Intervista alla base: i Verdi

I Grünen sono uno dei partiti da seguire più da vicino in vista del voto dell’anno prossimo. In crescita costante da alcuni anni, potrebbero diventare una delle forze centrali del panorama politico tedesco.
Per saperne di più abbiamo intervistato due militanti del movimento ecologista.

La sera delle elezioni federali 2021 la gran parte dei tedeschi guarderà con molta attenzione al risultato dei Verdi.

Come ha ben ricapitolato Edoardo Toniolatti sul Foglio e nel quinto numero di RESET2021 (a proposito: iscrivetevi!), i Verdi tedeschi sono arrivati alla pandemia dopo un biennio di trionfi elettorali che ne hanno sancito l’ascesa a forza quantomeno in grado di contendersi con la Socialdemocrazia la guida della metà sinistra del firmamento politico. O meglio, come ha detto a fine settembre con una notevole piroetta retorica Felix Banaszak – co-segretario dei Verdi in Nordreno-Vestfalia ed uno dei volti iconici dell’attuale ondata verde – i Verdi si sono rafforzati diventando “una forza centrale del centrosinistra” e “si è esaurito il tempo in cui erano per forza di cose il partner minore di un partito [vero]”. Nientemeno.

Come facemmo a luglio con due esponenti locali della CSU bavarese, abbiamo intervistato due persone attive nel partito ecologista, chiedendo loro cosa pensino dell’attuale fase e delle prospettive future del movimento nel quale hanno incarichi a livello locale. Sono Julia Ströbel, co-segretaria cittadina dei Verdi ad Erfurt, e Vilja König, portavoce del gruppo di lavoro su affari interni e sicurezza della federazione regionale della Turingia.

Julia Ströbel
Vilja König

Kater: Si dice spesso che in politica pochi anni corrispondano in realtà ad ère geologiche, ma nel caso dei Verdi il cambiamento dalle elezioni federali del 2017 ad oggi è davvero molto evidente. Allora entraste nel Bundestag con un 9% scarso quale più piccola fra le forze parlamentari, mentre alle Europee del 2019 avete superato la soglia del 20% diventando il secondo partito di Germania. In questi tre anni è cambiato qualcosa solamente nel mondo intorno a voi – come la nuova centralità che le politiche climatiche hanno raggiunto grazie a Greta Thunberg e Fridays for Future – o c’è stato un cambiamento importante anche all’interno del partito?

König: Io mi sono iscritta ai Verdi a metà del 2018, quando il processo qui descritto era già pienamente in atto. Credo che una gran parte di questo “balzo” si spieghi con il fatto che temi, di cui i Verdi si sono occupati da sempre, ora siano giunti al centro dell’attenzione dell’intera società. Tuttavia occorre guardare anche agli altri grandi partiti tedeschi, come alla SPD, che da diversi anni è ormai molto instabile. Alle elezioni federali del 2017 la SPD arrivò con l’impegno solenne che non ci sarebbe più stato un ulteriore governo di Große Koalition, ma alla fine, nonostante ciò, si decise per un’ennesima grande coalizione. Questa cosa l’ha resa almeno fra i miei conoscenti invotabile. E su questo i Verdi sono una buona alternativa.

Per l’eccellente risultato delle europee dobbiamo inoltre considerare che i temi di politica europea sono molto nelle nostre corde. La protezione del clima riguarda tutti e soprattutto funziona davvero solo se molti (molte persone, molti Paesi e persino continenti) sono della partita. Su questo aspetto si può raggiungere con iniziative ed obiettivi a livello europeo molto più di quanto di possa fare a livello regionale. Lo stesso vale per temi come le migrazioni o i profughi, per i quali i Verdi si profilano chiaramente per valori quali umanità, fratellanza e integrazione. Qui una cooperazione a livello europeo è d’importanza centrale e gli elettori e le elettrici lo sanno e votano quel partito, che la chiede e la persegue. Inoltre, non dimentichiamo che il nostro partito viene percepito come agli antipodi dell’AfD. L’AfD stessa a Berlino ha fatto un manifesto con: “Verde di rabbia? Vota blu!” (blu è il colore dell’AfD, n.d.r.). Per questo alcuni cittadini ci percepiscono come contrappeso dei populisti di destra e vedono in un voto ai Verdi un messaggio diretto contro AfD. Come se volessero dir loro: “Voi non siete di più di noi!”.

