Un’ondata di piogge torrenziali ha travolto alcune regioni della Germania occidentale così come altri paesi europei, fra cui i confinanti Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. Nelle zone tedesche colpite il numero di vittime è spaventoso: almeno 143 i morti sinora accertati, la gran parte nel circondario di Ahrweiler in Renania-Palatinato, una quota non indifferente anche nel confinante Land Nordreno-Vestfalia. L’importo dei danni è ancora tutto da quantificare, le immagini che ci giungono raccontano però di case sventrate e ponti distrutti, rigagnoli divenuti torrenti, torrenti divenuti fiumi e ovunque tanto, tantissimo fango.

Ora che i torrenti e rigagnoli stanno tornando nei propri alvei è chiaro che una catastrofe di questo genere giocherà un ruolo nelle imminenti elezioni federali, indette per il 26 settembre prossimo. Perché se è vero che le impressioni generate da catastrofi e dalla loro gestione giocano ovunque, anche in Italia, un ruolo non piccolo nel determinare gli umori dell’elettorato, le elezioni tedesche hanno tradizionalmente un legame particolare con eventi di questo genere. E con la loro gestione. Guardiamo a due esempi recenti.
Prima delle elezioni federali del 2002 tutti davano per favorito il candidato della Union democristiana, il bavarese Edmund Stoiber. L’alluvione dell’Elba nell’agosto di quell’anno – a poche settimane dal voto – segnò una svolta nella campagna elettorale: il Cancelliere in carica Gerhard Schröder (SPD) seppe presentarsi come empatico e capace gestore della crisi, le sue immagini in stivali di gomma in mezzo al fango fecero il giro della Germania (e del mondo). Stoiber invece preferì non allontanarsi dal proprio soggiorno estivo con la motivazione di non voler intralciare i soccorsi con passerelle mediatiche, ma ciò gli comportò una fama di mancata comprensione e partecipazione al dramma vissuto. Tutti gli osservatori dell’epoca sono oggi concordi nell’affermare che l’atteggiamento di Schröder contribuì decisivamente alla sua rielezione, mentre quello di Stoiber contribuì a bloccarne l’ascesa.
Quasi nove anni più tardi, l’11 marzo 2011, accadde la catastrofe nucleare di Fukushima, nel solo apparentemente lontano Giappone. Il dibattito per le elezioni statali in Baden-Württemberg, indette per il 27 dello stesso mese, non tardò a concentrarsi sul tema delle centrali atomiche. Il governo statale uscente formato da CDU e liberali di FDP, che un anno prima era entrato con un investimento di 5,9 miliardi di euro nel capitale di una società elettrica proprietaria di due centrali nucleari nel Land, non seppe reagire al cambio di clima sociale seguìto alla catastrofe giapponese e tenne duro sui propri piani per prolungare le concessioni alle centrali atomiche (di cui era diventato comproprietario). Il risultato: con uno sbalorditivo +12,5% dei voti i Verdi conquistarono il secondo posto alle elezioni e riuscirono a scalzare in alleanza coi socialdemocratici la CDU dalla guida del Land, da allora ancor’oggi in mano al verde Winfried Kretschmann (notatevi il nome per dopo!). Completamente contrario a quello dei suoi compagni di partito in Baden-Württemberg fu il comportamento Angela Merkel, il cui governo federale deliberò già pochi giorni dopo la catastrofe di Fukushima un completo cambio di rotta sull’energia atomica, che porterà la Germania ad uno spegnimento completo dei reattori nel 2022. Più tardi Merkel dirà che la catastrofe di Fukushima è stato uno dei pochi avvenimenti puntali che le hanno fatto cambiare radicalmente idea su un tema politico. Non può dunque stupire che il giornalista di ARD Andrea Bachmann, alla guida del telegiornale bavarese Rundschau, al rientrare dei torrenti nei propri alvei abbia commentato:
L’attuale alluvione nella Germania occidentale ha la potenzialità per diventare un elemento decisivo per il prosieguo della campagna elettorale in vista delle elezioni di settembre e per il loro stesso esito. Questa potenziale svolta non è tuttavia ad oggi ancora chiara nella sua direzione. Da un lato ad uscire decisivamente rafforzato potrebbe essere il candidato cancelliere della CDU/CSU Armin Laschet, che del Nordreno-Vestfalia è Primo ministro in carica e vi ha ex officio il compito di coordinare l’opera di soccorso e salvataggio e quindi l’opportunità di apparire agli occhi di tutti i tedeschi come un Krisenmanager (gestore della crisi) empatico e capace. Chiamiamola “ipotesi Schröder”. Non è un caso, dunque, che molti occhi siano puntati in questo momento su Laschet e sulle zone alluvionate afferenti al Nordreno-Vestfalia, benché la maggioranza delle vittime e dei danni sia invece concentrata in Renania-Palatinato (dove però per le elezioni statali si è appena votato e la cui Prima ministra, Malu Dreyer, non è candidata alla Cancelleria federale). D’altro canto, c’è la possibilità che discorso pubblico ed una crescente parte dell’elettorato rivolgano lo sguardo al partito che più d’ogni altro in questi anni ha parlato di cambiamento climatico nonché della necessità di affrontarne le conseguenze e di invertire la rotta nelle politiche di consumo del suolo. E stiamo ovviamente parlando dei Verdi. In questa secondo scenario, chiamiamolo “ipotesi Kretschmann”, potrebbe essere pensabile un sensibile rafforzamento del partitone ecologista tedesco, che fino a pochi giorni fa era soprattutto impegnato a limitare i danni di una campagna che si era concentrata su uscite poco felici (o presunte tali) della sua candidata alla Cancelleria, la brandeburghese Annalena Baerbock.
