Bodo, granduca rosso

Socialista convinto. Cristiano osservante. Governante pragmatico. Ritratto dell’uomo che ha vinto le elezioni in Turingia come un pater patriae, ma ora si ritrova senza maggioranza parlamentare.

L’attuale Turingia, terra al centro geografico della Germania, ricca di foreste e castelli e senza nessuna grande metropoli, fino al 1918 era frammentata in otto piccoli principati, intervallati in più punti da strisce e lembi di territorio prussiano.

Sovrana su questo mosaico di enclavi, exclavi e confini bizzarri, sopravvissuto per accidente della storia alle furie unificatrici dell’Ottocento, era una pletora di teste coronate, ciascuno granduca nel proprio giardino, dalle quali discendono più o meno tutte le case regnanti dell’Europa contemporanea. Va da sé che soprattutto “a palazzo” noblesse oblige ed il sangue blu da mezzo continente periodicamente debba recarsi in visita in Turingia per omaggiare antenati, inaugurare mostre e deporre corone. Ed a fare gli onori di casa in pompa magna non può che essere il successore costituzionale di un granduca, tre duchi e quattro principi: il Ministerpräsident, capo di Stato e di governo dell’odierno Stato libero di Turingia.

Se stessimo alle tessere di partito, questa dei royal tours dovrebbe essere per il Primo ministro di un Land più a sinistra della storia tedesca dal dopoguerra più una grana che altro, utile magari soltanto per rimarcare in faccia al principino di turno quanto fossero necessarie le ghigliottine. Ma incasellare in stereotipi di partito Bodo Ramelow, vecchio sindacalista classe 1956 e dal dicembre 2014 Primo ministro della Turingia, sarebbe oltremodo sbagliato. A testimoniarlo sono soprattutto gli elettori turingiani, che il 27 ottobre scorso gli hanno tributato un consenso senza precedenti: 31% alla sua Linke, il miglior risultato nella storia del partito in un’elezione su suolo tedesco, e 42,1% nel suo collegio uninominale della capitale Erfurt. Eh sì, Linke, il partito della Sinistra tedesca, avete capito bene. Perché se stessimo agli stereotipi (e a chi li alimenta) il nostro Ramelow dovrebbe essere una specie di estremista anticapitalista. E invece no, lui fa il royal tour col Re del Belgio ed il Principe Alberto di Monaco. E poi il pieno di voti alle elezioni.

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Bodo Ramelow (a destra) con Re Filippo del Belgio e la Regina Matilde, lo scorso luglio. (Foto: Staatskanzlei Erfurt).

All’inizio lo scetticismo sul fatto che la Linke esprimesse per la prima volta il Capo d’un governo statale in Germania è stato grosso… e rumoroso. Pochi giorni prima che Ramelow venisse eletto Primo ministro, nel dicembre 2014, l’allora Presidente della Repubblica Joachim Gauck tuonò contro di lui tutta la sua sfiducia. Ed anche Angela Merkel, ora come allora a capo di un governo insieme alla SPD, criticò aspramente la scelta dei socialdemocratici di formare ad Erfurt un governo assieme alla Linke. Il filo rosso che al di là di contingenze e polemiche della quotidianità politica però unisce Gauck, Merkel e Ramelow è la convinta appartenenza alla chiesa protestante. Già, perché “Bodo il rosso” non solo è un socialista che però non disdegna appuntamenti con la nobiltà, ma è pure un cristiano convinto e osservante che non perde occasione per testimoniare in pubblico la propria scelta di fede. Certo questo fatto non lo ha messo al riparo da critiche aperte da parte di chi è abituato a sentire politici che si professano pubblicamente credenti solamente nella metà destra dello schieramento politico. Ma tale scelta ha probabilmente contributo a dare a Ramelow, che se occorre prende volentieri la parola anche dal pulpito, l’immagine di un vero Landesvater, un governante padre per l’intero Land al di là delle demarcazioni politiche o confessionali.

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Non che Ramelow – sposato con la veneziana Germana Alberti – sia una specie di quinta colonna del monarchismo e del puritanesimo contemporanei nel campo avversario. Tutt’altro. Quando c’è da mantenere una linea politica di sinistra nel Land o, attraverso il Bundesrat, a livello federale, il governo Ramelow non ha fatto mancare di sentirsi. Né il Primo ministro tralascia di rappresentare le ansie e le frustrazioni di un Est tedesco che non sempre è uscito vincitore dalla riunificazione del 1990, pur non avendovi vissuto nella fase della DDR. Quello che tuttavia caratterizza Ramlow ed il suo stile di governo è una dote molto apprezzata dai tedeschi: la Sachlichkeit, la capacità di affrontare i problemi nella loro obiettività e senza ideologismi. Tant’è che la maggioranza assoluta dei cittadini turingiani qualifica la Linke nel proprio Land come un “partito di centro” (forse meglio dire: non estremista) ed oltre la metà dei di lei elettori dichiara che non avrebbe votato il partito se a guidarlo non fosse stato per il Primo ministro in carica.

L’esito delle elezioni di ottobre 2019, come è stato acutamente osservato, è un successo personale di Ramelow nonostante e forse grazie al fatto che nessuna coalizione convenzionale abbia i voti nel Parlamento di Erfurt per una maggioranza. Tant’è che quando l’altro volto noto della politica turingiana – il capo dell’ala oltranzista di AfD Björn Höcke, che nel Land è del partito il segretario e capogruppo parlamentare – ha provato di sparigliare le carte e proporre un governo di destra-destra-destrissima (CDU ed FPD con l’appoggio esterno di AfD stessa), il risultato è stato non solo che democristiani e liberali abbiano opposto un categorico diniego – prevedibile!, ma vieppiù che il segretario della CDU turingiana Mike Mohring abbia rinunciato a provare a formare una maggioranza lui, con ciò spianando la strada ad un futuro governo di minoranza guidato dall’attuale Primo ministro di sinistra. Già, perché l’unica alternativa al pater patriae Ramelow (rieletto ma senza una maggioranza) sarebbe un governo pendente da labbra e capricci del quasi-neonazista Höcke.

Certo, Bodo il rosso è un politico navigato. L’aver fatto approvare dal Parlamento il bilancio statale 2020 già l’estate scorsa e l’aver evitato un election day con gli altri due Länder orientali al voto quest’anno ha da un lato concentrato l’attenzione degli elettori sui risultati del governo statale uscente e dall’altro creato quella finestra temporale ora necessaria per comporre una non facile sfida nella formazione del governo che verrà. Perché se Ramelow-bis sarà, l’assenza di una maggioranza assoluta in Parlamento per i tre partiti che sostengono il Primo ministro (Linke, SPD e Verdi) costringerà su ogni tema ad accordi con le opposizioni di CDU ed FPD. Non certo una sfida facilissima, ma il pragmatismo cui già abbiamo accennato potrebbe aiutare. E l’aura da pater patriae – socialista, cristiano e granducale – forse farà il resto.

Edoardo D’Alfonso Masarié

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