Infine, e anche se lo cito per ultimo non è un cambiamento meno importante, con l’elezione ad inizio 2018 di Annalena Baerbock e Robert Habeck sono arrivati volti giovani e nuovi alla guida del partito, cosicché il nostro cambiamento e la nostra voglia di assumerci delle responsabilità sono diventati più credibili sia fra gli iscritti sia fra i cittadini.

Foto: Daniel Reinhardt/dpa/Archivbild

Ströbel: Il successo dei Verdi non lo daterei al 2017, ma molto prima. Uno dei nostri più importanti temi è stato fin dagli inizi (i Verdi furono fondati nel 1980, n.d.r.) quello del rifiuto del nucleare. Agli inizi fummo derisi, ma trent’anni dopo in Germania il consenso su questa nostra posizione era molto ampio e si è deciso di uscire dal nucleare. Da un tempo quasi egualmente lungo ci occupiamo di cambiamento climatico, dei suoi effetti e delle misure che si deve adottare per contrastarne le conseguenze peggiore. Vorrei qui ricordare un nostro manifesto della campagna elettorale per il Bundestag del 1990: “Tutti parlano di Germania, noi parliamo del tempo”. Su questo manifesto si poteva leggere già allora la parola “catastrofe climatica”. Allora perdemmo e non riuscimmo ad entrare in Parlamento, ma ora la crisi climatica è sotto gli occhi di tutti e nessuno può più ignorare il fatto che dobbiamo agire con urgenza per poter raggiungere l’obiettivo di 1,5°C concordato nell’Accordo di Parigi. 

Così come il disastro di Fukushima significò per noi Verdi un picco di consensi, anche oggi siamo in Germania l’unico partito che in modo chiaro, lungimirante ed affidabile si adopera per la difesa del clima. Dal momento che non viviamo in una eco-dittatura – la quale è l’ultima cosa che ci auguriamo – dobbiamo essere in grado di generare un cambiamento nell’ambito dei processi democratici, in incessante dialogo con cittadine e cittadini e in uno strenuo lavoro di persuasione nei confronti delle forze economiche. Dobbiamo essere in grado creare alleanze ad ogni livello se vogliamo portare avanti i cambiamenti che ad ogni livello sono necessari. Ciò può sembrare duro – e lo è! – ma in democrazia è l’unica via possibile. Su questa via ci sentiamo molto confortati, se anche la società civile fa pressione e anche nelle piazze si manifesta con chiarezza per questi obiettivi. 

Kater: I Verdi cercano ormai da alcuni anni di raggiungere un ampio spettro di elettori e secondo taluni osservatori si trovano già con successo sulla via per diventare un nuovo partito di massa. Tuttavia il consenso dei partito rimane ancor oggi disomogeneo sia geograficamente sia socialmente. Mentre in ampie parti della Germania meridionale, in Schleswig-Holstein ed anche altrove si sono registrati successi significativi dei Verdi anche “in campagna” e fuori da grandi nuclei urbani e centri storici, da altre parti resta forte l’impressione che i Verdi siano solo un partito delle classi benestanti urbane. Un’accusa, quest’ultima, che i vostri concorrenti ripetono spesso. Da cosa dipendono queste differenze nel vostro consenso? In che modo sta cercando il partito di raggiungere e persuadere elettori di ogni contesto sociale?