La leader dei Verdi ha prontamente interrotto le proprie vacanze e si è prontamente recata in visita in Renania-Palatinato (dove la locale Ministra dell’ambiente, competente per materia, è sua compagna di partito), così escludendo in partenza un errore come quello di Edmund Stoiber nel 2002. Prim’ancora di Baerbock anche il candidato cancelliere della SPD, il Ministro federale delle Finanze Olaf Scholz, interrompe le vacanze e si reca sul posto. Entrambe le visite si sono svolte molto sottotono, in punta di piedi, per non dare l’impressione di fare della sofferenza altrui una passerella per sé. Che era poi l’idea di Stoiber vent’anni fa.
Una visita da sola non potrà però essere decisiva perché si avveri l’“ipotesi Kretschmann”: dal punto di vista dei Verdi è decisivo che l’attenzione della campagna elettorale si concentri sul tema del cambiamento climatico, sulle misure per rallentarlo e per adattarvi stile di vita e struttura sociale ed anche urbanistica. Se il discorso pubblico si incardinerà su questo binario, il partito di Annalena Baerbock avrà buone chances di centrare un risultato molto positivo a fine settembre. Qualora invece il discorso pubblico si concentrerà invece sulla gestione dei danni, la capacità di amministrare l’emergenza e coordinare i soccorsi, allora è possibile che Armin Laschet ne acquisisca una carta pesante, tale da ampliare o quantomeno conservare l’ampio distacco che tutti gli attuali sondaggi certificano fra CDU/CSU e tutti gli altri concorrenti. Certamente le prime uscite di Laschet nel ruolo di Krisenmanager post-alluvioni lasciano un po’ a desiderare. Anzitutto una risposta infelice ad un programma tv mattutino sulla necessità di reazione ai cambiamenti del clima (“Perché è oggi è un giorno così non significa che bisogna cambiare la politica”) e una brutta scena di lui sullo sfondo che ride divertito con altre persone mentre a pochi passi da lui il Presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, stava esprimendo la propria vicinanza alle vittime.
Se questi episodi puntuali rimarranno poca cosa, confinata a battute satiriche ed alla bolla di Twitter, è presto per dirlo. Certa è la rilevanza di come nei prossimi giorni e settimana si affermerà il discorso pubblico nel suo complesso. E le due opzioni pocanzi accennate corrispondono in realtà non ad un atteggiamento occasionale e tattico dei due principali contendenti alle prossime elezioni, CDU e Verdi, ma alla loro postura strategica. Con la scelta di Laschet quale proprio leader la CDU ha riconfermato la propria ambizione di partito del (buon) governo, dell’amministrazione pacata, della gestione ordinata dell’esistente. In una parola: stabilità. Un editoriale di qualche settimana fa paragonava in modo arguto l’atteggiamento della CDU a quello di un artigiano caldaista: tutti si fidano di lui, non dà nell’occhio, non fa arrabbiare nessuno. E certo non viene per stravolgere l’intera casa. I Verdi invece dal canto loro puntano ad incarnare l’opzione opposta, quella di un cambiamento che vada oltre una pur accurata manutenzione dell’esistente e si concentri con maggior forza sul futuro, anche a costo di un qualche cambiamento brusco nel presente. In un paese benestante come la Germania nonché alla fine di 16 anni di governo di una Cancelliera ancora molto popolare ed ammirata (che smette per scelta sua, senza aver mai perso un’elezione) il desiderio di cambiamenti radicali si mantiene su livelli decisamente moderati. E ciò non gioca affatto a favore dei Verdi. Tuttavia certi eventi dirompenti, totali come le catastrofi naturali, sono in grado come pochi altri di polarizzare le attenzioni e con loro gli umori dell’elettorato. Una partita che, con le conseguenze del cambiamento climatico drammaticamente sotto gli occhi tutti, i Verdi potrebbero ora riuscire a riaprire. O Armin Laschet a chiudere definitivamente a proprio vantaggio.
2 pensieri riguardo “Dopo il fango, che fare?”