra promettere un rassicurante – per quanto impensabile – ritorno al passato; e chi invece sottolinea come per molti giovani AfD sia un partito “vecchio” quanto gli altri, presente da sempre nel loro orizzonte politico, e quindi privo di quell’effetto scioccante e dirompente che invece ha per le generazioni precedenti, stupite e spaventate all’idea di un partito di estrema destra in Germania. Sicuramente tutte queste analisi colgono ciascuna un frammento di verità. Personalmente però credo che molto abbia a che fare con l’esposizione di contenuti politici a cui i giovani sono esposti, nelle piattaforme a loro più congeniali. Nel 2021 emerse che Grünen e FDP erano i partiti più attivi su Instagram e TikTok; adesso su TikTok domina incontrastata AfD. Con questo non voglio dire che i giovani siano dei decerebrati che si fanno colonizzare il cervello da ciò che vedono sui social media, ma piuttosto che anche il tema della presenza e del modo in cui si è attivi su quelle piattaforme ha inevitabilmente una ricaduta nelle scelte elettorali di alcune fasce anagrafiche.

Edoardo Toniolatti

@EdoToniolatti

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