König: Le differenze nel nostro consenso fra i diversi Länder si spiegano al meglio guardando alla struttura degli insediamenti. Nei cosiddetti “vecchi” Länder dell’Ovest ci sono molte più grandi città dove, come la vostra domanda già spiega, abbiamo un potenziale elettorale maggiore. Tuttavia, è importante anche la struttura demografica. I Verdi sono un partito che si rivolge tendenzialmente a persone più giovani e queste tendono a concentrarsi nelle città più grandi. Dal momento che in Germania orientale di città grandi ve ne sono poche – con l’eccezione di Berlino – il nostro partito ha nei “nuovi” Länder maggior difficoltà a radicarsi. I risultati elettorali per i Parlamenti statali dei Länder mostrano questo fenomeno in modo chiaro. In città studentesche come Jena (in Turingia) o Lipsia e Dresda (in Sassonia) i Verdi hanno risultati molto superiori alla media del resto del Land

Per la differenza di consenso fra Est ed Ovest gioca tuttavia anche un ruolo il fatto che politici e politiche dall’Est sono normalmente sottorappresentati nelle liste per le elezioni federali ed europee. E ciò capita nel nostro partito, ma non solo. Nei primi quindici posti della lista dei Verdi alle Europee 2019 comunque non c’era neanche una persona che vivesse o fosse cresciuta all’Est (nonostante nei “nuovi” Länder viva un sesto della popolazione tedesca, n.d.r.). Non so di preciso cosa si possa fare per cambiare questa situazione, tuttavia credo che molti cittadini e cittadine meno giovani che crebbero nella DDR non si sentano davvero rappresentati. Almeno per il mio giro di conoscenze posso dire che questa fascia di popolazione si sente spesso lasciata per strada dalla politica. Che a oltre trent’anni dalla Riunificazione ci siano differenze visibili fra Est e Ovest è purtroppo un fatto. E noi Verdi a loro giudizio non proponiamo soluzioni giuste per i loro problemi.

Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo cercato in modo crescente di creare delle strutture nel partito che rendano possibile un dialogo permanente e che consentano di rispecchiare le visioni ed i bisogni di gruppi sociali fra loro diversi. Secondo me proprio le tante nuove iscrizioni degli ultimi anni ci aiutano in questo. Credo che si sia ben avviato un processo, ma c’è ancora bisogno di lavoro e di disponibilità al dialogo per poter raggiungere in modo omogeneo elettrici ed elettori in tutta la Germania. 

Ströbel: Quando in Germania si parla di temi come la crisi climatica, la tutela dalla biodiversità o l’agricoltura, a molte persone la prima cosa che viene in mente sono i Verdi. Su questi campi ci siamo guadagnati nei decenni passati con il nostro lavoro una discreta competenza e questo si può vedere anche in regioni nelle quali finora non siamo riusciti ad ottenere grandiosi risultati elettorali. Il successo si basa su un lavoro nei decenni alla base, nei consigli dei comuni e degli enti locali e nei parlamenti dei Länder. Lo stereotipo dei Verdi degli inizi – sempre con i ferri da calza in mano e mele ed arance raggrinzite sulla tavola – è cambiato completamente.

Certo è però che i Verdi sono per il cambiamento. Noi vogliamo una politica climatica radicalmente diversa, un’agricoltura diversa, un cambiamento profondo per la mobilità, solo per citare alcuni esempi. Il modo in cui viviamo e produciamo deve secondo noi cambiare radicalmente. Questa volontà di cambiamento fa però paura a molte persone. Soprattutto in Germania orientale, dove la gente dopo la caduta del Muro è dovuta stare al passo di cambiamenti forse più grandi di quanto si sarebbe potuto prendere da un essere umano. E ciò a tanti basta per la vita intera. La crisi climatica, tuttavia, ci obbliga ora a mettere un’altra volta la nostra vita sul banco di prova, e posso capire che siano persone che non ne hanno voglia. Anche per me è difficile mettere in pratica molte cose. Per questi motivi abbiamo ancora bisogno di tempo per cercare consenso sulle nostre idee. Nelle grandi città ciò funziona sempre meglio, perché ci sono persone e famiglie giovani, a cui i temi del futuro stanno a cuore. Ci sono anche – non lo nego – persone che hanno una sicurezza sul piano materiale tale da non lasciar spazio a grandi preoccupazioni circa il proprio futuro individuale. Nelle grandi città questi ambienti riescono più velocemente a ritrovarsi e a promuovere idee per una vita migliore. Per un ampio consenso fra tutta la popolazione c’è però bisogno di delimitare la carreggiata della politica e di obiettivi chiari, così che ciascuno possa capire dove va il nostro percorso collettivo. 

