Quattro Großer Zapfenstreich tedeschi

Brevi considerazioni a partire dalla cerimonia militare con cui Angela Merkel si è congedata dalla Germania, e da altre tre volte in cui è stato concesso questo onore

Il Großer Zapfenstreich, la cerimonia militare con cui la sera di giovedì 2 dicembre Angela Merkel si è congedata dalla politica tedesca, è un tributo da protocollo concesso ai Presidenti della Repubblica Federale, ai Ministri della Difesa e anche ai Cancellieri. Merkel è la terza Cancelliera a ricevere l’omaggio, che è il cerimoniale “più alto e più solenne” concesso dalla Bundeswehr, l’esercito tedesco. Prima di lei è stato tributato ai sue due ultimi predecessori, Helmut Kohl e Gerhard Schröder.

Nonostante la solennità, la cerimonia ha un’origine decisamente mondana. Come si legge sul sito ufficiale del Bundesregierung, il governo tedesco, bisogna tornare indietro al sedicesimo secolo, “al tempo dei Lanzichenecchi”, quando la fine della serata e l’inizio del riposo era scandito dal tintinnio della sciabola contro il rubinetto (lo Zapfhahn) delle botti di vino e di birra. “Con il tempo divenne consuetudine dare il segnale di riposo in forma musicale – con uno squillo di tromba per la cavalleria, con flauti e tamburi per la fanteria.”

La trasformazione in un cerimoniale vero e proprio avvenne nell’Ottocento, e la prima ricorrenza ufficiale nella sua forma attuale di marcia musicale risale al 1838, quando venne eseguito per lo Zar di Russia.
Il protocollo prevede un formato piuttosto rigido. Si inizia con la parata militare al suono della Yorckscher Marsch (la “Marcia di Yorck”) di Beethoven e si finisce con una sequenza fissa al cui termine è posto l’inno nazionale tedesco. In mezzo la cosiddetta Serenade, la “serenata”, cioè un medley di tre brani scelti dal celebrato. Ed è qui che, più che in tutto il resto, si possono scoprire gli aspetti più nascosti della personalità di chi riceve questo altissimo onore. Dalla selezione dei brani, e dalla reazione che si dipinge sul volto quando li si ascolta suonati dalla banda della Bundeswehr. Presidenti, Cancellieri e Ministri diventano umani, troppo umani (cit.) quando si trovano a dover scegliere la playlist del loro rituale solenne di commiato, rivelando gusti ricercati, raffinati o talvolta atroci.

Foto: dpa

In questo pezzo vogliamo soffermarci su quattro momenti di quattro Zapfenstreich diversi, dedicati al congedo di due Cancellieri e a due Ministri della Difesa: Gerhard Schröder e Angela Merkel, Karl Theodor zu Guttenberg e Ursula von der Leyen. In particolare ci concentreremo sulla scelta di un brano per ciascuno, e sulla reazione emotiva che si legge sul loro volto durante l’esecuzione; ma visto che vogliamo fare le cose per bene stabiliremo anche dei punteggi per ciascun momento, in base ad alcuni criteri ben precisi. 

Il primo sarà la solennità: stiamo pur sempre parlando del cerimoniale più solenne tributato dall’esercito tedesco. Contegno, compostezza e decoro sono obbligatori. 

Il secondo è la germanicità, visto che comunque si tratta di un’onorificenza tedesca. Voi mi direte: ma ci può essere un carattere propriamente tedesco nella scelta di un brano musicale? Vedrete che sì, ci può essere. La musica è un linguaggio universale che trascende lo spazio e il tempo e tutte quelle cose lì, ma ci sono scelte musicali precipuamente tedesche, che altrove sarebbero se non impossibili quantomeno difficilmente comprensibili.

Infine, lo sapete che la Jugendwort des Jahres, cioè la “parola giovanile dell’anno” per il 2021 è il termine cringe? Ecco, per questa ragione il terzo e ultimo criterio sarà il livello di cringe dato dalla scelta e, soprattutto, dalla reazione mostrata dal celebrato durante l’esecuzione.

Partiamo con lo Zapfenstreich che abbiamo più fresco nella mente. Quello di giovedì sera, dedicato ad Angela Merkel e alla fine dei suoi 16 anni di Cancellierato.

Cos’altro c’è da dire su Angela Merkel che non sia già stato detto, scritto, ripetuto? 

