
Della lite fra Angela Merkel (Presidente della CDU e Cancelliera) ed Horst Seehofer (Presidente della CSU e Ministro federale dell’Interno) è tanto arduo individuare una data d’inizio, quanto prevederne un’eventuale fine. Le radici (ai più sconosciute) di tale contesa – ormai un Leitmotiv della politica tedesca – risalgono ancora ai “ruggenti” anni ’90, quando entrambi sedevano nei governi di Helmut Kohl e “la ragazza” secchiona dell’Est riuscì letteralmente dal nulla e con lo zelo della scienziata di professione a raggiungere le vette di un sistema – quello politico “di Bonn” – cui era completamente estranea, mentre il passionario politico dalla provincia bavarese si qualificava come volto sociale del suo partito, quasi sempre in lite con gli allora piani alti, al punto da lasciare per un periodo la politica per dedicarsi alla presidenza della più grande associazione tedesca per i diritti dei disabili.
Comunque sia andata, la tensione fra i due pesi massimi della politica tedesca è ad un certo punto degenerata dal piano dei contenuti a quello personale. Prova ne è il fatto che l’accusa reciproca di questi giorni – secondo cui Seehofer vorrebbe spostare l’Union democristiana troppo a destra, mentre Merkel rappresenterebbe una linea tanto centrista da essere quasi socialdemocratica – veniva posta negli stessi identici termini, ma a parti invertite, quando, nel 2004, una Merkel ancora in fase “neo-liberale” presentò i piani ufficiali del suo partito per la riforma della sanità, mentre Seehofer se ne andò sbattendo la porta, subissato dalle critiche di esser troppo “di sinistra”. La tesi Seehofer : destra = Merkel : centro dunque in definitiva non regge né spiega un granché. E nemmeno la tesi, tutt’altro che infrequente in Germania, per cui la CSU combatta solamente per un anacronistico particolarismo bavarese casca nel tranello di guardare all’apparenza – quella di un partito regionale che ama mostrarsi alle feste in costume tradizionale – e non alla sostanza, cioè alla lotta di potere fra correnti, colonnelli e generali all’interno del blocco politico che esprime niente meno che la Cancelleria di Berlino e, per l’interposta persona del Partito Popolare Europeo, la guida della Commissione, del Parlamento e del Consiglio europei. Una concentrazione di potere neanche immaginabile quindic’anni fa, quando Merkel e Seehofer già litigavano fra loro mentre erano entrambi all’opposizione di Gerhard Schröder (SPD).
Fra la fine di giugno ed i primi di luglio di questo 2018 tale lite “ha raggiunto un’intensità per noi abbondantemente inusuale” (così si è espresso qualche giorno fa con chi qui scrive un funzionario della Cancelleria federale a Berlino). A spiegare tanta inusuale intensità non è certo l’eventuale discusso respingimento alla frontiera di 90 migranti al mese, 3 al giorno, al più serviti come mero casus belli. Al contrario, la causa profonda potrebbe risiedere invece in una serie di lotte di potere concentriche all’interno della CDU/CSU, senza particolare attenzione al labile confine intercorrente fra i due partiti (confine che peraltro entrambe le parti sottolineano o sminuiscono secondo convenienza da settant’anni). Tutti gli appetiti sono infatti puntati sulla guida della Cancelleria statale a Monaco e di quella federale a Berlino, due posizioni di potenza e significato grandiosi, entrambe appese al filo degli eventi. Per Merkel infatti quello iniziato formalmente a marzo scorso è senza dubbio l’ultimo giro di giostra, e quindi la guerra per la successione è – per quanto sottotraccia – più aperta che mai. A Monaco siede, contro la volontà ed ogni tentativo di contenimento da parte di Seehofer, da marzo stesso l’assai più giovane Markus Söder, beniamino dei parlamentari locali per la sua linea accondiscendente all’interno del partito e pupillo di Edmund Stoiber, ex governatore “eterno” della Baviera (1993-2007) che perse nel 2002 la sfida con Schröder per 6.000 di voti, dopo essersi imposto come candidato cancelliere della Union democristiana in una acerrima sfida interna. Che aveva come controparte proprio lei, Angela Merkel. Stoiber (che lo stesso Schröder e Jacques Chirac avrebbero voluto nel 2004 alla guida della Commissione europea) venne poi deposto nel 2007 da una congiura dei “grandi” del partito, con l’appoggio a distanza della stessa Merkel, gettando la CSU in una fase di panico e crisi, risolta un anno più tardi dall’intervento di … Horst Seehofer.
Il coacervo di liti e rancori di questa “vecchia guardia” è dunque tale, che stupisce poco che esso formi una miscela esplosiva in combinazione con le ambizioni delle nuove leve. E niente è più facile, per chi nella CDU vuole prendere il posto della Merkel, che fare leva sul suo antico rivale Seehofer. Le elezioni bavaresi del prossimo ottobre rappresentano inoltre un’occasione troppo ghiotta, per Seehofer stesso e per i suoi pupilli, per cercare di danneggiare una barca ora guidata dal rivale Söder, di modo da riprenderne il controllo subito dopo, acclamati quali salvatori della patria.