Kater: “Bündnis 90/Die Grünen” (in italiano: “Alleanza 90/I Verdi”) è l’unico partito tedesco il cui nome si richiama esplicitamente alla rivoluzione pacifica nella ex DDR ed alla riunificazione. Come vi spiegate la peculiarità del dibattito pubblico all’Est rispetto al resto della Germania nonché il fatto che in tale parte del Paese non solo la destra di AfD sia notevolmente più forte, ma il dibattito politico in sé segua in parte altri canoni? Come è possibile perseguire con successo una politica verde in Germania orientale? È rimasto al partito odierno ancora qualcosa di quanto gli attivisti per la democrazia della DDR portarono in dote?

König: Credo che idee politiche verdi facciano all’Est più fatica per qui in gran parte dominano strutture sociali diverse, soprattutto perché la popolazione vive maggiormente in paesi e città più piccole. Io stessa posso dire della mia gioventù di paese in Turingia che lì idee politiche conservatrici hanno più facilità ad affermarsi che in grandi città in costante crescita. Tantissime persone giovani lasciano i paesi e le città più piccole per studiare, lavorare e stabilirsi in città più grandi o nei loro dintorni, ed in questo modo se ne vanno (in maggioranza all’Ovest) tanti potenziali voti per i Verdi. Credo che per il nostro partito sia fondamentale sviluppare forme migliori di dialogo con chi è nato, cresciuto e poi rimasto ad Est, per poter capire le peculiarità di ciascuno di questi Länder. Campagne e programmi elettorali devono davvero essere cuciti su misura per ciascun Land e non dare l’impressione ad elettori ed elettrici che “arriva un Wessi [uno dell’Ovest, n.d.r.] e ci spiega come dobbiamo votare”. Io sono purtroppo troppo giovane per poter giudicare della dote portata da attivisti e attiviste dell’allora DDR, tuttavia posso assicurarvi che nel nostro partito c’è un notevole spirito combattivo… e questo potrebbe esser ancora un frutto di quel tempo!

Ströbel: La dote del movimento per i diritti civili si vede ancora molto chiaramente nei Verdi d’oggi. Perché nessuno si senta lasciato per strada sulla via del cambiamento irreversibile, che è necessario per fermare la crisi climatica, riteniamo che sia quantomeno altrettanto importante rafforzare l’impegno civile e garantire a ogni persona in questo Paese di potervi vivere con dignità. I Verdi hanno sviluppato quindi propri programmi su giustizia salariale, un’assicurazione di base per le persone in cerca di lavoro e un’assicurazione sociale per l’infanzia, ma anche per un maggiore coinvolgimento dei cittadini a livello comunale e per un rafforzamento del volontariato. Anche in ambito digitale siamo per i diritti dei cittadini e contro il controllo on-line dei comportamenti di ciascuno. 

In Germania orientale ci vuole ancora tempo per poter raggiungere quel consenso che i Verdi si sono guadagnati all’Ovest. Ciò comincia, come detto, certo più nelle città, ma di lì poi s’irradia anche fuori da esse. Parallelamente a questo stiamo aumentando la nostra presenza nei consigli degli enti locali, mostrando così che una politica verde non è qualcosa di elevato e distante, ma vicino ai problemi della quotidianità. Anche noi la viviamo e sappiamo “dove pestano le nostre suole”.

