Mai così a destra

Il Parlamento regionale di Erfurt elegge a sorpresa un nuovo Primo ministro liberale con i voti decisivi degli estremisti di AfD: la scelta spiazza quasi tutti e porta a grossi problemi in casa CDU

Forse in gioco oggi a mezzogiorno in Turingia non c’era l’intero futuro della democrazia, come pure ha titolato il Redaktionsnetzwerk Deutschland, ma il fischio d’inizio d’una nuova fase politica sicuramente sì: la possibilità per la destra di AfD, finora ritenuta estremista e dunque isolata come un appestato, di far parte di una coalizione di governo.

La composizione del Parlamento statale ad Erfurt, frutto delle elezioni dello scorso ottobre, ed il raggiunto accordo di minoranza fra Linke, SPD e Verdi mettevano i 90 deputati di fronte ad una scelta netta: o la conferma del Primo ministro uscente Bodo Ramelow (Linke) o un governo dipendente dall’appoggio parlamentare di AfD. Tertium non datur. La maggioranza relativa dei parlamentari di Turingia ha scelto, contro ogni attesa, AfD. 

Prima i fatti e poi le conseguenze. Alle elezioni del 2014 un’AfD appena nata strappa un buon 10,6% ed entra nel Landtag guidata da un modesto insegnante di provincia, un certo Björn Höcke. Dall’altra parte dello schieramento la Socialdemocrazia decide, visto il tonfo elettorale (-6%), di cambiare strategia, affossare la locale Große Koalition con la CDU ed entrare in un governo con Verdi e Sinistra, sotto la guida di quest’ultima. A dicembre 2014 viene eletto con Bodo Ramelow per la prima volta in un Land tedesco un Primo ministro della Linke. La coalizione rosso-rosso-verde sembrava appesa ad un filo (e ad un solo voto di maggioranza), ma in realtà riesce a governare con stabilità fino alle elezioni successive, svoltesi ad ottobre 2019.  Qui Ramelow si afferma come pater patriae, con un successo personale indiscutibile, ma in fin dei conti manca l’obiettivo della maggioranza assoluta. Nonostante la Costituzione della Turingia garantisca al governo dimissionario margini di manovra generosi, i rosso-rosso-verdi tentano il colpaccio: mettere il Parlamento statale di fronte all’alternativa “O Ramelow o il nazismo!” e sperare che dalle fila di CDU e FDP (rispettivamente democristiani e liberali) nel segreto dell’urna sbuchino i voti mancanti. O almeno che i due partiti di centrodestra non si mettano di traverso e tollerino in qualche modo la nascita di un Ramelow-bis. Quello che né il governo regionale uscente né nessun altro nell’ampia Germania aveva messo in conto è che a qualcuno, evidentemente, i voti dei quasi-nazi di AfD così schifo non fanno. 

La strategia per AfD era stata chiara fin dal principio. Dimostrare di esser parte di una “maggioranza conservatrice” insieme a CDU ed FDP e costringere queste ultime ad accettare di governare con AfD piuttosto che alla loro sinistra. E quando la coalizione uscente rosso-rosso-verde tenta il colpaccio e fa convocare per oggi, 5 febbraio 2020, il Parlamento per l’elezione a scrutinio segreto del Primo ministro (in Germania funziona così) succede l’indicibile.

Nel finesettimana precedente AfD lancia come candidato per la poltrona di Primo ministro un sindaco senza tessera di partito di un paesino di 350 anime, tal Christoph Kindervater. O meglio, lascia che questi si auto-candidi, invitando i partiti della “maggioranza conservatrice” (CDU, FDP ed AfD) a sostenerlo. CDU e FDP rispondono picche; AfD si schiera con Kindervater, almeno pubblicamente. E fu sera e fu mattina, giorno del voto. Già all’alba il presidente regionale della SPD Wolfgang Tiefensee (un ex ministro del governo Schröder) mette tutti sull’attenti: Un Primo ministro che dipenda dai voti di AfD non lo sosterremo mai.

Evidentemente un’ipotesi tutt’altro che peregrina se è vero, com’è vero, che il Primo ministro Ramelow in persona interviene per 40 minuti prima dell’inizio della seduta decisiva alla riunione a porte chiusissime del gruppo parlamentare di FDP.

Evidentemente non basta. Il capogruppo liberale Thomas Kemmerich (annotarsi il nome, please) lo definisce gelidamente come un “incontro di cortesia” e si va in aula. Nei primi due scrutini serve la maggioranza assoluta, che non ha nessuno, ed il centrodestra gioca a carte coperte: astensione. Ramelow raccoglie uno o due voti (rispettivamente al primo ed al secondo scrutinio) in più rispetto al previsto, ma non basta. Kindervater (AfD) raccoglie al primo scrutinio 3 voti più dei “suoi” (e quindi dalle fine di FDP e/o CDU), ma già al secondo scrutinio queste tre rondini che ben fan primavera tornano a nascondersi nel bianco candore dell’astensione.

Al terzo scrutinio basta la maggioranza relativa. Accanto a Ramelow e Kindervater esplicita la sua candidatura anche il capogruppo liberale Kemmerich. Nel segreto dell’urna in Turingia forse persino Dio non vede benissimo ed il risultato è presto detto: nessuno dei parlamentari di AfD vota per il proprio candidato, bensì tutti in massa per Kemmerich, che, raccogliendo anche i voti propri (FDP) e di quasi tutta la CDU, supera per un voto a gran sorpresa Ramelow (45 a 44) e giura così da Primo ministro fra gli sguardi attoniti dell’aula. 