Per il suo Zapfenstreich la Cancelliera ha scelto un luogo sottilmente simbolico: gli edifici del Bendlerblock, complesso del Ministero della Difesa che furono anche il quartier generale dei congiurati che, nel luglio 1944, pianificarono l’attentato ad Adolf Hitler. Come sempre nella carriera politica di Angela Merkel, ogni gesto, ogni scelta ha anche un significato politico poco visibile ma molto profondo – perfino la scelta dei suoi leggendari blazer, come abbiamo scoperto in una recente bellissima intervista concessa alla Süddeutsche Zeitung. E in moltissimi si sono lanciati nel tentativo di sviscerare il significato nascosto dietro la sua scelta di Du hast den Farbfilm vergessen, purissimo esempio di canzone Schlager portato al successo nel 1974 da un’icona del punk tedesco come Nina Hagen. Come riassume bene questo articolo del Guardian, da una parte c’è chi ci ha visto un legame con l’ex DDR, da cui provengono sia Merkel che Nina Hagen. Il brano all’epoca venne interpretato come una velata critica al regime e alla vita grigia e monotona (il titolo tradotto significa “hai dimenticato la pellicola a colori”) che si conduceva sotto il suo governo: la scelta da parte della Cancelliera andrebbe letta come una nuova, eterna condanna della dittatura comunista in favore della libertà e della democrazia liberale. Dall’altra parte c’è chi invece coglie un sottile sottotesto femminista. Nel brano Nina Hagen rimprovera il fidanzato Michael di aver dimenticato di portare la pellicola a colori durante la loro gita: Merkel vorrebbe quindi lanciare una frecciata al mondo della politica tedesca, ancora pesantemente dominato da uomini che non sono capaci di fare il proprio lavoro e di portare a termine i compiti assegnati. 

Secondo me però non va dimenticato un aspetto significativo. E cioè che Angela Merkel, contrariamente a quanto può sembrare a prima vista, è dotata di sottile ma acutissimo senso dell’umorismo, che ha spesso lasciato spaesati gli interlocutori presi alla sprovvista dalla sua ironia e dal suo sarcasmo. Ecco, io sono abbastanza convinto che Merkel abbia scelto il brano di Nina Hagen già pregustando la ridda di ipotesi che ne sarebbero seguite, e divertendosi un mondo al solo pensiero.

Solennità: Le fiaccole, il freddo del dicembre berlinese, il Bendlenlock sullo sfondo, il cappotto nero: come si fa a essere più solenni di così? Quando la banda attacca, si vede chiaramente che Merkel vorrebbe seguire il ritmo muovendo leggermente la testa, ma si trattiene – come si conviene a una leader che ha fatto della sobrietà e dell’assenza di pathos la sua cifra più caratteristica. La canzone sarà anche buffa, ma tutto è dannatamente maiestatico. Persino il lievissimo errore che si sente a metà dell’esecuzione (a circa 1 minuto e 32 del video qui sopra) non toglie nulla alla solennità del momento. 

Germanicità: Nina Hagen è un’icona del punk nella sua particolare versione tedesca, e il brano scelto è un riuscitissimo esempio di Schlagermusik: più teutonico di così non si può. Giusto i Kraftwerk, magari. Anche il modo in cui Merkel segue l’esecuzione – controllata, impassibile, concentrata – si adegua perfettamente agli stereotipi che abbiamo in mente quando pensiamo alla Germania, alle lavatrici che non si rompono, alle macchine che non si fermano. Sono stereotipi, la realtà è ben diversa, ma cosa importa.

Cringe: Angela Merkel secondo me è una delle pochissime persone over-50 ad aver capito bene cosa vuol dire cringe, e a riuscire quasi sempre a evitare di esserlo con una naturalezza stupefacente. 

Vediamo ora la cerimonia del suo predecessore, Gerhard Schröder.

Pessimo sconfitto delle elezioni del 2005, in cui era riuscito a compiere una spettacolare rimonta sprecando però tutto in una tremenda tavola rotonda post-voto diventata ormai leggendaria per la sua sbruffoneria, Gerhard Schröder porta ancora sul volto i segni della rabbia e della frustrazione. Convinto che il suo partito non avrebbe mai accettato di governare insieme alla CDU mettendolo da parte, nasconde a fatica l’espressione da comandante tradito dalle sue truppe – una similitudine particolarmente adatta, visto che parliamo comunque di una cerimonia militare. 