Kater: L’Unione di CDU e CSU è stabilmente la più grande forza politica tedesca, non solo nei sondaggi ma anche nei risultati reali. La probabilità che essa esprima anche il prossimo Cancelliere è dunque elevata. Su quali punti secondo voi un governo nero-verde potrebbe fare meglio dell’attuale grande coalizione? E su quali i Verdi dovrebbero assolutamente imporsi? 

König: Io non sono attiva a livello politico nazionale, tuttavia credo che i Verdi dovrebbero cercare di imporre i propri pochi temi identificativi qualora entrassero in un governo: difesa del clima, trasporti sostenibili e una politica migratoria inclusiva. Ad esempio, l’estensione e lo sviluppo della rete ferroviaria e l’agevolazione del trasporto su ferro significherebbero un grande contributo alla difesa dell’ambiente in un Paese come la Germania, che ancora viene definito “il paradiso dell’auto”. 

Ströbel: I nostri segretari Annalena Baerbock e Robert Habeck fanno molto bene in questo momento a non lasciarsi coinvolgere in elucubrazioni su coalizioni e cancellierati futuri. Dopo le elezioni del 2017 nessuno avrebbe pensato che noi Verdi saremmo stati parte di trattative di coalizione con la CDU/CSU, la SPD e la FDP… e che alla fine sarebbe stata proprio la FDP a farle saltare. Noi tutti speriamo molto che dall’autunno 2021 ci sarà un governo federale a partecipazione verde, la prima volta dopo 15 anni. Ma se ed in quale costellazione lo decideranno gli elettori fra meno d’un anno. Se saremo coinvolti in trattative di coalizione, le condurremo come nel 2017: con un orientamento chiaro e sempre ben preparati sui singoli temi, di modo da poter ottenere nel contratto di coalizione il più possibile dal nostro programma. Certamente dovremo convincere i nostri potenziali partner di coalizione che la sfida cui la crisi climatica ci mette di fronte è una questione di sopravvivenza, e che quindi dovremo attuare il più in fretta possibile tutte le misure pensabili.

Kater: Indipendentemente da chi possano essere gli eventuali partner di una futura coalizione, come dovrebbe atteggiarsi secondo voi un governo a partecipazione verde in politica europea? Quest’ultimo è un aspetto al quale in Italia si guarda spesso con grande fibrillazione…

König: In politica europea ci si dovrebbe concentrare su un rafforzamento dell’unità europea, di modo da poter affrontare e discutere questioni complesse come quella delle migrazioni con un vantaggio per tutti. In questo ed in altri temi la Germania dovrebbe secondo me prendere maggiore consapevolezza del proprio ruolo, esigendo e rafforzando l’importanza dello stato di diritto anche in altri paesi dell’UE, ma senza per questo comportarsi da maestrina. 

Ströbel: All’Europa non ci sono alternative. Se vogliamo salvaguardare l’Europa quale progetto di pace per più generazioni, allora i suoi Paesi devono crescere assieme anziché allontanarsi gli uni dagli altri o addirittura uscire dall’Unione. Questioni come la crisi climatica o il populismo di destra possiamo combatterle solamente assieme, mentre la campana per una comune modernizzazione sociale ed ecologica al tempo stesso è ormai suonata da tempo. Dobbiamo investire in Europa per poter ridurre i drammatici tassi di disoccupazione nel Sud del Continente, regolare il sistema bancario e nella situazione attuale stimolare l’economia ad una riconversione ecologica che sia sostenibile nel lungo periodo. Tutti i cittadini e le cittadine dell’UE devono poter fare affidamento sul fatto che i loro diritti vengano rispettati e che le istituzioni comuni non siano solamente strutture per parcheggiare politici nazionali in crisi di consenso. È necessario che venga recuperata fiducia nell’Europa, e per raggiungere ciò la Germania può avere una parte determinante, se non si comporta come un arcigno precettore verso gli altri Paesi dell’UE. 


Intervista e traduzione dal tedesco di Edoardo D’Alfonso Masarié.

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