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Il leader turingiano di AfD Björn Höcke (a destra) si congratula per l’elezione con il nuovo Primo ministro liberale Thomas Kemmerich, eletto grazie ai voti decisivi della destra radicale. (Foto: t-online.de)

Ora tanti hanno un problema. Enorme. Perché il mezzogiorno di fuoco di questo 5 febbraio 2020 ad Erfurt ha rotto una diga ed iniziato una fase politica nuova: AfD è, che lo si voglia o no, in una coalizione di governo. “Appoggio esterno” si direbbe in Italia. E questo proprio nel Land dove il partito fondato sette anni fa ha le posizioni più estreme e il suo capo locale Björn Höcke può essere a buon diritto definito un quasi-nazi. Altro che “conservatori” e “maggioranza silenziosa”.

Un problema grosso è ora in casa dei liberali di FDP, che due anni e mezzo fa a livello federale si rifiutarono altezzosi di entrare nel governo con il motto “meglio non governare che governare male” ed ora, dopo aver superato la soglia del 5% in Turingia per esattamente 73 voti, si fanno eleggere dalla destra estrema alla guida di un governo che, per il momento, ancora non c’è. Ce n’è abbastanza perché a sinistra si riformuli così il motto del 2017: “Meglio governare coi fascisti che non governare proprio”. E sarà un po’ complicato d’ora in poi per il leader liberale Christian Lindner continuare a dipingere il proprio partito come una formazione moderna, moderata ed europeista, dal momento che FDP di fatto si mette a governare insieme o quantomeno grazie ad AfD.

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Le trasmissioni satiriche non si sono fatte sfuggire l’occasione: il post Facebook di extra 3
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… e il tweet dello heute-show.

Non minore è il problema per la CDU. Del partitone di centrodestra tedesco si può ora ben dire che “lo spirito (forse) è forte, ma la carne è debole”. Mesi febbrili di contatti, culminati in consultazioni tenute personalmente dall’ex Presidente federale Joachim Gauck, hanno cercato di sanare le spaccature di una CDU evidentemente disorientata fra chi avrebbe voluto aprire la porta alla sinistra di Ramelow, chi invece ad AfD e chi infine non sapeva sciogliere il dubbio se fosse peggio l’uno o l’altro. Tant’è che la CDU, pur sempre terzo partito del Land e primo in Germania, alla fine non ha presentato al voto parlamentare nessun candidato e si è ridotta a votare insieme ad AfD un candidato terzo, diventando così correa di questa elezione in tinta bruna. 

I problemi di FDP e CDU risalgono così la gerarchia politica e da Erfurt si spostano a Berlino. Ad un anno e mezzo dalle elezioni federali, con una segreteria nazionale della CDU impegnata a marcare distanza e differenza dalla destra estrema, il “caso Turingia” è non solo una caduta nella credibilità e nello stile. Esso offre alla nuova leadership della SPD una ragione in più per mettere in questione la Große Koalition. E lascia una porta spalancata al leader della CSU bavarese Markus Söder, acclamato all’ultimo congresso della sorella CDU con standing ovations da rock star dopo un discorso programmatico tutto all’insegna di “AfD è il nazismo! AfD è il nemico!”. Senza dimenticare che la CDU che ad Erfurt vota con i populisti di destra è la stessa CDU che a Bruxelles esprime con Ursula Von der Leyen il Presidente della Commissione europea. 

Infine, tornando nel locale, un grattacapo ce l’ha anche Bodo Ramelow. Non si può negare che la situazione parlamentare fosse quantomeno apertissima e che a Ramelow ed ai suoi va riconosciuto il coraggio d’averci provato senza aver nessuna possibile garanzia. Ed è pur vero che quello del neo-eletto Thomas Kemmerich potrebbe essere un governo dalla vita breve e che quindi si potrebbe forse tornare presto al voto in Turingia. Ma su questo oggi non scommetterebbe nessuno ed il “granduca rosso” – fino a stamattina acclamato come modello della sinistra che può e deve stare al governo – rischia di veder svanire la sua fama fra i polverosi banchi dell’opposizione in un parlamento regionale. Non una buona notizia dunque neanche per la Linke né per chi, in SPD e Verdi, spera in alleanze di sinistra anche a livello nazionale. 

Infine, un tocco di storia. Ai tempi della Repubblica di Weimar fu la Turingia a sperimentare prima uno dei governi di un Land più a sinistra del Paese con August Frölich (1921-24) poi con Erwin Braun e Wilhelm Frick (1930-31) il primo governo con la partecipazione diretta del partito nazista. Lungi da Kater e da chi qui scrive la tentazione di equiparare i populisti di oggi all’atrocità totalitaria di allora. Rimane il dato, tuttavia, che questo tutto sommato piccolo Land al centro geografico della Germania si trova spesso in primissima pagina quando si tratta di aprire fasi politiche nuove e sdoganare tabù prima infrangibili. A Bodo Ramelow l’onore di essere stato due volte protagonista di una svolta simile: nel 2014 con la sua elezione ed oggi con la sua cacciata. 

 

Edoardo D’Alfonso Masarié

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