Dal punto di vista umano Schröder è l’esatto opposto di Merkel. Estroverso, vulcanico, ricorda un po’ quello zio con cui fare epiche bevute e fumare sigari ridendo e parlando della vita, uno a cui ripensi con grande simpatia e affetto prima di renderti conto che però ha anche l’aria di quello che si diverte a dare grandi pacche sul culo delle segretarie convinto di fare una cosa spiritosissima. La scelta del brano è perfettamente in linea con l’uomo e con il momento che sta vivendo: My Way di Frank Sinatra, pezzo classico di un certo tipo di maschio e al tempo stesso convinta rivendicazione del proprio percorso e della propria vita, nel bene e nel male. Una scelta che è uno statement politico, nei confronti dei tedeschi che l’hanno punito nelle urne e dei suoi compagni di partito della SPD che l’hanno tradito durante le trattative dopo il voto. Ma la rabbia e la frustrazione, per quanto grandi, devono trovare uno sfogo: ed ecco che a un certo punto Schröder non ce la fa più, e si commuove. Probabilmente è in quel momento che ha capito, e ha accettato, che era veramente finita.

Solennità: Sono gli occhi rossi di Schröder, pieni di lacrime, a restituire solennità a un momento che altrimenti non ne avrebbe granché. La lieve imprecisione del solista alla tromba (0:54 del video qui sopra), con il conseguente sguardo di sbieco del direttore della banda che scuote sconsolato la testa: tutti piccoli elementi che contribuiscono a dare alla scena un che di grottesco. Ma sono le lacrime di Schröder, un uomo a cui comunque la Germania e Merkel stessa devono moltissimo, a ricordarci che stiamo partecipando a una cerimonia di altissimo grado, e a trasportarci lì, di fianco a lui. Anche noi, sconfitti nelle nostre piccole e grandi battaglie di ogni giorno, ma ostinati nel cercare di vivere come vorremmo, our way.

Germanicità: Tutto sommato qui c’è poco di tedesco. La canzone americana da crooner e la commozione dell’ex Cancelliere sembrano già guardare a un orizzonte diverso, più ampio, che i tedeschi non possono capire o a cui non sono interessati. Peggio per loro, immagino avrà pensato Schröder asciugandosi gli occhi umidi.

Cringe: Qui secondo me vale un po’ quanto detto a proposito della solennità. Volendo c’è tutto perché la scena sia estremamente cringe, eppure la commozione di Schröder salva la situazione in extremis, trasformando un momento potenzialmente ridicolo in un’emozione autentica e condivisibile. Vieni qua Gerhard, fatti abbracciare, guarda mi hai fatto piangere pure a me mannaggia.

Passiamo ora agli Zapfenstreich dedicati a due Ministri della Difesa. E cominciamo con quello di Karl Theodor zu Guttenberg.

Ve lo ricordate lui? Karl Theodor zu Guttenberg, enfant prodige della CSU e Ministro della Difesa nel secondo governo di Angela Merkel, costretto alle dimissioni e all’ignominia perenne a causa di una brutta storia legata a un plagio della sua tesi di dottorato, una colpa gravissima in Germania. Nonostante le dimissioni, e le circostanze in cui sono arrivate, Guttenberg viene congedato con uno Zapfenstreich in piena regola, che gli spetta in base al dicastero che ha occupato. E per andarsene sceglie un pezzo decisamente poco convenzionale: Smoke on the Water dei Deep Purple. Un brano che da un lato sembra voler tracciare un solco generazionale profondissimo, come a sottolineare che lui è giovane e ascolta il rock che è la musica dei giovani e di queste cose da matusa tipo le cerimonie militari se ne frega. E che dall’altro sembra far intravedere un futuro lontano dagli uffici grigi e monotoni della politica, sulla strada, in sella a una moto in cerca di avventure – e magari della libertà come David Hasselhoff.

Solennità: Come si fa a restare solenni e compassati quando di fronte hai una banda militare che suona i Deep Purple? Chiaramente è impossibile, e Guttenberg non può fare a meno di ridere. Se non altro però l’atmosfera pare giocosa: il crescendo dell’attacco del pezzo è oggettivamente accattivante, e anche il direttore della banda sembra sorridere divertito. Ma è quel sorriso che viene fuori quando hai accettato che la situazione è troppo bizzarra e decidi di prenderla con filosofia, provando nonostante tutto a riderci su. La smorfia di Guttenberg, invece, è a metà fra il ghigno di un bambino capriccioso e il sorriso imbarazzato di chi ha capito di aver fatto una cazzata. Ma non a copiare la tesi di dottorato: a scegliere questa canzone.