Alla luce di questo è possibile decrittare gli schemi di questa crisi di governo d’inizio estate e della lotta di potere che ad essa soggiace, schemi che tagliano in diagonale i due partiti gemelli CDU e CSU, lasciando ad un piano di mera apparenza e retorica la loro distinzione. Attorno a Seehofer (CSU), con l’intento di far cadere la Merkel (CDU) o quantomeno di indebolirne la posizione in vista della sua successione, si possono con relativa sicurezza contare il Ministro federale della Sanità Jens Spahn ed il Primo ministro della Sassonia Michael Kretschmer, entrambi giovani stelle dell’ala più conservatrice della CDU, che nella lunga lite non hanno mai mancato di segnalare aperta comprensione per le posizioni Seehofer. Lo stesso gruppo CDU al Bundestag non ha espresso da subito sostegno unanime alla propria Cancelliera, circostanza poi verificatasi solo dopo ripetute mediazioni interne. A preoccupare era infatti più che altro una pericolosa frattura con il gruppo della CSU a Berlino, il cui capo Alexander Dobrindt ha agito a favore di Seehofer con toni di una durezza inusitata: di Dobrindt è un segreto di Pulcinella la speranza di succedere al Primo ministro bavarese Söder in caso di insuccesso elettorale, che potrebbe essere procurato dalle costanti tensioni intorno alla CSU stessa. E, facendo leva sui vecchi rancori verso la Merkel, lo stesso Dobrindt ha richiamato in extremis in suo sostegno l’anziano Stoiber, tornato al tavolo delle trattive nelle lunghe nottate di crisi, segnando così anche plasticamente l’entità della crisi nella maggioranza di governo.
Sul fronte opposto rispetto al suo ex padrino Stoiber s’è ritrovato proprio il governatore bavarese Markus Söder, costretto a lavorare per una mediazione che mettesse fine a un conflitto che rischia di danneggiarne (consapevolmente?) il risultato elettorale il prossimo ottobre. A fare il tifo per la mediazione con la Merkel si sono ritrovati anche l’anziano Erwin Huber, presidente della CSU nel 2007-2008 che defenestrò Stoiber e che fu a sua volta fatto fuori da Horst Seehofer, così come un’ampia ala centrista attorno al Primo ministro del Nord Reno-Vestalia Armin Laschet (CDU), al capogruppo del PPE al Parlamento europeo Manfred Weber ed al Ministro federale della Cooperazione internazionale Gerd Müller (entrambi CSU ma non allineati a Seehofer). Anche la TV pubblica della Baviera, di solito nota per una vicinanza particolare al partito di governo, non ha mancato di segnalare a più riprese nei giorni della crisi una certa incomprensione verso le posizioni del Ministro federale dell’Interno.
La crisi pare essersi composta lo scorso 2 luglio con un accordo apparentemente “sul merito” a proposito della “migrazione secondaria” (i migranti che entrano nell’UE e poi si spostano al suo interno), ulteriormente ammorbidito in successivo tavolo di coalizione con anche la SPD. Non è tuttavia in alcun modo ragionevole credere alla tenuta di tale accordo di per sé, rimanendo esso in balia dei rapporti di forza politica.
Sappiamo invece con ragionevole sicurezza cosa questa crisi abbia prodotto:
- essa ha rovinato la scena a Markus Söder, che voleva farsi la “sua” campagna elettorale in Baviera su temi prettamente locali ed è stato invece relegato per settimane intere all’irrilevanza mediatica;
- ha dimostrato che Angela Merkel ha una presa molto più salda sulla CDU rispetto a quella di Seehofer sulla CSU, tant’è vero che la Direzione di quest’ultimo partito non si è espressa all’unanimità a favore del proprio Presidente, mentre in casa CDU la quadratura del cerchio è – almeno all’apparenza – riuscita;
- ha messo in luce però la fragilità estrema di una Merkel che, minacciata da più parti sul fronte interno, ha dovuto sconvolgere l’agenda dell’Unione europea (con un vertice straordinario ed il cambiamento di ordine del giorno del Consiglio europeo di giugno) per salvare la propria poltrona, dimostrando inoltre come lei stessa si trovi ormai in minoranza nell’Europa degli Orbán, dei Kaczyński, dei Kurz e dei Salvini (tutti su una lunghezza d’onda simile a quella degli oppositori della Cancelliera);
- ha definitivamente rovinato la fama di Seehofer, ormai percepito come un problema dentro e fuori il proprio partito ed i cui piani alla guida del Ministero dell’interno – nei contenuti apprezzati anche dalla stampa progressista – sono stati mediaticamente travolti dalla lotta di potere da lui stesso ingaggiata;
- ha accentuato la scarsità della presa politica della SPD, costretta per settimane al ruolo di spettatore nella lite interna alla fazione democristiana e che ora può solo sperare di riuscire a proseguire l’attività di governo per non tornare in un’ulteriore campagna elettorale ancora una volta eccitata sui temi caldi delle migrazioni.
Tanti sconfitti, dunque, e pochi beneficiari, rimasti nell’ombra di una storia che, in definitiva, è destinata a continuare ancora a lungo. Come in un vero e proprio condominio dei rancori.
4 pensieri riguardo “Il condominio dei rancori – Merkel, Seehofer e le eterne liti all’ombra della Cancelleria”