Germanicità: La canzone è inglese, vero, ma il tasso di germanicità della scelta è elevatissimo. Non dimentichiamo che la Germania è terra di conquista per l’hard rock e per il metal, e soprattutto che si tratta di un Paese in cui un certo passatismo musicale è ancora molto radicato. Si tratta pur sempre della terra dei Wacken, dei Rock am Ring, dove il giubbotto di jeans con le maniche strappate e una toppa con il logo di una band sulla schiena è ancora attualissimo e dove il mullet ha un nome nella lingua locale (Vokuhila, vorne kurz, hinten lang, “davanti corti, dietro lunghi”). Dove altro?

Cringe: Rileggete questa frase, poche righe più su: “come a sottolineare che lui è giovane e ascolta il rock che è la musica dei giovani e di queste cose da matusa tipo le cerimonie militari se ne frega”. Ecco. Capite allora che il coefficiente cringe di questa roba è fuori scala.

Per concludere ecco l’ultimo Zapfenstreich di questa carrellata. Quello riservato a Ursula von der Leyen.

Quando è stata proposta come Presidente della Commissione Europea da Angela Merkel, a Ursula von der Leyen non deve essere parso vero. Un’occasione d’oro per lasciare quella trappola mortale che è il Ministero della Difesa, seggiolino eiettabile della politica tedesca che di solito prelude a uno sbrigativo commiato. Per di più andando a occupare un posto di prestigio nel cuore delle istituzioni europee. La storia e una pandemia globale mostreranno quanto sarà difficile ricoprire quel ruolo, ma allora, nel luglio del 2019, nessuno può ancora saperlo.

Per il suo Zapfenstreich von der Leyen sceglie un altro pezzo rock: Wind of Change degli Scorpions. Una scelta dai risvolti politici, e forse anche un gesto personale di gratitudine verso la Cancelliera, alla cui ombra tutta la sua carriera si è svolta. Wind of Change è uno degli inni della Wende, la rivoluzione pacifica che portò alla crollo della DDR e alla riunificazione della Germania: sceglierla per la cerimonia significa celebrare non solo il vento di cambiamento che ha segnato un periodo di irripetibile entusiasmo nella storia tedesca, ma anche la Cancelliera venuta proprio da quell’Est finalmente riconquistato alla democrazia e alla libertà.

Solennità: La canzone è una power ballad un po’ banale, però per un tedesco riporta alla mente ricordi ed emozioni che non possono lasciare indifferenti. Se solennità c’è, ed è opinabile, è legata al fatto che si tratta di una canzone che ha un significato profondo non solo per chi viene celebrato, ma per un Paese intero. L’espressione di von der Leyen tradisce l’emozione, con gli occhi lucidi che lei ogni tanto apre ancora di più quasi a voler riassorbire le lacrime. Meno commossa di fianco a lei Annegret Kramp-Karrenbauer, che ne eredita il Ministero e quindi probabilmente già sa in che ginepraio si sta andando a cacciare.

Comunque il mio eroe è lui, che con una mano suona la tuba e con l’altra tiene davanti agli occhi lo spartito.

Germanicità: Anche qui vale quanto detto a proposito di Smoke on the Water per Guttenberg, con l’aggiunta che gli Scorpions sono pure tedeschi. Band tedesca, genere molto tedesco, brano indissolubilmente legato alla storia tedesca: siamo quasi a pari merito con Merkel e Nina Hagen, anzi forse anche più in là.

Cringe: Nonostante la scelta della canzone, tutto sembra reggersi in un delicatissimo equilibrio che evita la sbracatura nel grottesco. La situazione appare appesa a un filo… finché non arriva l’assolo di sassofono (minuto 13:54 del video sopra). Ecco, l’assolo di sassofono fa precipitare la cerimonia verso un abisso di cringe che forse si poteva evitare. E l’espressione di von der Leyen sembra suggerire che anche lei lo sapesse. Che sarebbe bastato un attimo, magari togliere direttamente l’assolo – tanto che senso ha, se non puoi farlo con la chitarrona distorta? – e invece niente.

Quell’espressione che sembra dire “Ecco, lo sapevo, vedi che ho fatto male”

Questa breve rassegna non vi è bastata? Non preoccupatevi: se volete, su Spotify potete trovare una playlist dedicata, che raccoglie i brani scelti da chi ha ricevuto l’onore di un Grosser Zapfenstreich.

Edoardo Toniolatti

@AddoloratoIniet

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